Valentino e le ombre sulla filiera del lusso italiano

di Redazione ETI/Reuters
16 Maggio 2025 14:20 Aggiornato: 16 Maggio 2025 14:20

L’amministrazione giudiziaria disposta dal tribunale di Milano nei confronti di Valentino Bags Lab Srl rappresenta un nuovo e significativo campanello d’allarme per l’intero comparto del lusso italiano. La decisione, motivata da gravi violazioni in materia di tutela del lavoro riscontrate nella catena di fornitura, si inserisce in un quadro preoccupante che coinvolge, a vario titolo, alcune delle principali firme della moda attive in Italia.

L’intervento della magistratura milanese mette in discussione non solo la gestione dei fornitori da parte delle aziende coinvolte, ma anche l’efficacia dei meccanismi di controllo interni, spesso ritenuti insufficienti a prevenire abusi o irregolarità diffuse nei subappalti. Lo stesso tribunale ha già adottato misure analoghe nei confronti di unità operative di Dior, Armani e Alviero Martini.

Nel caso di Valentino Bags Lab, l’accusa è di aver omesso un’adeguata vigilanza sui laboratori esterni cui era stata affidata la produzione, che ha permesso una manodopera – in alcuni casi priva di contratto o in condizione di irregolarità – impiegata in ambienti privi di sicurezza, con turni massacranti e persino costretta a vivere nei luoghi di lavoro. Una situazione che, se confermata, solleva interrogativi etici e sistemici profondi sull’organizzazione delle filiere produttive che riforniscono il settore del lusso.

L’azienda ha dichiarato di voler collaborare con le autorità per chiarire i fatti e ha evidenziato gli sforzi compiuti negli ultimi anni per rafforzare i controlli sui fornitori attraverso verifiche affidate a soggetti terzi. Tuttavia, per il tribunale tali misure si sono rivelate insufficienti. Sarà ora un amministratore esterno a valutare l’effettiva capacità della società di adeguarsi alle normative vigenti, con la possibilità di revocare anticipatamente l’amministrazione in caso di conformità.

È corretto sottolineare che Valentino Bags Lab non è attualmente oggetto di indagini penali: il procedimento in corso riguarda i titolari delle ditte appaltatrici e subappaltatrici accusati di sfruttamento e impiego di manodopera irregolare. Ciononostante, la decisione del tribunale evidenzia un problema di responsabilità gestionale che non può più essere eluso, soprattutto in un contesto in cui l’immagine e la qualità del Made in Italy rappresentano un elemento distintivo sui mercati internazionali.

L’Italia produce oltre la metà dei beni di lusso mondiali grazie a una rete fittissima di piccole e medie imprese manifatturiere. Ma proprio questa struttura produttiva, così capillare e frammentata, rischia di diventare terreno fertile per fenomeni opachi, in cui il controllo diretto dell’azienda committente si affievolisce lungo la catena dei subappalti.

Il caso Valentino solleva dunque un tema che riguarda l’intero comparto: può un modello industriale basato sulla flessibilità estrema convivere con il pieno rispetto dei diritti del lavoro? Ed è sufficiente affidarsi a protocolli interni o revisioni certificate per garantire trasparenza ed eticità?

Il tribunale di Milano, nel proporre nel 2024 una cornice di regole più stringente per i marchi del lusso, ha indicato una possibile via: rafforzare i controlli, rendere tracciabile ogni fase della produzione e assumere una responsabilità più attiva, e non solo formale, nella selezione e nel monitoraggio dei fornitori.

Il prestigio del Made in Italy non si misura soltanto nel design o nella qualità dei materiali, ma anche nelle condizioni in cui quei prodotti vengono realizzati. Ignorare questo aspetto potrebbe avere costi ben più elevati di quelli legati a una più attenta supervisione della filiera.

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