Minuscole particelle di plastica si accumulano nelle arterie umane, raggiungendo concentrazioni fino a 50 volte superiori in quelle ostruite rispetto alle arterie sane. Lo indica uno studio recente, che suggerisce come l’inquinamento da plastica possa costituire una nuova minaccia per la salute cardiovascolare.
I micronanoplastici, inferiori a 5 millimetri, e le nanoplastiche, con dimensioni inferiori a 1.000 nanometri, sono talmente piccoli da riuscire a penetrare nei tessuti umani. «Queste plastiche, diffuse in tutto l’ambiente e particolarmente concentrate nelle cosiddette isole di rifiuti oceanici, si frammentano col tempo, si mescolano a suolo e acqua e finiscono per accumularsi nella catena alimentare», ha spiegato il dottor Ross Clark, chirurgo vascolare presso l’Università del New Mexico ad Albuquerque.
LIVELLI DI MICROPLASTICHE LEGATI ALLA SALUTE DELLE ARTERIE
I risultati, ancora in attesa di revisione paritaria, sono stati presentati durante le conferenze scientifiche di Vascular Discovery 2025 dell’American Heart Association, a Baltimora. Le analisi hanno rilevato la presenza di micronanoplastiche nelle arterie carotidi con placche in quantità almeno 50 volte superiori rispetto a quelle sane. Lo studio ha esaminato 48 campioni di arterie carotidi, i vasi responsabili dell’apporto di sangue ossigenato al cervello, prelevati da adulti tra i 60 e i 90 anni presso l’Università del New Mexico tra il 2023 e il 2024. Un terzo dei campioni proveniva da pazienti operati per rimuovere placche a causa di sintomi come ictus, attacchi ischemici transitori o perdita temporanea della vista. Un altro terzo riguardava soggetti con placche ma privi di sintomi, mentre il restante gruppo includeva donatori deceduti per cause diverse, senza segni di ostruzione carotidea.
Nei soggetti con placche asintomatiche, la concentrazione di micronanoplastiche era 16 volte superiore rispetto a quella rilevata nelle arterie sane di donatori coetanei. Nei pazienti con sintomi legati a ostruzioni, i livelli risultavano 51 volte più alti. Le arterie sane sembrano dotate di meccanismi efficaci per l’eliminazione di rifiuti e materiali estranei, meccanismi che appaiono compromessi in presenza di placche. Le alterazioni del flusso sanguigno associate a queste formazioni possono inoltre ostacolare la rimozione delle particelle plastiche dalle pareti arteriose.
LO STUDIO NON HA TROVATO UN LEGAME DIRETTO
Il confronto tra placche con alte e basse concentrazioni di plastica non ha evidenziato una correlazione diretta con processi infiammatori acuti. Tuttavia, sono emerse differenze nell’attività genica delle cellule immunitarie vicine alle placche, benché non siano ancora chiare le implicazioni di tali variazioni. «Gli effetti biologici dei micronanoplastici sui depositi di grasso risultano complessi e non riconducibili semplicemente a un’infiammazione improvvisa» spiega il dottor Clark.
L’assenza di un nesso diretto suggerisce la possibile influenza di fattori ancora sconosciuti. La ricerca si inserisce nel solco di uno studio italiano precedente che aveva associato la presenza di queste particelle nelle placche carotidee a un aumento del rischio di morte, infarto o ictus non fatale, nel corso di un follow-up di quasi tre anni. «Si tratta di uno studio allarmante e innovativo, poiché l’esposizione a micronanoplastiche non era mai stata considerata un fattore di rischio modificabile per l’ictus» spiega la dottoressa Karen L. Furie, neurologa non coinvolta nella ricerca.
Il dottor Clark invita tuttavia alla prudenza nell’interpretazione dei dati. «È fondamentale comprendere come questi materiali interagiscano con l’organismo, ma siamo solo all’inizio. Gli effetti biologici saranno chiari solo tra molti anni». Lo studio presenta limiti significativi: non dimostra un rapporto di causa-effetto tra plastica e malattia arteriosa, potendo indicare semplicemente la presenza di altri problemi di salute. Inoltre, la misurazione precisa delle particelle è resa difficile dalla possibile interferenza dei grassi, che durante i test possono essere scambiati per plastica. Nel contesto scientifico, si ricorda che una correlazione non implica necessariamente causalità, come sottolineato dal tossicolo Alex LeBeau. «Servono ulteriori ricerche per determinare se esista un danno diretto associato alla presenza di microplastiche — ha affermato — Attualmente, le informazioni sugli effetti sulla salute umana restano limitate».
RIDURRE L’ESPOSIZIONE
Le proiezioni attuali indicano che la produzione globale di plastica supererà 1 miliardo di tonnellate metriche nei prossimi 20 anni. Con il tempo, queste plastiche si frammentano in particelle che contaminano acqua, aria e suolo. Micro e nanoplastiche si riscontrano ormai ovunque: nel sale da cucina, nell’acqua piovana, nei frutti di mare, nell’acqua in bottiglia, nella polvere domestica e perfino negli organi umani, come dimostra questo studio. Evitare completamente l’esposizione è impossibile, ma è possibile ridurla adottando alcune precauzioni: evitare di riscaldare alimenti in contenitori di plastica, preferire bottiglie in vetro o acciaio inox, scegliere cibi naturali rispetto a quelli ultra-processati e altamente confezionati.
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