Ambasciate americane evacuate per pericolo di attacco iraniano

di Redazione ETI/T.J. Muscaro
12 Giugno 2025 18:09 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

Gli Stati Uniti hanno ridotto il personale nelle ambasciate in Medio Oriente per via dei seri rischi legati alla sicurezza. Il ministero degli Esteri americano ha ordinato l’11 giugno il rientro di tutto il personale non essenziale e delle loro famiglie dall’ambasciata statunitense di Baghdad – che già opera con personale limitato – per «garantire la sicurezza degli americani, sia in patria che all’estero».

Il ministero degli Esteri ha poi avvisato i cittadini americani che «viaggiare in Iraq comporta dei seri rischi legati a terrorismo, rapimenti, conflitti armati, disordini civili e alla limitata capacità del governo statunitense di fornire servizi di emergenza ai cittadini americani in Iraq» per poi concludere in modo perentorio: «Non andate in Iraq per nessun motivo». Il ministero ha anche autorizzato la partenza facoltativa del personale non essenziale e delle famiglie dalle ambasciate americane in Bahrein e Kuwait, e il Comando Centrale degli Stati Uniti ha confermato che il ministro della Difesa «ha autorizzato la partenza volontaria dei familiari dei militari da varie località» nella regione, mentre continua a «monitorare le crescenti tensioni in Medio Oriente».

La vice portavoce della Casa Bianca Anna Kelly ha confermato, dichiarando che il ministero degli Esteri «riesamina regolarmente il personale americano all’estero, e questa decisione è stata presa a seguito di una recente valutazione». Il presidente Trump ha dichiarato che i trasferimenti si sono resi necessari «perché potrebbero diventare luoghi molto pericolosi».

Il ritiro del personale nasce in un contesto di crescenti tensioni nella regione, dovute agli sforzi degli Stati Uniti per fermare il programma nucleare iraniano. Iran e Stati Uniti hanno già condotto cinque negoziati a riguardo, e Trump che ha dichiarato che, in caso di fallimento dei colloqui, Israele o gli Stati Uniti potrebbero lanciare degli attacchi aerei contro le strutture nucleari iraniane. «Sembra che vogliano prendere tempo, è una vergogna», ha commentato in merito il presidente americano in una recente intervista, «sono meno fiducioso ora rispetto a qualche mese fa. Qui è sicuramente successo qualcosa». E Trump è stato molto chiaro al Kennedy Center l’11 giugno, ribadendo che «l’Iran non può avere un’arma nucleare».

Ma l’Iran nega ogni progetto di sviluppo di armi nucleari: «L’Iran non cerca un’arma nucleare, e il militarismo statunitense alimenta solo instabilità», ha scritto la missione iraniana alle Nazioni Unite in un post sui social. Il ministro della Difesa iraniano, generale Aziz Nasirzadeh, ha dichiarato che spera in negoziati produttivi con gli Stati Uniti, ma che il suo Paese è del tutto pronto a rispondere in caso di conflitto: «Se scoppiasse un conflitto con gli Stati Uniti, le perdite del nostro avversario saranno certamente superiori alle nostre, e in quel caso l’America dovrà lasciare la regione, perché tutte le sue basi sono alla nostra portata» ha detto Nasirzadeh, «Colpiremo senza esitazione tutte le basi».


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