Xi Jinping e la ricostruzione della cultura tradizionale cinese

I leader del Partito Comunista Cinese hanno sempre parlato di una ‘nuova Cina’. Per esempio durante la Rivoluzione Culturale di Mao Zedong (1966-1976), la popolazione fu costretta a cantare e mettere in scena le canzoni e il teatro rivoluzionario, rinnegando però quegli antichi costumi e tradizioni di cinquemila anni come la poesia e la danza classica.

Tuttavia, il quinto il leader del regime cinese ha recentemente lodato la cultura tradizionale cinese con toni quasi reverenziali. Il 30 novembre, a Pechino, al cospetto di oltre tremila intellettuali e di tutto il Comitato Permanente del Politburo, Xi Jinping ha infatti affermato che bisogna attingere alla tradizione per inaugurare una «grande rinascita culturale».
«La capacità del popolo cinese di progredire incessantemente e continuamente per riprendersi dalle battute d’arresto, è inevitabilmente legata al potente sostegno della cultura cinese – ha affermato Xi – La filosofia senza paragoni della cultura cinese, la sua saggezza, le buone maniere e la sua grazia, rafforzano la fiducia e l’orgoglio più intimo dei cittadini e del popolo cinese». I letterati devono «diligentemente cercare un’autentica erudizione, una buona moralità, una buona condotta e un gusto estetico di alto livello».

Xi ha anche dimostrato di conoscere la cultura cinese, esponendo nel suo discorso alcune massime classiche, come «la penna dei letterati incoraggia la compassione e punisce il male»: una visione inaspettata per il leader di un regime che ha gravemente violato i diritti umani per oltre 60 anni.

Naturalmente, il discorso di Xi, di oltre 9.500 parole, conteneva anche i consueti riferimenti obbligatori al «socialismo» e al ruolo del Partito nella «guida» degli sviluppi culturali della Cina. In effetti, il suo discorso può in qualche modo essere interpretato come un progetto a lungo termine del Partito Comunista per legittimare il suo regime, collegandolo a idee e tradizioni pre-comuniste.

Tuttavia secondo Li Tianxiao, analista politico indipendente, le lodi così evidenti alla cultura tradizionale, per non parlare di alcune parole molto specifiche utilizzate da Xi Jinping, sono da interpretarsi come «una rottura della struttura del Partito Comunista Cinese». Difatti il Partito, ateo per natura, sebbene si fosse appropriato in passato di alcune tradizioni come la calligrafia o la danza popolare, ha «sempre rifiutato il lato della cultura tradizionale cinese ispirato al Divino – ha spiegato Li – Il fatto che Xi abbia riconosciuto la grazia della cultura cinese è un rifiuto della definizione stessa della cultura del Partito Comunista».

L’analista ha poi precisato che la scelta di Xi di parlare dell’ideogramma che significa ‘grazia’ – Shen Yun – è significativa poiché «non poteva non conoscere o non aver mai sentito parlare di Shen Yun Performing Arts negli Stati Uniti». Shen Yun è una compagnia di danza e musica classica cinese con sede a New York che si pone la missione di far rivivere i cinquemila anni di civiltà cinese. Negli ultimi dieci anni, questa compagnia si è esibita in centinaia di città in tutto il mondo (anche in Italia), spesso in teatri di alto livello, ricevendo il plauso di celebrità e artisti. E questo novembre il Fei Tian College, la scuola presso cui i ballerini di Shen Yun apprendono la tecnica di danza classica, è stato autorizzato a offrire un master in danza classica cinese, diventando l’unico istituto di istruzione superiore riconosciuto negli Stati Uniti in tale ambito.

Finora, il regime cinese ha impedito a Shen Yun di esibirsi in Cina, spesso interferendo con le sue esibizioni all’estero, poiché alcuni suoi atti parlano delle violenze subite dai praticanti della disciplina spirituale del Falun Gong, perseguitata per ordine dell’ex leader del Partito Jiang Zemin.

Tuttavia, l’attuale leadership sta prendendo le distanze dalla campagna politica di Jiang e secondo Li Tianxiao le parole di Xi costituiscono un puntuale «segnale di convalida» per Shen Yun Performing Arts (che tra l’altro nel 2017 potrebbe per la prima volta esibirsi nel governo semiautonomo di Hong Kong grazie all’incoraggiamento di New Tang Dynasty Television, media partner di Epoch Times, nei confronti del governo della città).

Questo discorso di Xi è coerente con le sue idee riguardanti la cultura tradizionale cinese, mostrate fin dalla sua salita al potere. Per esempio nel 2013, durante una visita al tempio di Confucio a Qufu, aveva citato gli insegnamenti del noto filosofo in numerosi discorsi. Inoltre, a metà ottobre Xi ha citato un’opera di Yue Fei (noto generale e patriota della Dinastia Song) come suo testo preferito.
E attualmente la polizia disciplinare del Partito, che gestisce la campagna anticorruzione di Xi, fa spesso riferimento a storie dell’antica Cina sulla corruzione per trarne una lezione e tracciare un parallelo fino ai giorni nostri.
Infine, alla fine del mese, un funzionario di Shanghai ha rilasciato un’intervista a Epoch Times di New York, parlando dell’«apprezzamento reverenziale e dello studio approfondito» dei cinquemila anni di cultura cinese da parte di Xi.

Articolo in inglese: ‘Xi Jinping Lauds Chinese Culture in Unusually Bare Terms

Traduzione: Massimiliano Russano

 
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