Giorgia Meloni torna a scuotere il dibattito europeo sulle regole fiscali. Al termine del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo, dedicato alla difesa e al sostegno all’Ucraina, il presidente del Consiglio approva il piano “ReArm Europe” di Ursula von der Leyen ma va oltre, chiedendo una revisione del Patto di Stabilità e Crescita per adattarlo alle nuove esigenze di sicurezza dell’Ue.
«Adesso va rivisto il Patto di Stabilità», ha dichiarato a La Stampa, insistendo sull’esclusione delle spese militari dal calcolo del deficit. Una proposta che divide e rilancia le tensioni tra flessibilità e rigore in Europa.
La proposta italiana è chiara: escludere le spese per la difesa dal rapporto deficit/Pil e introdurre una “garanzia europea” per gli investimenti militari, sul modello di InvestEU. «Non possiamo chiedere ai cittadini di scegliere tra sicurezza e conti in ordine», avrebbe detto la Meloni, secondo fonti citate da La Stampa. Una posizione che trova sponde in Francia, interessata a potenziare l’industria bellica, ma rischia di scontrarsi con la Germania, tradizionalmente favorevole a una linea rigorista.
Non è la prima volta che la Meloni critica il Patto. Nel dicembre 2023, accoglie la riforma come un «compromesso di buonsenso», ma sottolinea la necessità di flessibilità per investimenti strategici, come Pnrr e difesa. Nel febbraio 2025, ottiene dalla Commissione margini sulle spese militari, ma il tema torna ora con urgenza. La premier vede nel piano “ReArm” un’opportunità per riaprire il dibattito, meno di un anno dopo l’entrata in vigore del nuovo Patto. Su X, il suo messaggio è netto: «L’Europa deve difendersi da sola, e per farlo servono regole nuove».
La proposta della Meloni arriva in un momento delicato. L’Ecofin di aprile dovrà discutere i dettagli del piano “ReArm”, e l’Italia punta a inserire la revisione del Patto nell’agenda. Ma il percorso è in salita: i Paesi del nord, come Germania e Olanda, temono un allentamento eccessivo dei vincoli, mentre il debito italiano resta sotto la lente della Commissione. Intanto, il governo lavora a una «clausola di salvaguardia nazionale» per le spese militari, da negoziare con Bruxelles.