La grande veglia a Washington: basta alla repressione del Falun Gong

di redazione eti/Terri Wu
19 Luglio 2025 12:18 Aggiornato: 19 Luglio 2025 15:46

Il 17 luglio, la luce soffusa delle candele tremola nella brezza serale al National Mall, il più grande parco di Washington DC: è la veglia annuale dedicata ai praticanti del Falun Gong uccisi in Cina. Quest’anno i partecipanti chiedono anche, ebbene sì, lo stop all’esportazione della repressione cinese negli Stati Uniti.

Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, è una disciplina di miglioramento personale basata sui principi di verità, compassione e tolleranza, accompagnata da esercizi meditativi. Prima che il Partito comunista cinese iniziasse ad arrestare i praticanti in tutta la Cina, il 20 luglio 1999, le autorità lodavano la pratica per i benefici sulla salute e per il contributo al miglioramento della società, guidando gli aderenti a diventare persone migliori. Introdotta all’inizio degli anni Novanta, la disciplina si è diffusa rapidamente in tutta la Cina, raggiungendo un numero stimato tra i 70 e i 100 milioni di praticanti entro il 1999. Ma la sua popolarità è stata percepita come una minaccia per il Partito, che ha lanciato una vasta campagna per eliminare il gruppo di fede: una persecuzione che continua tuttora.

La prima veglia a lume di candela a Washington si è tenuta davanti all’ambasciata cinese nell’ottobre 1999, poco dopo l’arrivo negli Stati Uniti della notizia sulla prima morte confermata a causa della repressione. La vittima era Cheng Ying, una studentessa nel nordest della Cina, deceduta a soli 17 anni mentre era in custodia della polizia nell’agosto 1999, secondo Minghui.org, sito web dedicato al monitoraggio della persecuzione del Falun Gong in Cina.

Chen Chengyong è un’altra vittima. Morto nel 2001. La data precisa del decesso resta sconosciuta. Il corpo è stato rinvenuto in una capanna in un sobborgo di Guangzhou, nel sud della Cina, a luglio, già in stato di decomposizione. Con l’assistenza del governo australiano, la moglie Dai Zhizhen, cittadina australiana, ha recuperato infine le ceneri del marito a Sydney nel marzo 2002, otto mesi dopo. Oggi 62enne, Dai Zhizhen si commuove nel ricordare la morte del coniuge, uno dei tanti perseguitati in modo brutale.

«Ogni anno alla veglia invochiamo la coscienza e la bontà nel profondo dei cuori umani — spiega Dai Zhizhen — la bontà insita in ciascuno al momento della creazione». Animata dallo stesso spirito, tra il 2002 e il 2005 Dai Zhizhen ha visitato 46 Paesi per esporre la storia di Chen Chengyong e di numerosi altri praticanti, al fine di sensibilizzare sulla persecuzione in Cina. Al momento della morte di Chen Chengyong, la figlia Chen Fadu aveva solo 15 mesi. Oggi lavora alla Feitian Academy of the Arts, dopo il ritiro come ballerina di Shen Yun Performing Arts, compagnia di arti dello spettacolo creata da praticanti del Falun Gong nel 2006 per presentare la cultura tradizionale cinese antecedente all’ascesa del comunismo nel Paese. La signora Dai Zhizhen esprime particolare preoccupazione per la nuova ondata di persecuzione contro il Falun Gong promossa dal Pcc negli Stati Uniti.

In un’inchiesta esclusiva dello scorso anno infatti, Epoch Times Usa ha rivelato che nell’ottobre 2022 il leader cinese Xi Jinping ha diretto personalmente le operazioni di sicurezza, spionaggio e influenza in Cina per colpire i praticanti del Falun Gong negli Stati Uniti attraverso guerre legali e mediatiche. La repressione transnazionale del regime si è così intensificata. Nell’ultimo anno, vari media occidentali, a cominciare dal New York Times, hanno diffuso un numero elevato di articoli denigratori sui praticanti del Falun Gong. Shen Yun ha inoltre ricevuto diverse minacce di bombe prima delle esibizioni internazionali nella recente stagione di tournée.

In qualità di madre di un’ex ballerina di Shen Yun, la signora Dai Zhizhen intende raccontare la storia della figlia per salvaguardare la reputazione della compagnia. «Non avevamo altra scelta se non resistere alla persecuzione», osserva, alludendo alla soppressione pervasiva che attraversa tutti gli strati della società in Cina. Benché Chen Fadu abbia perso il padre per ingiustizia e sia cresciuta solo con la madre, non ha permesso che quel trauma offuscasse la sua mente. Al contrario, è diventata una persona matura, razionale e amorevole. Soprattutto, ha coltivato una maggiore empatia verso gli altri grazie alle proprie sofferenze, come nota la madre con orgoglio.

Wen Ying, praticante del Falun Gong di 62 anni rilasciata nel 2023 dopo sette anni di detenzione in Cina, ha preso parte all’evento a Washington. Wen definisce il 20 luglio 1999 un «giorno buio» e un «punto di svolta» nella vita. Era consapevole dei rischi: la perdita del posto di lavoro in un’impresa statale nel nordest della Cina, e persino la detenzione o l’imprigionamento.

«Verità, compassione e tolleranza rappresentano la mia fede. Ritengo di dover vivere con dignità e proseguire il cammino per essere una buona persona, indipendentemente dalla politica del regime cinese — spiega Wen Ying — Il mio maestro mi insegna a essere una buona persona. Anch’io desidero esserlo. Quando lui subisce calunnie, come posso non difendere il suo nome?», aggiunge, riferendosi al fondatore della disciplina spirituale, Li Hongzhi.

Numerose vite in Cina sono state spezzate dalla persecuzione del regime, rileva Wen Ying. La repressione, inoltre, non si limita a individui e famiglie, ma investe l’intera società. Perseguitare i valori di verità, compassione e tolleranza equivale, a suo giudizio, a distruggere il tessuto morale dell’umanità. «La nostra civiltà cesserà di esistere se perdiamo le basi della moralità», sostiene. Wen Ying esorta tutte le persone di buon cuore a porre termine alla persecuzione in Cina e alla repressione transnazionale del regime negli Stati Uniti. «Credo che il bene prevarrà», conclude.


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