Domenica la Romania torna alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali, in un contesto politico segnato da instabilità e tensioni. È il momento più critico dalla caduta del regime comunista di Nicolae Ceaușescu nel 1989. Il voto arriva dopo un lungo rinvio e fa seguito all’annullamento dello scrutinio precedente da parte della Corte Suprema di Bucarest. Il 6 dicembre 2024, il candidato outsider conservatore, Calin Georgescu, aveva ottenuto un risultato clamoroso, superando i candidati dell’establishment. La sua vittoria è stata tuttavia invalidata per presunte irregolarità, tra cui il sospetto coinvolgimento della Russia in suo favore. Georgescu è ora escluso dalla corsa e sotto inchiesta, mentre Mosca ha respinto ogni accusa di ingerenza.
Sebbene l’elenco ufficiale comprenda 11 candidati, solo cinque sono considerati realmente competitivi. George Simion, nazionalista ed euroscettico, Nicușor Dan, sindaco di Bucarest, Crin Antonescu, centrista ed ex primo ministro, Victor Ponta, anche lui ex premier e vicino alle posizioni di Donald Trump, ed Elena Lasconi, seconda classificata nel voto annullato. Se nessuno supererà la soglia del 50%, il ballottaggio si terrà il 18 maggio.
QUALI SONO I TEMI IN GIOCO?
Il voto del 2025 potrebbe segnare una svolta decisiva per il futuro orientamento della Romania. L’elettorato appare profondamente deluso da una classe politica incapace di affrontare le crisi istituzionali. Sul piano programmatico, i candidati si dividono in due fronti: da un lato George Simion e Victor Ponta, fautori di una linea nazionalista e contrari agli aiuti militari all’Ucraina; dall’altro Nicușor Dan, Crin Antonescu ed Elena Lasconi, favorevoli a una maggiore integrazione europea, al rafforzamento dell’alleanza con la Nato e al sostegno a Kiev.
Una vittoria di Simion, considerato l’erede politico di Georgescu, potrebbe mettere in discussione l’attuale collocazione internazionale del Paese. Sebbene abbia definito Vladimir Putin un «criminale di guerra», Simion propone un’agenda che rischia di creare fratture con Bruxelles e Washington. Le possibilità della Lasconi si sono ridotte dopo che il suo partito ha deciso di sostenere la candidatura di Dan, indebolendo la sua posizione all’interno dell’elettorato filoeuropeo.
Per Corneliu Bjola, professore di diplomazia digitale all’Università di Oxford, la questione cruciale è l’orientamento strategico della Romania, in un contesto in cui il dibattito è stato inquinato da scandali. «Dal 1989 la Romania ha cercato di integrarsi nello spazio politico ed economico europeo, ma queste elezioni potrebbero invertirne la traiettoria». Un voto mal calibrato rischierebbe di spingere il Paese fuori dall’orbita europea, favorendo gli interessi della Russia.
Secondo Valentin Naumescu, docente di relazioni internazionali all’Università Babeș-Bolyai di Cluj-Napoca, l’annullamento delle precedenti elezioni rappresenta un passaggio cruciale. «La Romania si trova a un bivio — ha affermato — ed è necessario uscire dallo stallo democratico». Il professore individua tre scenari possibili: la continuità moderata rappresentata da Antonescu, l’isolazionismo radicale di Simion e una via filoccidentale ma pragmatica, incarnata da Dan.
CHI VINCERÀ?
I sondaggi indicano George Simion come favorito per l’accesso al secondo turno, con oltre il 30% delle intenzioni di voto. Più incerta appare la corsa per il secondo posto, contesa tra Crin Antonescu e Nicușor Dan, entrambi intorno al 21-22%. La differenza potrebbe giocarsi su pochi punti percentuali.
Corneliu Bjola auspica un ballottaggio tra Dan e Antonescu, ma ritiene improbabile che entrambi riescano a superare il primo turno. Le sue previsioni pendono leggermente a favore di Dan, apprezzato dalla diaspora romena per la sua distanza dai partiti tradizionali come il Partito Socialdemocratico e il Partito Nazionale Liberale.
CHI SONO I CANDIDATI?
George Simion
38 anni, guida l’Alleanza per l’Unione dei Romeni. Sostenitore della riunificazione con la Moldavia, considera la separazione tra i due Paesi un danno agli interessi nazionali. Contrario all’Unione Europea e agli aiuti militari all’Ucraina, ha espresso simpatia per Donald Trump. È sotto indagine per presunte irregolarità nei finanziamenti elettorali, avendo dichiarato spese nulle per la promozione online, nonostante vi siano prove di contenuti sponsorizzati. Dopo essere arrivato quarto nel 2024, aveva appoggiato Georgescu, prospettandogli un ruolo di governo.
Crin Antonescu
65 anni, è un veterano della politica romena, ex leader del Partito Nazionale Liberale e parlamentare dal 1992. Ritiratosi 10 anni fa, è tornato in campo con l’appoggio di una coalizione filoccidentale, composta da Socialdemocratici, liberali e dal partito della minoranza ungherese. Nel 2012 aveva tentato senza successo di rimuovere il presidente Traian Băsescu, attirando le critiche di Bruxelles. Attualmente risiede a Bruxelles con la moglie Adina Vălean, commissario europeo ai Trasporti. Propone un rafforzamento della difesa e il pieno ancoraggio della Romania a Ue e Nato.
Nicușor Dan
55 anni, matematico con formazione in Francia, è sindaco di Bucarest al secondo mandato. Corre da indipendente con lo slogan «Romania Onesta» e punta a combattere la corruzione e semplificare l’apparato statale. Sostenitore dell’Europa e dell’Alleanza Atlantica, propone di aumentare la spesa per la difesa al 3,5% del Pil entro il 2030. È stato criticato per i suoi legami con l’imprenditore Mihai Paun, noto per le sue dichiarazioni filorusse e per affari condotti in Russia e Bielorussia.
Victor Ponta
52 anni, ex primo ministro, propone un’agenda nazionalista ispirata agli Stati Uniti. Dopo le dimissioni seguite a un incendio in una discoteca nel 2015, è tornato alla ribalta promettendo un «cambiamento radicale» e promuovendo il concetto di «Romania Prima». Ha raccontato di aver incontrato Donald Trump a Mar-a-Lago e ha sostenuto Calin Georgescu, proponendone la nomina a capo del governo. Ritiene che l’annullamento delle elezioni sia stato un errore per la democrazia romena.
Elena Lasconi
52 anni, ex giornalista e attuale sindaca di Câmpulung, si era piazzata seconda nel voto di dicembre. La sua candidatura ha perso slancio dopo l’endorsement del suo partito a favore di Dan. Resta però una figura di rilievo nell’area filoeuropea. Ha definito l’annullamento delle elezioni un «colpo di Stato» e sostiene un rafforzamento della difesa e l’invio di aiuti all’Ucraina. È entrata in politica di recente, dopo una lunga carriera nel giornalismo.