Nel 2023 sono aumentate le proteste dei lavoratori cinesi. Esperto: a rischio il governo del Pcc

Di Sophia Lam

Secondo un gruppo per i diritti umani con sede a Hong Kong, nel 2023 i lavoratori cinesi hanno organizzato il doppio delle proteste per difendere i loro diritti.

Gli osservatori cinesi affermano che manifestazioni così diffuse potrebbero portare alla caduta del Partito Comunista Cinese (Pcc).

Il China Labour Bulletin (Clb), un’organizzazione no-profit di Hong Kong che «sostiene e si impegna attivamente con il movimento operaio emergente in Cina», ha riferito che nel 2023 ci sono state di 1.779 proteste, tra massicci licenziamenti, riduzione dei salari e chiusura di imprese nel Paese.

L’emergere di proteste operaie cinesi su larga scala è «un risultato inevitabile» della crisi economica cinese, secondo quanto ha spiegato Lai Jianping, ex avvocato cinese e commentatore di attualità con sede in Canada, in una recente intervista con l’edizione in lingua cinese di Epoch Times.

Il signor Lai ritiene che le proteste potrebbero portare alla fine del regime comunista cinese.

Proteste nazionali dei lavoratori nel 2023

L’economia cinese è rimasta stagnante nel 2023 nonostante un brusco allentamento delle draconiane misure Zero-Covid a partire da dicembre 2022.

Secondo il Clb, la riduzione degli ordini da parte di acquirenti internazionali e le cattive condizioni economiche del Paese hanno portato le fabbriche a licenziare i lavoratori, a trasferirsi per ridurre al minimo i costi o a chiudere del tutto.

Il rapporto del Clb rivela che le proteste erano legate principalmente ai settori orientati all’esportazione – come elettronica, abbigliamento, giocattoli e automobili – e che i lavoratori protestavano per salari, licenziamenti e delocalizzazioni e chiedevano risarcimenti.

Le proteste sono scoppiate in tutta la Cina, comprese i quattro comuni sotto l’amministrazione diretta del Pcc.

Secondo il rapporto Clb, lo scorso anno la provincia del Guangdong, un importante polo manifatturiero, ha registrato 510 proteste di varie dimensioni, il numero più alto del Paese.

Secondo quanto riferito, il secondo maggior numero di proteste (108) si trova nella provincia dello Shandong, seguita dalla provincia dell’Henan e dalla provincia dello Shanxi (100 proteste registrate in ciascuna).

Dei quattro comuni, la capitale Pechino avrebbe registrato 33 proteste lo scorso anno, mentre Shanghai 47, Chongqing 35 e Tianjin 25.

Il 7 gennaio dello scorso anno, a Chongqing è scoppiata una protesta su larga scala dopo che migliaia di lavoratori sono stati improvvisamente licenziati da Zybio, Inc., un produttore di kit per test Covid-19: una delle prime proteste nel primo mese del 2019 dove le autorità locali hanno inviato la polizia antisommossa.

Altre proteste

Secondo Nikkei Asia, tra giugno 2022 e ottobre 2023, nel Paese sono state registrate 1.777 manifestazioni legate al settore immobiliare. Due terzi di questi manifestanti erano acquirenti e proprietari di case che hanno protestato per «ritardi nei progetti, violazioni contrattuali, presunte frodi e lavorazione scadente». La maggior parte dei manifestanti rimasti erano operai edili che chiedevano salari non pagati.

Invece, il 21 luglio 2023, migliaia di genitori si sono radunati presso varie agenzie governative della città di Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, per protestare contro una politica governativa che limita l’accesso degli studenti alle opportunità di istruzione superiore e universitaria.

A causa del modo in cui le autorità cinesi nascondono informazioni, è difficile valutare la reale portata di queste proteste.

«Devono lottare per la loro sopravvivenza»

Lai ha affermato che le recenti campagne in difesa dei diritti in Cina coinvolgono «maggiori numeri» di partecipanti e che gli eventi sono «più intensi che mai».

Ha aggiunto che molte persone si trovano attualmente ad affrontare la povertà estrema, prive di risorse finanziarie per sostenere le proprie famiglie, pagare l’istruzione dei propri figli, coprire le spese mediche e ripagare i mutui: «Questi individui possono solo farsi avanti per difendere i loro diritti legittimi, per chiedere salari arretrati e opportunità di lavoro».

Inoltre, con un ritorno ai principi dell’era rivoluzionaria di Mao Zedong, il leader cinese Xi Jinping «ha dissuaso gli investitori stranieri e gli imprenditori privati ​​cinesi dal impegnarsi con la Cina».

Li Yuanhua, ex studioso di storia cinese ora residente in Australia, ritiene che le diffuse proteste tra i lavoratori derivino principalmente dalla loro «volontà di sopravvivere»: «La classe privilegiata all’interno del Pcc ha saccheggiato i beni sociali, mentre i lavoratori cinesi agli strati più bassi della società sono stati spinti al limite. Incapaci di garantire i loro bisogni primari e la sopravvivenza, sono costretti a prendere una posizione».

Il sistema di assistenza sociale cinese è sull’orlo del collasso e non può fornire alcun sostegno alle classi operaie povere, che «devono lottare per la propria sopravvivenza».

Le proteste di massa potrebbero porre fine al governo del Pcc

Il Pcc ha adottato un approccio pesante per reprimere dissidenti e manifestanti e mantenere il suo governo autoritario.

Tuttavia, quando le persone lottano per la sopravvivenza, non temono più la repressione del Pcc, spiega Li, e questo è ciò che il regime teme. «Questo tipo di resistenza da parte della gente è genuina e non teme la violenta repressione del Pcc. Per loro la resistenza può portare alla morte, ma senza resistenza la morte è inevitabile. Allora perché non dovrebbero resistere?».

Secondo Lai, il Pcc non può reprimere efficacemente tutte le campagne di protesta a livello nazionale: «Il Pcc si trova ad affrontare sfide diffuse, con ondate di disoccupazione e licenziamenti che colpiscono varie industrie e settori. Proteste e incidenti in difesa dei diritti si susseguono continuamente, con disordini che esplodono ovunque nel Paese. […] Posso prevedere che il Pcc non ha modo di gestirli».

«In una certa misura, questa situazione rappresenta una minaccia significativa per il governo del regime comunista», ha affermato.

«Come dice un vecchio detto cinese: “Se le persone non hanno paura di morire, non serve a nulla minacciarle di morte”».

 

Articolo in inglese: Chinese Workers’ Protests Doubled in 2023, Posing a Threat to CCP’s Rule: China Observers

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