In provincia di Treviso c’è una scuola materna paritaria, cristiana, che nei giorni scorsi ha deciso di portare i bambini – dai 3 ai 5 anni – a visitare una moschea. I bambini sono stati fatti inginocchiare per pregare rivolti alla Mecca. E hanno dovuto ascoltare i sermoni di un imam. Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, in una intervista al Giornale parte da un dato: «Solo il 16 per cento della popolazione mondiale si dichiara ateo. Vuol dire che l’84 per cento degli 8 miliardi e mezzo di persone viventi crede in qualcosa. Quindi il dialogo interconfessionale è utile: serve a costruire una rete di pace, di rispetto, e comprensione reciproca».
Del resto da molti anni la Chiesa cattolica si batte per il dialogo: «Verissimo. Mentre in altre religioni, talvolta, il dialogo e l’apertura costituiscono un problema. Penso ad esempio alla mancanza di rispetto di molte persone che si identificano nell’islam verso la donna. Molti episodi sono avvenuti anche nella nostra comunità». Tuttavia il presidente è favorevole al dialogo e alla conoscenza reciproca: «Certo. E noi da ragazzini studiavamo la storia delle religioni. E ci parlavano del monoteismo, del politeismo, dell’islam, dell’ebraismo. Le grandi religioni monoteiste hanno origini comuni». Quindi è giusto visitare una moschea: «Che ci sia una visita alla moschea ci può stare. Però dalle immagini che ho visto mi pare che li hanno fatti inginocchiare fronte a terra, rivolti alla Mecca, mimare una preghiera, ascoltare i discorsi dell’imam».
Si è passato il limite: «Sì. Per tre aspetti. Primo: va rispettata la fede religiosa di chiunque. Immagino che molti di questi bambini provengano da famiglie cattoliche. Si è mancato loro di rispetto. Secondo. Non si è rispettato l’aspetto identitario. Se tu ti dichiari cattolico, ma anche se ti dichiari ateo, comunque la tua identità ha profonde radici cristiane. Non può essere violata o cancellata». Terzo aspetto: «Quello della reciprocità. Noi sappiamo benissimo che abbiamo dei bambini musulmani che escono dalla classe nell’ora di religione. Giustissimo. Immaginate se una insegnante cattolica avesse costretto dei bambini musulmani ad andare in una chiesa cristiana a pregare?». Sarebbe scoppiato uno scandalo: «Sì, sarebbe scoppiato giustamente. Nessuno deve essere obbligato a pregare un altro Dio». Poi c’è il problema formativo: «Importantissimo. Dal punto di vista formativo questi sono bambini nell’età dell’imprinting (ce lo spiegava un grande scienziato come Konrad Lorenz). Assorbono tutto». «Anche questa operazione – conclude Zaia – è figlia di identità profondamente cristiana. Questo è il paradosso. Solo un cristiano può porsi il problema di non andare a urtare un musulmano. Noi siamo quelli del porgi l’altra guancia, siamo per il rispetto estremo della persona. Benissimo. Però dobbiamo evitare che questo inneschi un processo di autocastrazione identitaria».