Medici dei trapianti: niente più documenti alla Cina

Il settore medico, preoccupato per il prelievo forzato di organi, ha chiesto alle società mondiali di trapianti di vietare l’invio di documenti riguardanti gli organi alla Cina.

L’appello fa seguito alla prima restrizione emessa dall’associazione internazionale no profit (Ishlt) per il trapianto di cuore e polmone. Il gruppo ha annunciato a fine agosto di non accettare più ricerche sui trapianti d’organi provenienti dalla Cina, nel tentativo di porre fine a questa violazione dei diritti umani.

Il 22 settembre, il team guidato dal chirurgo britannico dei trapianti di rene Adnan Sharif ha accolto con favore questa decisione tramite un articolo pubblicato su The Journal of Heart and Lung Transplantation.

«L’Ishlt si è fermamente allineato a questi principi etici, che noi applaudiamo; e preghiamo altri a seguire il loro esempio», ha dichiarato il team medico.

«Nonostante lo scambio internazionale di conoscenze, abilità e competenze sia stato un apprezzato segno distintivo della donazione e del trapianto di organi, la collaborazione con un programma di trapianto eseguito, secondo inconfutabili prove, senza etica [equivale, ndr] a crimini contro l’umanità in relazione alle fonti di donazione di organi», ha affermato.

Il prelievo forzato di organi è attuato su larga scala in Cina da anni: i praticanti del Falun Gong imprigionati risultano essere la fonte primaria di organi e quindi le principali vittime.

Il Falun Gong, è una disciplina spirituale che consiste in esercizi di meditazione e insegnamenti morali basati sui principi di ‘Verità, Compassione e Tolleranza’, ed è brutalmente perseguitato dal Pcc dal 1999. Gli aderenti a questa pratica vengono rinchiusi in prigioni, campi di lavoro forzato e cosiddetti centri di lavaggio del cervello, dove molti sono stati e vengono tuttora torturati nel tentativo di costringerli a rinunciare alla loro fede.

Dopo un anno di indagini, il China Tribunal (tribunale indipendente che ha indagato sul prelievo forzato di organi), ha concluso che il regime cinese ha commesso crimini contro l’umanità e ha dichiarato che i governi e gli enti internazionali «devono prendere provvedimenti urgenti» in merito a questa realtà.

«La collaborazione pone quindi gravi rischi per le istituzioni, i gruppi e le società di trapianto, di complicità con crimini atroci e di conseguente perseguimento legale», hanno dichiarato i tre medici.

I dati ufficiali «non sono attendibili»

Nel 2015 il regime cinese ha dichiarato che avrebbe interrotto il prelievo di organi dai prigionieri giustiziati e si sarebbe affidato esclusivamente a un sistema di donazione volontaria di recente istituzione.

Tuttavia, Sharif e altri ricercatori hanno contestato le affermazioni del Pcc, sollevando preoccupazioni dopo che recenti indagini hanno messo in dubbio la veridicità delle statistiche ufficiali cinesi sulle attività di donazione e trapianto.

«I numeri riportati da Pechino sulla donazione di organi non reggono e ci sono prove attendibili che vengano falsificati», secondo quanto sostiene uno studio del 2019 pubblicato sulla rivista scientifica Bmc Medical Ethics

Un rapporto separato pubblicato nel febbraio 2019 sulla rivista medica Bmj  ha rilevato che su 445 documenti medici cinesi ben 440 non chiarivano se le persone avessero dato il consenso a donare i propri organi. Lo studio si basa su un’analisi di articoli riguardanti ricerche su trapianti di organi nella Cina continentale pubblicati su riviste peer-reviewed in lingua inglese tra il 2000 e il 2017.

Appello

Nel 2021, dodici relatori delle Nazioni Unite ed esperti di diritti umani, hanno dichiarato congiuntamente di essere «estremamente allarmati dalle notizie sul prelievo di organi da parte di Pechino da minoranze imprigionate, tra cui praticanti del Falun Gong, uiguri, tibetani e cristiani».

Sharif ha esortato le riviste mediche a rifiutare la pubblicazione di articoli provenienti da Pechino sulla ricerca di trapianti di organi.

«Date le accuse credibili e l’assenza di prove del contrario, possiamo essere sicuri che la pratica cinese sia conforme al diritto internazionale e alle norme etiche? In caso contrario, la ricerca legata a trapianti non etici è essa stessa non etica», ha affermato Sharif in un articolo pubblicato nel 2021.

L‘Ishlt ha aggiornato la sua politica in materia di etica dei trapianti.

«Dato l’insieme delle prove secondo cui il governo della Repubblica Popolare Cinese continua a sostenere sistematicamente il prelievo di organi da prigionieri giustiziati, le proposte del Pcc relative ai trapianti che coinvolgono organi o tessuti provenienti da donatori non riconosciuti non saranno accettate dall’Ishlt», ha dichiarato l’organizzazione.

Nel loro ultimo appello a sostenere i pilastri etici della professione, Sharif e i suoi coautori hanno messo in guardia i professionisti dal formare medici o chirurghi in visita che potrebbero utilizzare le conoscenze acquisite in «trapianti basati su organi di prigionieri giustiziati o qualsiasi altro crimine legato ai trapianti» nei loro Paesi d’origine.

«Riteniamo che questo sia un passo coraggioso che sottolinea l’integrità etica della società e invitiamo altre associazioni di trapianti a seguire questo esempio», hanno concluso i tre medici.

Articolo in inglese: Global Transplantation Communities Urged to Ban Research From China

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