Eduardo Bolsonaro denuncia il golpe giudiziario in Brasile

di Redazione ETI/Marcos Schotgues
26 Settembre 2025 11:11 Aggiornato: 26 Settembre 2025 13:03

Il 22 settembre gli Stati Uniti hanno introdotto una nuova serie di sanzioni contro le autorità brasiliane, nello stesso giorno in cui il deputato Eduardo Bolsonaro, figlio dell’ex presidente Jair Bolsonaro, è accusato di coercizione. L’incriminazione si inserisce in una serie di procedimenti giudiziari che il presidente statunitense Donald Trump ha definito una «caccia alle streghe».

Eduardo Bolsonaro, in un’intervista concessa a Epoch Times Usa, ha commentato la vicenda mentre si prospettano colloqui imminenti tra il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e Trump, dopo un breve incontro avvenuto il 23 settembre durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Eduardo Bolsonaro sostiene che, senza la pressione internazionale, soprattutto da parte degli Stati Uniti, il Brasile rischierebbe di scivolare verso un regime autoritario: «Non posso rientrare nel mio Paese, perché mi arresterebbero. I miei conticorrenti e quelli di mia moglie sono stati congelati. Continuano a inventare nuove indagini contro di me e ora minacciano persino di revocarmi il mandato parlamentare», ha dichiarato Eduardo Bolsonaro, che risiede negli Stati Uniti dal 27 febbraio. Deputato al terzo mandato nella Camera dei deputati brasiliana, Eduardo Bolsonaro è il candidato più votato nella Storia del Brasile alle elezioni del 2018.

«È evidente – dice – il Brasile sta seguendo la stessa strada del Venezuela». Marco Rubio, ministro degli Esteri americano, critica la condanna dell’ex presidente Bolsonaro e annuncia interventi degli Stati Uniti. E Donald Trump ha spesso accusato il governo brasiliano di persecuzione politica nei confronti  dell’opposizione conservatrice, imponendo dazi punitivi fino al 50%, tra i più alti al mondo.
L’11 settembre, una sezione della Corte suprema brasiliana ha condannato Jair Bolsonaro a 27 anni di reclusione per eversione e tentato golpe, dopo la sua sconfitta alle elezioni presidenziali del 2022, che Bolsonaro ha sempre denunciato essere dovuta a brogli elettorali.

In un editoriale pubblicato il 14 settembre sul New York Times, Lula (che a sua volta è stato in carcere) ha scritto: «La sentenza è il risultato di procedimenti condotti in conformità alla Costituzione brasiliana del 1988, promulgata dopo due decenni di lotta contro una dittatura militare. È seguita a mesi di indagini che hanno rivelato piani per assassinare me, il vice presidente e un giudice della Corte suprema. Le autorità hanno anche scoperto un progetto di decreto che avrebbe di fatto annullato i risultati delle elezioni del 2022».

Eduardo Bolsonaro ha ribattuto: «Lula, Alexandre de Moraes [giudice della Corte Suprema, ndr] e i loro complici nel regime brasiliano si attaccano a cose inventate: vogliono far credere che 1.500 cittadini disarmati, molti dei quali donne anziane di settant’anni, riuniti di domenica durante una pausa festiva a Brasília, fossero in grado di organizzare un colpo di Stato, proprio mentre il presidente Bolsonaro si trovava negli Stati Uniti», ha detto Bolsonaro riferendosi ai disordini dell’8 gennaio 2023, quando una folla ha vandalizzato gli edifici del Parlamento, della Corte suprema e del Palazzo presidenziale dopo le elezioni del 2022.

La Corte suprema brasiliana ha sentenziato che i disordini dell’8 gennaio siano l’attuazione del colpo di Stato, che, secondo la sentenza, prevedeva anche l’assassinio di diverse figure istituzionali. Eduardo Bolsonaro definisce questa argomentazione come «assurda: una follia che crolla dopo un minuto di analisi onesta», perché «Bolsonaro, mentre era ancora presidente, ha persino nominato i comandanti militari indicati da Lula, un gesto che nessun golpista farebbe mai». La verità, dice il figlio del presidente condannato, è che «gli eventi dell’8 gennaio 2023 sono stati una protesta sfuggita di mano, simile a quanto accaduto il 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti. Ma oggi vengono strumentalizzati dalla sinistra per escludere Bolsonaro dalle elezioni del 2026». L’ex presidente brasiliano è ora agli arresti domiciliari e non potrà candidarsi nel 2026.

Quanto a Eduardo Bolsonaro, respinge le accuse di coercizione, basate sulla sua attività di sensibilizzazione all’estero, volta a denunciare la mancanza di un giusto processo nel caso del padre e in altri procedimenti legati all’8 gennaio, oltre alla censura online da parte delle autorità brasiliane, che coinvolge anche aziende di social media statunitensi e cittadini americani. «Come potrei essere accusato di coercizione se non ho alcun potere per inserire qualcuno nella lista delle sanzioni dell’Ofac, regolata dal Magnitsky Act? Questo è uno strumento della legge statunitense, non un mio strumento personale». L’Ofac, ovvero l’Ufficio per il controllo degli attivi stranieri, è una divisione del ministero del Tesoro degli Stati Uniti che gestisce le sanzioni finanziarie. Il Global Magnitsky Act, legge del 2016, consente al presidente degli Stati Uniti di sanzionare individui per gravi violazioni dei diritti umani o per corruzione grave.
Il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, principale responsabile del processo a Jair Bolsonaro e delle azioni contro le grandi aziende tecnologiche per la limitazione della libertà di parola online, è stato sanzionato dal Tesoro statunitense ai sensi di questa norma il 30 luglio 2025. Sua moglie e un’organizzazione chiamata Lex Institute, legata alla sua famiglia, sono stati sanzionati il 22 settembre, lo stesso giorno dell’incriminazione di Eduardo Bolsonaro.

«Io non ho mai agito per interferire in procedimenti giudiziari. Quello che io faccio, nell’ambito delle mie prerogative di deputato, è difendere un’amnistia per chi sia perseguitato politicamente. È Alexandre de Moraes, che viola i diritti umani – dice Eduardo Bolsonaro – denunciare le violazioni dei diritti umani non è un crimine, è un dovere». Il deputato brasiliano invocato un’«amnistia generale e incondizionata», riferendosi a varie indagini controverse avviate dalla Corte suprema nel 2019, intrecciate con la sentenza sul colpo di Stato. Senza un’amnistia, dice, «la Corte Suprema continuerà a inventarsi procedimenti  penali per condannare i conservatori e renderli ineleggibili».
Nel corso dell’intervista, Eduardo Bolsonaro ha poi evidenziato come le sanzioni statunitensi stiano avendo un impatto in Brasile: «Oggi, dopo le sanzioni americane, abbiamo approvato la mozione d’urgenza in Parlamento con 311 voti, più che sufficienti a modificare la Costituzione brasiliana».

«Senza la pressione internazionale, il Brasile sarebbe già come il Venezuela, con un’opposizione finta e la vera destra esclusa dalle elezioni dell’anno prossimo».

 


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