L’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001 ha rappresentato un momento cruciale per il commercio internazionale e per il Paese asiatico. È vero, il resto del mondo ha beneficiato di beni a basso costo — spesso prodotti in condizioni prossime alla schiavitù — ma i costi di questa scelta sono stati enormi. Nel 2000 si coltivava l’illusione che l’ammissione della Cina all’Omc avrebbe spinto il suo regime totalitario a partito unico ad allentare la morsa su oltre 1 miliardo di cittadini. Le atrocità di Piazza Tiananmen, impartite dal Partito comunista cinese al mondo nel 1989, erano già state dimenticate o, più probabilmente, ignorate.
Ritenere che l’integrazione della Cina comunista in un sistema commerciale basato su regole avrebbe favorito riforme economiche e un’apertura del mercato interno era, nella migliore delle ipotesi, un’ingenuità. Immaginare che il Pcc avrebbe allentato il controllo e abbracciato la cooperazione internazionale era pura fantasia o semplice indifferenza.
La realtà si è rivelata dura. Il modello economico guidato dallo Stato, unito a continue violazioni degli impegni presi con l’Omc, ha generato innumerevoli casi di sfruttamento e pratiche commerciali predatorie in tutto il mondo, decennio dopo decennio. Dal furto di proprietà intellettuale agli squilibri commerciali su vasta scala, l’economia internazionale affronta sfide che sono diretta conseguenza delle azioni del regime cinese all’interno del quadro dell’Omc. I costi mondiali dell’“integrazione” di questo regime nel resto del mondo sono sconcertanti.
Il Pcc si è “integrato” nell’economia internazionale come un tumore si insinua nel corpo umano.
SETTE ASPETTI IN CUI IL MONDO È PEGGIORATO
1. SQUILIBRI COMMERCIALI
Il surplus commerciale della Cina con gli Stati Unite è passato da 100 miliardi di dollari nel 2001 a oltre 400 miliardi nel 2023, secondo il consiglio per le Relazioni Estere. Questo è stato alimentato da politiche che favoriscono le esportazioni cinesi e che limitano al contempo l’accesso al mercato interno per le aziende straniere. Troppo spesso, i produttori americani ed europei soccombono ai prodotti cinesi a prezzi stracciati e sovvenzionati. Se i consumatori godono di prezzi più bassi, il costo a lungo termine è la dipendenza economica dalla manifattura cinese.
2. PERDITA DI MILIONI DI POSTI DI LAVORO
L’afflusso di importazioni cinesi, favorito dall’adesione all’Omc, ha causato una drastica riduzione di posti di lavoro nei settori manifatturieri occidentali. Gli Stati Uniti, secondo l’Istituto di Politica Economica, hanno perso circa 3,4 milioni di posti di lavoro a causa della Cina tra il 2001 e il 2015. Questo ha devastato le regioni industriali americane, in particolare nei settori tessile ed elettronico, con aziende che hanno delocalizzato per inseguire costi di manodopera più bassi o sono fallite.
3. FURTO DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Il furto di proprietà intellettuale da parte del regime è un problema ben documentato. Lo spionaggio sponsorizzato dalla Cina prende di mira le aziende occidentali, nonostante gli impegni dell’Omc a proteggere la proprietà intellettuale, attraverso trasferimenti tecnologici forzati e attacchi informatici. Secondo l’ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, le perdite per le aziende americane oscillano tra 225 e 600 miliardi di dollari all’anno.
4. DEINDUSTRIALIZZAZIONE
Le sovvenzioni cinesi e le joint venture imposte alle aziende occidentali che si trasferiscono in Cina prevedono spesso la cessione di conoscenze proprietarie. Ciò ha permesso alle aziende cinesi di dominare catene di approvvigionamento cruciali, come elettronica e macchinari pesanti, e hanno indebolito la sicurezza nazionale e la resilienza economica dei Paesi occidentali.
5. DISTRUZIONE DELLA CLASSE MEDIA E DECLINO SOCIALE IN OCCIDENTE
La perdita di posti di lavoro manifatturieri ha indebolito la classe media nei Paesi occidentali, portando a disoccupazione elevata, salari stagnanti e crescenti disuguaglianze. L’adesione della Cina all’Omc è stata una delle cause principali, con i suoi beni a basso costo che hanno soppiantato le industrie locali. Le ripercussioni sociali e politiche di questa trasformazione si avvertono ancora oggi.
6. DEBITI INSOSTENIBILI DELLA NUOVA VIA DELLA SETA
L’iniziativa Nuova Via della Seta, promossa da Pechino, ha gravato i Paesi in via di sviluppo con debiti insostenibili, in alcuni casi superiori al 10-15% del loro Pil. Nazioni come Sri Lanka e Pakistan, incapaci di ripagare i prestiti, hanno ceduto asset strategici (come porti) alla Cina. Presentata come aiuto per le infrastrutture, l’iniziativa serve principalmente gli interessi geopolitici del Pcc e intrappola i Paesi più poveri in una dipendenza che ne mina la sovranità.
7. CONTROLLO CINESE SULLE ROTTE MARITTIME
Attraverso la Nuova Via della Seta e investimenti strategici, la Cina ha acquisito il controllo di punti nevralgici marittimi, come il porto di Hambantota in Sri Lanka, e ha guadagnato influenza nella zona del Canale di Panama. Questi “nodi marittimi” rafforzano la capacità di Pechino di proiettare potere e controllare le rotte commerciali mondiali, mentre solleva preoccupazioni su un possibile dominio militare in regioni chiave.
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Il regime cinese ha violato le regole dell’Omc sin dall’inizio. La sua non conformità sistematica, orchestrata dal Pcc, ha minato la credibilità dell’organizzazione. Dal 2001, gli Stati Uniti hanno presentato 23 delle 43 procedure contro la Cina presso l’Omc per numerose violazioni, ma l’applicazione delle sanzioni resta debole. Un’espulsione potrebbe spingere la Cina a riformarsi, livellando il campo di gioco, ma l’esperienza passata suggerisce che ciò sia improbabile.
I dazi introdotti dall’amministrazione Trump mirano a ridurre la dipendenza dalla manifattura cinese e a riportare posti di lavoro negli Stati Uniti. La Cina sta già accusando il colpo, con una domanda in calo, salari più bassi e un aumento della disoccupazione. Di conseguenza, il Pcc avverte la pressione di crescenti tensioni interne, che potrebbero rappresentare una minaccia sistemica per il regime.
Per alcuni, espellere la Cina indebolirebbe l’Omc e il commercio internazionale. È vero. Tuttavia, da anni molti osservatori sottolineano come le pratiche commerciali ostili del regime cinese stiano già minando l’Omc. Come minimo, gli abusi di Pechino ne hanno distorto, se non ridotto, la rilevanza. A che serve un’Omc che genera squilibri economici tali da minacciare il benessere del resto del mondo?
Detto questo, ha senso che l’Omc introduca nuove regole che Pechino continuerà a ignorare? Continuare a giocare lo stesso gioco, sperando che la Cina cambi sotto la guida del Pcc, non è realistico. Alcuni temono che un’espulsione possa spingere la Cina a formare blocchi commerciali alternativi al di fuori dell’Omc, frammentando ulteriormente l’economia internazionale. Questo processo, però, è già in corso.
La Cina dovrebbe essere espulsa dall’Omc. Un accordo più equo e vantaggioso vedrebbe le nazioni libere commerciare tra loro, lasciando che i dittatori distopici di Pechino facciano affari con chi condivide i loro valori. Quanto bene funzionerebbe un sistema del genere?
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