«Accogliamo con soddisfazione la notizia che il governo intende introdurre nella legge di Bilancio 2026 una tassa sui pacchi di piccolo importo provenienti da Paesi extra-Ue, in particolare dalla Cina. È un primo passo importante, che va nella direzione che Confimprenditori chiede da mesi: mettere un freno al dilagare del fast fashion e alla concorrenza sleale che sta minacciando il tessuto produttivo del made in Italy. Ma non è abbastanza. Servono misure più incisive per tutelare le nostre imprese, i nostri lavoratori e il valore di un settore che rappresenta una parte essenziale della nostra identità economica e culturale». Lo dichiara in una nota il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo.
«Nel solo 2024 sono arrivati in Europa oltre 4,6 miliardi di pacchi sotto la soglia dei 150 euro, il 91 per cento dei quali provenienti dalla Cina, con marchi come Shein, Temu e Aliexpress che continuano a invadere il mercato europeo senza alcuna imposizione doganale o standard qualitativo paragonabile a quello delle nostre aziende. È concorrenza sleale allo stato puro: prezzi irrisori, nessuna tracciabilità, produzione senza regole ambientali o tutele del lavoro, mentre le nostre imprese devono affrontare costi energetici, contributivi e fiscali enormemente più alti. È una battaglia ad armi impari. Il fast fashion è una bomba a orologeria per la nostra economia. Negli ultimi cinque anni l’Italia ha perso oltre 9.000 aziende tessili e più di 50.000 posti di lavoro, travolti da una competizione fondata sul prezzo e non sulla qualità. È una deriva che va fermata prima che sia troppo tardi», conclude Ruvolo.




