Anche YouTube si arrende a Trump: 24 milioni di risarcimento per avergli messo il bavaglio

di Redazione ETI/Matthew Vadum
30 Settembre 2025 16:43 Aggiornato: 30 Settembre 2025 18:19

YouTube ha accettato di versare 24 milioni e mezzo di dollari al presidente Donald Trump quale transazione in una causa intentata anni fa da Trump stesso a seguito della sospensione del suo account YouTube avvenuta nel 2021. La notizia risulta dai documenti depositati in tribunale il 29 settembre. YouTube, come Google di proprietà di Alphabet, aveva bloccato l’account di Trump in seguito ai fatti del 6 gennaio 2021.

Donald Trump aveva fatto causa anche a Google, Meta (la controllante di Facebook) e X, all’epoca ancora noto col nome originale di Twitter, accusandoli di aver censurato chiunque manifestasse idee conservatrici. All’inizio di quest’anno, Meta e X erano già andati a transazione per evitare di andare a giudizio e correre (l’elevato evidentemente) rischio di venire condannati a pagare cifre molto maggiori.

Fin dal primo momento, Trump aveva dichiarato che le sue cause erano finalizzate a difendere il diritto alla libertà di espressione. Le aziende tecnologiche avevano giustificato il blocco degli account di Trump nel gennaio 2021, sostenendo che le sue denunce di brogli elettorali del novembre 2020 avessero contribuito a fomentare la violenza legata agli eventi del 6 gennaio. Twitter aveva imposto un divieto permanente, Facebook una sospensione di due anni, mentre YouTube aveva dichiarato che il blocco sarebbe rimasto in vigore fino a quando il rischio di violenza non fosse diminuito.

Trump aveva quindi sostenuto che le piattaforme social non potessero più essere considerate aziende private, e che non potessero godere della tutela della legge che garantisce alle aziende tecnologiche uno scudo legale rispetto ai contenuti pubblicati dagli utenti. Questa norma consente alle piattaforme di moderare i contenuti, rimuovendo post ritenuti osceni o in violazione di determinate regole interne, ma a patto che agiscano in buona fede e, ovviamente, nel rispetto della Costituzione.
I repubblicani hanno a lungo criticato l’applicazione di questa norma, sostenendo che permetta alle grandi aziende tecnologiche di censurare gli avversari politici sgraditi al potere, come avvenuto durante l’amministrazione Biden per stessa ammissione di Mark Zuckerberg.

Le sospensioni degli account di Trump sono state revocate da YouTube, Facebook e Twitter rispettivamente a marzo 2023, febbraio 2023 e novembre 2022. In una lettera inviata il 23 settembre a una commissione parlamentare, Google e la sua controllante Alphabet hanno comunicato che i creatori di contenuti banditi da YouTube per le loro opinioni sulla pandemia di Covid-19 o sulle elezioni del 2020 potranno tornare sulla piattaforma. Le norme che vietavano “alcune discussioni” su questi temi sono state revocate nel 2023 e nel 2024, secondo quanto riferito dai legali di Google.

Tra gli account precedentemente sospesi figura quello di Dan Bongino, allora opinionista di Fox News e podcaster e oggi vicedirettore dell’Fbi. Google si è giustificata sostenendo la tesi che l’epoca della pandemia è stata un periodo senza precedenti che ha richiesto un difficile equilibrio tra la libertà di espressione e la moderazione di contenuti che avrebbero potuto causare danni concreti.
Ma poi è venuto alla luce il fatto che fossero state esercitate pesanti pressioni da alti funzionari dell’amministrazione Biden, affinché il social rimuovesse alcuni contenuti legati al Covid-19, anche se non violavano le sue policy, ha aggiunto Google.

Alla seconda cerimonia di insediamento di Donald Trump, svoltasi a gennaio 2025, erano presenti Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, ed Elon Musk, proprietario di X.

La transazione con YouTube prevede che 22 milioni di dollari siano devoluti per conto di Trump alla Trust for the National Mall, un’organizzazione senza scopo di lucro impegnata nella costruzione di una sala da ballo da 200 milioni di dollari alla Casa Bianca. Il resto del risarcimento sarà distribuito ad altri querelanti della causa, tra cui l’American Conservative Union, che organizza l’annuale Conservative Political Action Conference (Cpac), oltre a Andrew Baggiani, Austen Fletcher, Maryse Veronica Jean-Louis, Frank Valentine, Kelly Victory e Naomi Wolf. Donald Trump, quindi, non intascherà un centesimo del risarcimento.


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