Il Grande Fratello di internet in Cina

La Cina ha già due milioni di ‘commissari del popolo’ impiegati nel monitoraggio di internet, ma sembra che non siano sufficienti. Da un anno infatti, solo chi partecipa a un corso di formazione può ottenere un attestato che istruisce in modo preciso su quali siano le informazioni da censurare; in questo modo le reclute diventano degli ‘specialisti online della gestione dell’opinione pubblica’. La mossa è parte del tentativo di Pechino di professionalizzare e consolidare la sua gestione delle opinioni su internet. 

Le sessioni di formazione per questi specialisti si sono tenute a Pechino a marzo 2014, a cui sono seguiti dei test e alla fine il rilascio del certificato. Il controllo dell’opinione pubblica è sempre stato prioritario per il regime in Cina, soprattutto da quando internet e i social network si sono molto sviluppati. Il Partito Comunista, per non farsi prendere in contropiede, ha preso una serie di contromisure per riaffermare il controllo statale sui canali dei social. Inoltre il Partito teme i disordini sociali in Cina, e tenta di gestire, manipolare e controllare l’opinione pubblica online per scongiurare la nascita di proteste spontanee. 

Secondo quanto affermato da Xinhua, il primo corso di sei giorni di apprendimento di queste tecniche manipolatorie si è tenuto dal 27 marzo al primo aprile 2014 presso gli uffici di Xinhua, l’agenzia stampa portavoce del Partito Comunista Cinese, in collaborazione con il National Public Opinion Standardized Test Center (Npst). L’iniziativa è «un compito importante per tutti i livelli di governo e per i leader», aveva riferito Xinhua, che aggiungeva che quasi nessuno era lasciato fuori.
La formazione si rivolge infatti ai quadri a tutti i livelli di governo: dal dipartimento di propaganda, al sistema di pubblica sicurezza, dalla magistratura alle scuole e all’università, fino ad arrivare ai centri di ricerca scientifica e alle unità di pubbliche relazioni in grandi e medie imprese. 

I partecipanti si sottopongono a un test di tre ore e, se lo superano, viene loro concesso il certificato del Ministero dell’Industria e dell’Informatica per un costo di mille euro.
Ci sono cinque livelli: assistente analista, analista, analista senior, manager e senior manager. Il National Public Opinion Standardized Test Center ha definito il modo in cui il controllo dell’opinione dovrebbe funzionare: i nuovi commissari del popolo di internet saranno addestrati a prevenire la diffusione delle ‘voci’ su Weibo o su altre piattaforme di microblogging; controlleranno i messaggi ed elimineranno quelli che sono ritenuti dannosi. Inoltre, utilizzando tecnologie di filtraggio avanzate per identificare i messaggi problematici, dovranno «rapidamente filtrare le informazioni false, dannose, errate o anche reazionarie». 

A quanto pare, chi diffonde «voci» sarà «punito severamente». Per esempio secondo 64 Tianwang, un noto sito sui diritti umani in Cina, il 9 marzo 2014, tre attivisti reporter di sito sono stati arrestati per «disturbo dell’ordine sociale», dopo che avevano documentato le proteste dei petizionisti a Pechino la settimana precedente, nel corso di due importanti raduni politici. Un altro caso è quello di Jing Wang, che è stato arrestato per aver filmato una manifestante che stava cercando di darsi fuoco in piazza Tiananmen il 5 marzo 2014. Il media statale China News aveva riferito che il Dipartimento di Pubblica sicurezza di Pechino aveva premiato i due poliziotti che « intervenivano con successo sull’inaspettato incidente» dell’autoimmolazione. 

«Rivelare la verità in Cina è proibito dalle autorità comuniste cinesi», ha dichiarato Huang Qi, attivista per i diritti e fondatore del sito web Tianwang 64, in un’intervista con New Tang Dynasty Television. «Centinaia di persone sono state represse e arrestate dal Partito Comunista cinese per aver rivelato la verità negli ultimi anni. Se le autorità continuano a reprimere la libertà di stampa, la corruzione sarà sempre più dilagante e la gente si farà avanti fino a opporsi». 

Articolo in inglese: ‘Orwell Meets McKinsey & Co. in China’s Internet Control

 
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