Le banche americane… non sono a posto

Sono passati nove mesi dal crollo spettacolare e improvviso della Silicon Valley Bank. Ma dopo aver assistito a tre dei quattro maggiori fallimenti bancari della storia degli Stati Uniti nel 2023, l’attenzione dei media e dei mercati si è rivolta altrove. Crisi bancaria? È come se non fosse mai avvenuta. Dopo un calo del 40% a marzo, l’indice bancario del Nasdaq ha recuperato il 15% rispetto ai massimi di febbraio. Negli ultimi mesi, quasi tutti i mercati hanno registrato una corsa al rialzo, compresi i titoli bancari.

Tuttavia, nonostante la relativa tranquillità, il settore bancario non è in gran forma. Ecco alcuni dei motivi.

Le banche continuano a perdere depositi. Secondo i dati della Federal Deposit Insurance. Corp. (Fdic), le banche statunitensi hanno perso depositi per sei trimestri consecutivi. Sebbene il ritmo sia rallentato rispetto al primo trimestre del 2023, in cui quasi 500 miliardi di dollari di depositi sono stati rimossi dal sistema bancario, comunque ben 190 miliardi sono stati ritirati negli ultimi due trimestri. Dall’inizio del 2022, quando i tassi d’interesse hanno iniziato a salire, le banche statunitensi hanno infatti perso 1.100 miliardi di dollari di depositi.

Con la scarsità nell’aumento di depositi dei clienti, le banche statunitensi si affidano invece alle linee di finanziamento di emergenza delle Federal Reserve Banks e del sistema della Federal Home Loan Bank (Fhlb). La raccolta di capitali obbligazionari della Fhlb, i cui proventi sono utilizzati per finanziare le banche, è aumentata dell’89% su base annua fino a novembre e sembra destinata a raggiungere i 1.100 miliardi nel 2023. Il ricorso al Bank Term Funding Program, la linea di emergenza istituita dalla Fed nel marzo 2023, ha raggiunto la scorsa settimana il massimo storico di 131 miliardi e 300 milioni di dollari. Questo non riflette le normali operazioni di mercato. Questo è un segno che i mercati della liquidità bancaria non stanno funzionando correttamente e che le autorità di regolamentazione stanno intervenendo per aiutare a sostenere il sistema.

Questo per quanto riguarda il lato delle passività. Ma le banche devono affrontare sfide anche dal lato patrimoniale. Le perdite non realizzate sui titoli di investimento, lo stesso problema che ha messo nei guai la Svb un anno fa, continuano ad aumentare. Nel terzo trimestre le banche statunitensi hanno registrato perdite non realizzate per oltre 684 miliardi, un aumento del 22% rispetto al secondo trimestre. Di queste perdite non realizzate sui titoli, 294 miliardi sono classificati come disponibili per la vendita (Afs), in contrapposizione a quelli detenuti fino a scadenza (Htm), in base ai quali la banca intende detenere il bene e (si spera) recuperare entro la scadenza. L’elevata quantità di Afs suggerisce che se i tassi di interesse rimarranno «più alti più a lungo», una parte di queste perdite inizierà a realizzarsi nel 2024, quando le banche le venderanno. Questo metterà sotto pressione la redditività e i livelli di capitale.

Il reddito netto è in calo in tutto il sistema bancario, ma in particolare nelle banche comunitarie più piccole. La qualità del credito si sta deteriorando, ma non ha ancora raggiunto il livello di crisi. Il settore immobiliare commerciale continua a guidare l’aumento dei prestiti problematici.

Per far crescere (o almeno rallentare il declino de) i depositi, le banche dovranno offrire tassi che siano in qualche modo competitivi con i fondi del mercato monetario (considerando che i depositi bancari sono assicurati dalla Fdic e quindi relativamente sicuri) e che offrano rendimenti reali positivi (cioè al netto dell’inflazione). Con un’inflazione che persiste nell’ordine del 3-4%, questo significa che le banche dovranno offrire il 4-5% per essere rilevanti. Questo non funzionerà per le banche. Non saranno in grado di mantenere la redditività. E non funzionerà per il Tesoro degli Stati Uniti, impegnato in emissioni obbligazionarie da mille miliardi di dollari ogni trimestre, che anche deve offrire un tasso di interesse positivo al di sopra delle percezioni degli investitori sull’inflazione e sul deterioramento delle condizioni fiscali del governo statunitense.

Se i costi di finanziamento aumenteranno ulteriormente, o se le perdite non realizzate inizieranno a realizzarsi, le banche inizieranno a subire colpi ai loro livelli di capitale. Questo spaventerà i mercati, compresi i depositanti, e potremmo trovarci al secondo turno di corse ai depositi. Per evitare queste sfide, alcune banche stanno cercando di fondersi. Sono state annunciate 78 fusioni bancarie nella seconda metà del 2023, soprattutto tra le banche più piccole e comunitarie. Ma questo non funzionerà in molte situazioni in cui il risultato è il proverbiale «due ubriachi che si sorreggono a vicenda».

L’ottimismo degli investitori permea i mercati verso la fine dell’anno, con la maggior parte delle classi di attività che continuano a salire. Ma non dobbiamo perdere di vista le banche. Non sono ancora fuori pericolo. Sebbene esista uno scenario «goldilocks» (favorevole, ideale) in cui il settore bancario compie un atterraggio morbido, il rischio di un’altra serie di fallimenti bancari nel 2024 rimane significativo.

 

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente i punti di vista di Epoch Times.

Articolo in lingua inglese: The Banks Are Not OK

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