Usa, l’inflazione del cibo raggiunge il livello più alto in 43 anni. Altro che 0%

Di Tom Ozimek

Il ritmo annuale dell’inflazione negli Stati Uniti è leggermente diminuito a luglio, ma un’analisi più approfondita dei numeri rivela che alcune delle categorie di beni che colpiscono particolarmente duramente le tasche degli americani sono aumentate vertiginosamente. Il prezzo dei generi alimentari, per esempio, è balzato al livello più alto dal 1979.

Il Bureau of Labor Statistics (Bls) ha riferito il 10 agosto che il ritmo principale dell’inflazione, come riflesso nell’indice dei prezzi al consumo (Cpi), è sceso dal recente picco del 9,1% di giugno all’8,5% di luglio.

La cifra dell’inflazione Cpi mese su mese è arrivata allo 0%, il che significa che il ritmo generale di crescita dei prezzi è rimasto piatto tra giugno e luglio, spingendo il presidente Joe Biden a gridare alla vittoria dicendo che «l’economia ha avuto un’inflazione dello zero per cento nel mese di luglio».

Ma alcuni Repubblicani e economisti non sono d’accordo col messaggio della Casa Bianca sull’inflazione «zero» e sostengono che Biden abbia rappresentato i dati in maniera ingannevole, concentrandosi sul ritmo di crescita dello 0% mese su mese, ma trascurando il fatto che il tasso anno su anno, che tende ad essere il dato più comunemente riportato, è rimasto all’8,5 per cento.

«È un falso trucco di matematica. Questa è la variazione complessiva dell’indice di un mese. Nel complesso, ciò significa che il forte calo di olio combustibile e gas (a seguito di precedenti massicci aumenti mensili) ha sommerso gli enormi aumenti ovunque», ha scritto Jeffrey Tucker, presidente del think tank del Brownstone Institute ed editorialista di Epoch Times.

Infatti, mentre il ritmo annuale dell’inflazione dell’8,5% ha visto in effetti un rallentamento rispetto al mese precedente, diverse categorie di beni utilizzate per calcolare l’indice dei prezzi sono aumentate vertiginosamente, con un indicatore chiave che ha raggiunto un massimo multidecennale.

L’indice del cibo a casa, che rappresenta il cibo acquistato in luoghi come i negozi di alimentari per il consumo a casa, è balzato del 13,1% annuo, ovvero al ritmo più veloce dal marzo 1979.

«I consumatori stanno avendo sollievo alla pompa di benzina, ma non al negozio di alimentari», ha detto a Epoch Times l’analista finanziario capo di Bankrate Greg McBride, via e-mail. «I prezzi del cibo, e in particolare il costo del cibo a casa, continuano a salire, aumentando al ritmo più veloce degli ultimi 43 anni».

In termini mensili o annuali, l’inflazione alimentare sale alle stelle

Alcuni dei maggiori aumenti anno su anno negli alimenti acquistati per il consumo a casa, includono farina (+22,7%), pollo (+17,6%), latte (+15,6%), pane (+13,7%) e uova (+ 38%).

E anche se la crescita complessiva dell’indice Cpi mese su mese è stata dello 0,0%, la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari che compongono l’indice ha visto anche aumenti di mese in mese, comprese le patate (+4,6%), il caffè (+2,7%), il burro di arachidi (+3,5%), il pollo (+1,4%) e le uova (+4,3%).

Anche il costo della componente shelter (abitazioni e simili) è aumentato sia in termini annuali che mensili, salendo del 5,7% nell’anno e dello 0,6% nel mese.

Gli esperti affermano che la natura in ritardo della componente shelter dell’indice dei prezzi, significa che è probabile che le pressioni inflazionistiche rimarranno elevate per almeno molti altri mesi.

«I costi shelter stanno ancora aumentando a un ritmo vertiginoso e hanno rappresentato il 40 percento dell’aumento del Cpi principale», ha affermato McBride. «Le variazioni dei prezzi degli affitti, in particolare, tendono a ritardare gli aumenti dei prezzi delle case, quindi possiamo aspettarci di vedere continui aumenti nei mesi a venire in quella che è la componente più grande dell’indice di inflazione».

La cosiddetta misura dell’inflazione Cpi «core», che esclude cibo ed energia ed è vista come un indicatore migliore delle pressioni sui prezzi sottostanti, è rimasta invariata a luglio al 5,9% in termini annuali e in aumento dello 0,3% in termini mensili.

Il fatto che l’Ipc core sia aumentato nel corso del mese suggerisce che l’inflazione potrebbe rimanere più a lungo e mantenere la pressione sulla Fed affinché continui ad aumentare i tassi in modo aggressivo, nonostante le azioni e altri asset rischiosi siano saliti a seguito del dato dell’inflazione relativamente debole di mercoledì.

«Non è ancora nemmeno lontanamente la fine»

A commentare il dato dell’inflazione di mercoledì è stata la presidente della Fed di San Francisco Mary Daly, che ha cercato di mitigare le aspettative del mercato secondo cui la Fed potrebbe presto allontanarsi da politiche monetarie più restrittive: «Ci sono buone notizie sui dati mensili secondo cui consumatori e aziende stanno ottenendo un certo sollievo, ma l’inflazione rimane troppo alta e non vicino al nostro obiettivo di stabilità dei prezzi», ha affermato la Daly al Financial Times, unendosi ad altri funzionari della Fed che hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in cui respingono l’ottimismo del mercato su aumenti dei tassi minori in futuro.

La Daly ha citato l’aumento dei prezzi core, guidato da un aumento dell’inflazione dei servizi, che secondo lei dimostra che i segni di allentamento dell’inflazione sono scarsi: «Questo è il motivo per cui non vogliamo dichiarare la vittoria sull’inflazione in calo. Non è ancora nemmeno lontanamente la fine».

Il presidente della Minneapolis Federal Reserve Bank Neel Kashkari ha dichiarato mercoledì di ritenere che la Fed aumenterà il suo tasso di riferimento di altri 1,5 punti percentuali quest’anno e di più nel 2023: la banca centrale, sostiene, è determinata a schiacciare l’inflazione anche qualora questo provocasse una recessione.

La Fed è «lontana dal dichiarare vittoria» sull’inflazione, ha spiegato Kashkari, nonostante la notizia positiva nel rapporto Cpi secondo cui l’inflazione potrebbe essersi leggermente raffreddata.

Kashkari ha riconosciuto che i forti aumenti dei tassi della Fed potrebbero spingere l’economia in una recessione, ma ritiene che sia un rischio che valga la pena correre per far scendere i prezzi.

L’economia statunitense si è contratta per due trimestri consecutivi, il che soddisfa la definizione informale di una recessione; tuttavia la recessione non è stata ancora formalmente dichiarata tale dal comitato di economisti del National Bureau of Economic Research, che serve come arbitro ufficiale in materia.

 

Articolo in inglese: Grocery Inflation Hits Highest Level in 43 Years Despite Biden’s ‘Zero’ Inflation Messaging

NEWSLETTER
*Epoch Times Italia*
 
Articoli correlati