Oggigiorno molte persone pensano che la bontà sia sinonimo di debolezza, ingenuità e inettitudine. Semplicemente perché il reale significato e contenuto del ‘buono’ o del ‘bene’ in senso lato, è andato col tempo quasi perduto. Si parte infatti col preconcetto che essere ‘brave persone’ sia svantaggioso, o che gli altri possano approfittarsi in qualche modo di questo comportamento. Il problema è che non si coglie veramente cosa significhi esserlo, e non si può quindi nemmeno applicarlo. Prendiamo ad esempio il coraggio: una virtù che, come insegnano i nostri classici, appartiene in realtà all’uomo buono, all’eroe, ma che oggi viene erroneamente spesso attribuita al classico ‘bad guy’ o ‘cattivo ragazzo’. In realtà, quel ‘coraggio’ del ‘bad guy’ è solo una forma di compensazione delle insicurezze: una maschera costruita per ben nascondere la paura, non per superarla. È una facciata, non un valore autentico.
Questa incomprensione si manifesta chiaramente anche nell’attrazione tra sessi opposti. In mezzo a questa crisi culturale, del non saper cogliere il senso dei termini e dei valori, c’è infatti il rischio che molte donne, ma anche molte persone in generale nel contesto delle dinamiche sociali, si lascino ingannare dalle apparenze, finendo per preferire il ‘cattivo ragazzo’, scambiando la sua spavalderia superficiale per il suo vero carattere. Ma in molti casi quell’ostentazione di audacia è fragile: crolla di fronte alla realtà ed è caratterizzata da cambiamenti di umore repentini, irrazionali ed eccessivi, perché è un coraggio fittizio, che non nasce da una forza interiore autentica.
E questo non vale solo per il coraggio. Anche la fiducia in sé stessi, ad esempio, è spesso fraintesa. La vera fiducia è intrinseca alla bontà: nasce dall’integrità, dalla consapevolezza di sé, dalla pace interiore e dalla fede nel divino. Persino la bellezza è legata e inseparabile dalla bontà: nella tradizione letteraria greca classica “kalòs kai agathòs” ovvero “bello e buono”. Questo nasce da un pensiero altruistico orientato al bene degli altri, da un carattere privo di tratti egoistici o narcisistici.
Ma nel tempo, lo stereotipo del ‘cattivo ragazzo’ come vero esempio di “uomo”, ha preso a prestito questi valori propri degli eroi e degli uomini buoni e valorosi, indossandoli come abiti. Così si è diffuso il termine ‘mascolinità tossica’. Il punto non è colpevolizzare gli uomini in quanto tali, ma criticare quei modelli culturali maschili fondati sull’aggressività, sull’arroganza e sulla violenza. Il problema, quindi, non è l’essere maschi ovviamente, come sovente si tende adesso a fraintendere, ma l’allontanamento da una mascolinità sana e virtuosa, che andrebbe invece sostenuta e valorizzata come dono, così come la stessa femminilità. Perché si è potuti arrivare a questo? Da un lato perché vivere davvero secondo questi valori è difficile: i veri ‘buoni’ sono rari, non perché manchino persone buone, ma perché essere buoni in modo autentico richiede, oltre al coraggio e alla fiducia in sé stessi, anche gentilezza, costanza, veridicità, comprensione, forza, resilienza e determinazione. Serve la volontà di esserlo e di cambiare, e la consapevolezza, nonché la fede, che queste virtù possano portare veramente al successo e a un buon futuro per noi stessi e per gli altri: Virtute duce, comite fortuna, diceva Cicerone. Ma in un mondo sempre più dipendente dall’immediatezza, sembra più facile simulare queste virtù piuttosto che incarnarle.
Un’altra ragione, non di secondaria importanza, è che alcuni uomini nelle religioni hanno nel corso degli anni provato a rappresentare i valori del ‘buono’ senza successo, perché appunto incapaci di capire il profondo significato del termine e di cambiare sé stessi; così, dei non credenti hanno colto subito l’occasione per condannare gli sbagli di tali pochi individui, scoraggiando chi crede davvero nell’esistenza di tali virtù e rafforzando in parallelo l’idea del cattivo ragazzo come unico esempio di uomo ‘coraggioso’ e valoroso. Ma le religioni, d’altro canto, non sono nemmeno un rifugio per nascondere le proprie insicurezze, fragilità e paure, ma al contrario sono un ambiente per superarle e divenire veramente delle brave persone.
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