Fragile tregua a Tripoli dopo la più grave escalation militare degli ultimi anni

di Agenzia Nova
14 Maggio 2025 17:42 Aggiornato: 14 Maggio 2025 17:42

Nelle ultime 24 ore Tripoli ha vissuto una delle fasi più tese e violente degli ultimi anni, con un’escalation di scontri tra le forze fedeli al Governo di unità nazionale (Gun) e la potente Forza di deterrenza speciale (Rada) guidata da Abdul Raouf Kara. La sequenza degli eventi si è innescata nella serata di martedì, quando disposizioni dirette del premier Abdulhamid Dabaiba hanno portato all’evacuazione forzata, da parte della Rada e dell’Apparato giudiziario di sicurezza, di diversi siti sensibili: la sede della Direzione dei trasporti (Maqarr al Naqliyya), il carcere (al Sijn al Maftouh) e una struttura conosciuta come Istirahat al Sindibad, nota anche come “al Rahma”.

In risposta, Mahmoud Hamza, comandante della Brigata 444, ha inviato unità di intelligence militare (identificabili dai veicoli verdi a doppia cabina) per presidiare le strutture evacuate. Parallelamente, la Rada ha avviato contatti con milizie della regione occidentale, in particolare da Zawiya, al fine di organizzare una contro-offensiva. Obiettivo: contrastare la crescente influenza di Dabaiba, accusato di voler accentrare il potere sostituendo i vertici delle forze di sicurezza con comandanti provenienti da Misurata e Zintan. Secondo fonti locali, durante queste consultazioni sarebbe stata avanzata anche la proposta di rimuovere Dabaiba e nominarne un successore.

All’alba di mercoledì, la Rada ha mobilitato i propri sostenitori nei quartieri orientali di Tripoli, in particolare a Souq al Jumaa e lungo Tariq al Shatt. Armi leggere sono state distribuite ai civili mobilitati, cui è stato chiesto di effettuare blocchi stradali e incendi di pneumatici in zone strategiche come ‘Arada. Alcune di queste unità sono state poi inviate verso siti militari sensibili, tra cui il complesso di al Rajma, destinato a un trasferimento pacifico. In seguito alla pressione esercitata dalla Rada, la Brigata 444 ha ordinato un ritiro tattico. Le unità di intelligence si sono ritirate per prime, seguite dal disimpegno delle truppe dalla prigione e dal centro dei trasporti. La Rada e l’Apparato giudiziario di sicurezza hanno quindi ripreso possesso dei siti, presentando il ritorno come una “riconquista” simbolica.

Le ostilità sono esplose immediatamente dopo, con scontri diretti tra la Rada e la Brigata 444 nelle aree di Maqarr al Naqliyya, Ras Hassan e nei pressi del club Nadi al Ittihad. I combattimenti si sono protratti per tutta la notte, con la Brigata 444 che ha mantenuto le proprie posizioni rispondendo al fuoco nemico. Con il sorgere del sole, la situazione si è aggravata: sono entrate in azione le Brigate 111 e 166 e l’Apparato di sicurezza generale, lanciando attacchi coordinati contro postazioni Rada nella zona di Ghiran. Le forze allineate al Gun hanno superato Funduq al Mahari, mentre la 444 è avanzata nuovamente da Ras Hassan. Sotto la pressione congiunta, la Rada si è ritirata verso Mitiga, mantenendo tuttavia posizioni attive nei quartieri orientali, in particolare a Tariq al Shok, Dawwar ‘Awdat al Hayat e al Istiraha al Hamra. In questo frangente, la milizia ha chiesto un cessate il fuoco umanitario temporaneo per evacuare civili dall’area attorno all’aeroporto di Mitiga.

Nel frattempo, sono riapparse in scena alcune unità precedentemente smobilitate dell’ex Apparato di supporto alla stabilizzazione (Ssa) del defunto Abdulghani Kikli, detto Ghaniwa, tra cui gruppi armati guidati da Shalfouh, Osama Tellish e fazioni fedeli ad Al Madghouta. Alcuni di questi elementi, operativi da Mitiga, avrebbero tentato di riguadagnare terreno ad Abu Salim, spingendosi fino all’area di Riqata. Nella notte, un’inedita coalizione di milizie provenienti da Zawiya, tra cui i gruppi di Mohamed Bahroun al Far (il “Topo”), Mohamed Sifaw, Othman Lhab e Mahmoud Ben Rjab, si è mobilitata in direzione di Sayyahiya. Secondo fonti di Agenzia Nova, l’obiettivo era duplice: riacquisire centralità nello scenario bellico e alleggerire la pressione esercitata sul fronte est da parte delle forze filogovernative. Non si escludono nuovi scontri con unità Zintan già schierate nell’area.

Curiosamente, le principali fazioni armate di Misurata hanno evitato di intervenire direttamente nelle operazioni. Secondo quanto appreso da Nova, la scelta sarebbe legata al timore di movimenti offensivi da parte dell’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar a un dissenso strategico rispetto all’approccio accentrante di Dabaiba. Tale prudenza riflette la volontà di mantenere autonomia politica in vista di un possibile nuovo assetto di potere. Nella mattinata di oggi, su pressione della popolazione e di alcuni notabili di Zawiyat Dahmani, Ben Ashour, Jraba e Tariq al-Shatt, è stato raggiunto un cessate il fuoco temporaneo.

La tregua sembra mirata a contenere le ricadute politiche interne, dopo che bombardamenti e scontri avevano coinvolto anche aree storicamente estranee alla violenza urbana. Il rischio di una deriva incontrollata ha spinto diversi attori a moderare l’azione, almeno per ora, evitando un nuovo collasso del fragile equilibrio di Tripoli.

Intanto, circa 80-90 i cittadini italiani sono rimasti bloccati a Tripoli e sono in attesa di lasciare il Paese non appena sarà possibile. Lo apprende Agenzia Nova da fonti informate. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha tenuto una riunione con i vertici della Farnesina sulla crisi a Tripoli, mentre l’ambasciata d’Italia in Libia è in contatto con tutti i connazionali presenti al momento nella capitale del Paese nordafricano. A tutti per il momento è stato indicato di non lasciare residenze o alberghi dove sono al momento.

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