Cina e Russia sono un pericolo per l’umanità

di Antonio Graceffo per ET Usa
30 Luglio 2025 20:10 Aggiornato: 30 Luglio 2025 20:10

Una nuova teoria della difesa statunitense ipotizza che, in caso di un’offensiva cinese su Taiwan, Pechino potrebbe coinvolgere Mosca in un attacco coordinato, obbligando gli Stati Uniti a fronteggiare due fronti di guerra contemporaneamente. Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha lanciato l’allarme: se il regime cinese decidesse di invadere Taiwan, potrebbe coordinarsi con la Russia per colpire contemporaneamente territori Nato in Europa, creando un conflitto su due fronti per Washington e i suoi alleati.
Nel febbraio 2022, poche settimane prima dell’invasione russa dell’Ucraina, Cina e Russia hanno firmato una “alleanza senza limiti”. Pur dichiarandosi neutrale, Pechino ha sostenuto in modo tacito lo sforzo bellico di Mosca, consolidando un’alleanza che rende plausibile una collaborazione in un’eventuale offensiva di ampia portata, come l’invasione di Taiwan. Secondo Rutte, il leader cinese Xi Jinping potrebbe chiedere a Putin di attaccare territori Nato per distrarre gli Stati Uniti mentre la Cina avanza su Taiwan. «Questo costringerebbe gli Usa a combattere su due fronti contro le principali potenze autoritarie del mondo», ha avvertito.

Con le forze americane concentrate nel Pacifico, la Russia potrebbe sfruttare l’occasione per colpire punti vulnerabili della Nato, come gli Stati baltici o le isole Svalbard nell’Oceano Artico, cercando vantaggi rapidi prima di una risposta coordinata dell’Alleanza.
Secondo quanto riportato, Xi Jinping guarda al 2027 come possibile data per un’invasione di Taiwan: coincide con il centenario dell’Esercito popolare di liberazione e con una tappa chiave del programma cinese di modernizzazione militare, che punta a competere con gli Usa entro il 2035. Se l’esercito cinese non fosse ancora pronto ad affrontare da solo le forze Usa, Xi potrebbe cercare il sostegno di Mosca per colmare le lacune. Un’alleanza formale unirebbe due tra le forze armate più potenti al mondo, combinando un’enorme forza lavoro con avanzate capacità terrestri, navali e aeree.

Secondo l’indice di classificazione Global Firepower, le flotte navali di Cina e Russia contano insieme 1.173 navi da guerra, tra cui quattro portaerei, quattro portaelicotteri e 124 sottomarini, molti dei quali capaci di lanciare missili nucleari. La Cina dispone della marina più numerosa per numero di unità, mentre la Russia eccelle nella guerra sottomarina. In aria, contano oltre 7.600 velivoli; a terra, più di 12.550 carri armati e 18 mila pezzi di artiglieria. La loro flotta mercantile congiunta, composta da 11.224 navi, garantisce una straordinaria capacità di trasporto di truppe e rifornimenti su lunghe distanze.
Particolarmente allarmante è la rapida espansione dell’arsenale nucleare cinese. Secondo il Pentagono, le testate operative della Cina sono passate da circa 200 nel 2020 a 600 nel 2025, con il tasso di crescita più elevato tra i nove Stati nucleari. Pechino è anche l’unica firmataria del Trattato di non proliferazione nucleare ad ampliare significativamente il proprio arsenale. Sommato a quello russo, il rischio si aggrava ulteriormente: secondo il Bulletin of the Atomic Scientists, Mosca dispone di circa 4.309 testate nucleari attive e 1.150 in attesa di smantellamento. Di queste, 1.477 sono armi nucleari non strategiche, distribuite tra forze navali, aeree, terrestri e sistemi di difesa aerea, con vettori come i missili Iskander, Kalibr e Kinzhal. E nel 2024, la Russia ha abbassato il livello di provocazione necessario per giustificare l’uso di armi nucleari, un cambiamento che accresce il pericolo di un conflitto atomico.

Affrontare due potenze nucleari su fronti separati metterebbe gli Stati Uniti in una posizione strategica molto difficile. Il ministro della Difesa americano, Pete Hegseth, ha sottolineato la necessità di spostare il focus dall’Europa all’Indo-Pacifico, definito il “teatro prioritario” per gli interessi americani. Ma questo cambio di rotta richiede che l’Europa si assuma maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Per questo, Trump, ha adottato una linea dura sulla Nato, esortando i Paesi europei ad aumentare la spesa militare fino al 5% del Pil.

Con il 2027 alle porte, gli strateghi militari occidentali rafforzano il fianco orientale della Nato e consolidano le alleanze nel Pacifico, in particolare con Giappone e Corea del Sud. Se Mark Rutte ha ragione, il destino di Taiwan — e del mondo — potrebbe dipendere dalla capacità dell’Europa di riarmarsi in modo adeguato e permettere così agli Stati Uniti di concentrarsi sul contenimento della Cina comunista.


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