L’ambizioso obiettivo europeo di azzerare le emissioni nette entro il 2050 si fonda in larga parte sull’espansione dell’energia solare ed eolica, con la prospettiva di triplicare l’elettricità che transita nella rete elettrica. Il passaggio da infrastrutture progettate per una produzione centralizzata e costante, alimentata principalmente da centrali a carbone a un sistema dominato da fonti rinnovabili, caratterizzate da una generazione intermittente e distribuita, rappresenta la sfida ingegneristica più complessa dalla nascita stessa delle reti elettriche.
I costi stimati di questa trasformazione sono molto elevati. Secondo la Corte dei conti europea, saranno necessari tra i 2 mila e i 3 mila miliardi di euro per aggiornare, ampliare e digitalizzare le linee di trasmissione nel continente da qui alla metà del secolo. Nel Regno Unito, la proiezione si aggira sui 3 mila miliardi di sterline. A questi costi vanno aggiunti quelli legati alla costruzione degli impianti solari ed eolici, oltre a quelli per lo stoccaggio dell’energia.
Con leggi vincolanti sulla “neutralità climatica” già in vigore nei 27 Stati membri dell’Ue e nel Regno Unito, la rapida diffusione delle rinnovabili impone una trasformazione radicale delle reti, originariamente pensate per fonti fossili. Attualmente, la rete elettrica copre circa il 18% del fabbisogno energetico del Regno Unito (23% nell’Ue), ma le previsioni indicano che entro il 2050 dovrebbe fornire circa il 60% dell’energia complessiva. Già nel breve termine, tra il 2023 e il 2035, si stima un aumento della domanda elettrica fino al 40%.
Le reti elettriche europee, progettate nell’era dei combustibili fossili, si basano su flussi unidirezionali in corrente alternata dalle grandi centrali ai consumatori. Oggi, i gestori della trasmissione in 36 Paesi devono pianificare, costruire e gestire un sistema radicalmente diverso, in grado di gestire una produzione variabile da fonti rinnovabili, che include sia corrente alternata sia continua.
Saranno necessari potenziamenti della rete, installazione di nuove apparecchiature e tecnologie aggiornate. Quasi la metà delle linee di trasmissione europee ha più di 40 anni, mentre le reti di distribuzione si estendono già per oltre 9 milioni di chilometri. Tale rete dovrà raggiungere circa 16 milioni e 800 mila chilometri entro il 2050, con la sostituzione di oltre 4 milioni di chilometri di linee obsolete.
In questo contesto, l’adeguamento delle reti non può prescindere da una pianificazione strategica e da investimenti a lungo termine. Secondo un recente rapporto di Beyond Fossil Fuels, Ember, E3g e Ieefa, molti operatori europei della rete elettrica stanno faticando a tenere il passo con la crescita delle rinnovabili. In diversi Paesi, un numero consistente di progetti solari, eolici e di accumulo risulta in attesa di connessione alla rete, a causa di colli di bottiglia infrastrutturali. Cinque Paesi — Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lituania e Regno Unito — hanno incaricato i rispettivi gestori di rete di valutare scenari in cui le rinnovabili sostituiscano quasi completamente il gas nella produzione elettrica entro il 2035.
Diversi addetti ai lavori ritengono che i piani di espansione delle reti elettriche imposti dai governi non siano realistici: secondo Andy Mayer, direttore operativo e analista energetico dell’Institute of Economic Affairs, i cronoprogrammi attuali non tengono conto dei limiti delle filiere, della disponibilità di risorse e delle tensioni geopolitiche che pesano sul commercio mondiale: «Quando le scadenze prevalgono sui segnali di prezzo, i costi aumentano» osserva, aggiungendo che l’approccio attuale confonde gli obiettivi di “decarbonizzazione” con la promozione esclusiva delle rinnovabili, a scapito di una valutazione neutrale delle tecnologie, come ad esempio il progressivo abbandono del nucleare negli ultimi vent’anni, ora oggetto di un ripensamento in molte capitali europee. Roma prima fra tutte: l’Italia sta passando sopra il referendum che ha abolito il nucleare nel lontano 1987, sulla scia della catastrofe di Chernobyl (causata da una catena di eventi a dir poco improbabili). Fissare obiettivi di capacità rinnovabile e aspettarsi che la rete segua così, senza una pianificazione coerente, ha inoltre prodotto investimenti errati, forniture inaffidabili e impianti collocati in luoghi inadeguati, compromettendo sia l’integrità del sistema sia la fiducia dell’opinione pubblica nella transizione energetica. E ormai, continua Mayer, «l’opposizione agli obiettivi net-zero è diventata un tema elettorale, e il consenso politico appare incrinato».
Samuel Furfari, dirigente della Direzione generale dell’Energia della Commissione europea tra il 1982 e il 2018, sottolinea infine la cosa più ovvia, e che nessuno mai dice: il peso economico della transizione ricade in ultima istanza sui cittadini, e «quando si renderanno conto che tutto questo comporta aumenti infiniti delle bollette, molti diranno: “Io non ho mai chiesto di avere l’energia rinnovabile”».