I college americani investono milioni sulle idee dei giovani

Le università sono fabbriche che sfornano innovazione e nuove tecnologie, ma alcune delle buone idee che vengono fuori dai loro laboratori potrebbero non veder mai la luce: trasformarle in realtà richiede soldi, pazienza e convinzione, da parte degli investitori.

Tuttavia, grazie alle decine di fondi di venture capital che si sono diffuse negli Stati Uniti negli anni recenti, le idee intelligenti possono ora facilmente spiccare il volo. The Engine, un fondo di venture capital del Massachusetts Institute of Technology (Mit) è uno di questi: «Le università – spiega Katia Rae, presidente e amministratore delegato di The Engine – stanno cercando di comprendere come sostenere meglio le compagnie che nascono nei loro laboratori. E sta diventando una tendenza».

Fondata a ottobre 2016, The Engine aiuterà gli studenti del Mit e la loro facoltà a trasformare le buone idee in buone aziende. Il fondo ha ottenuto più di 150 milioni di dollari dagli investitori, di cui 25 milioni dal Mit stesso come socio accomandante. Secondo la Reuters, nel 2016 il Mit è stato classificato al secondo posto tra le università del mondo che sfornano innovazione [in base agli studi e ai brevetti prodotti dall’università ndr].

Il fondo investirà nelle startup che sviluppano le cosiddette tecnologie ‘difficili’ – ovvero idee rivoluzionarie che richiedono tempo e capitale – nei settori della robotica, dell’industria manifatturiera, della medicina, delle biotecnologie e dell’energia.


Katie Rae, presidente, CEO, amministratore delegato e partner di The Engine (concessione di Katie Rae).

The Engine opera come un tipico fondo di venture capital, con una sola differenza: ha quella che in inglese si definisce una ‘double bottom line’, afferma infatti la Rae: «Ci interessano sia i ritorni finanziari che l’impatto [sulla società, ndt]».

Il fondo ha sia la ‘pazienza’ di investire in progetti a lungo termine che la propensione al rischio: «Questo non è un classico fondo di venture capital. Ci concentriamo sulla tecnologia difficile. Pensiamo che sia quello il campo in cui le risorse sono limitate. Ma queste opportunità possono avere un enorme impatto».
Nel campo delle biotecnologie, per esempio, un’idea può richiedere anni per trasformarsi in prodotti commerciali: «Non è come programmare un’applicazione per cellulari, venderla sul mercato e ottenere subito i feedback – spiega Samuel Sia, docente di Ingegneria biomedica della Columbia University – non è così che funziona per i farmaci o gli strumenti medici o diagnostici». E il professor Sia sostiene che gli investitori dovrebbero imparare a capire questo.


Brandon Sorbom, studente presso il Centro di Scienze e Fusione del Plasma del MIT, sta lavorando per espandere le possibilità dell’energia da fusione (Lillie Paquette / MIT School of Engineering).

INVESTIMENTI A CHILOMETRI ZERO

Quasi il 60 percento del fondo The Engine verrà investito nelle startup della comunità del Mit, mentre il restante 40 percento nelle compagnie nate dai laboratori di altre università della zona, come Harvard e Northeastern. Questo è quello che secondo la Rae differenzia The Engine da altri fondi venture dei college: si concentra sull’aiutare l’ecosistema dell’innovazione di Boston. The Engine e il Mit terranno anche un corso di formazione di 12 mesi per quasi 60 startup, che fornirà accesso a laboratori, strumenti, counseling e altre risorse del Mit.

The Engine non è però il più grande fondo universitario negli Stati Uniti. L’Università della California, infatti, ha lanciato un venture fund da 250 milioni di dollari nel 2015, da investire nell’innovazione prodotta dagli studenti, dalla facoltà, dal personale e dagli ex studenti (che sono milioni) dei 10 campus dell’Università, oltre che dei suoi cinque centri medici e tre laboratori. È il primo fondo gestito da questa Università e il denaro viene dai 90 miliardi del suo fondo pensionistico, dalle sovvenzioni e da altri asset.
Secondo un comunicato dell’ufficio del rettore dell’Università, l’istituzione produce in media cinque invenzioni al giorno, e dal 1980 ha dato alla luce più di 800 startup.

FONDI MINORI

Molti dei fondi venture universitari, spuntati negli ultimi anni, sono più piccoli rispetto a quelli del Mit e dell’Università della California e sono diretti solo agli imprenditori che hanno studiato in quelle specifiche università.

La University of North Carolina-Chapel Hill, per esempio, ha creato l’anno scorso il Carolina Research Venture Fund per investire fino a 10 milioni di dollari nelle startup fondate dal personale universitario e finora ha investito in quattro startup, tra cui la G1 Therapeutics, una compagnia che sviluppa terapie per il cancro e che di recente si è quotata in borsa, con una valutazione di mercato di 480 milioni di dollari.
L’obiettivo del fondo è liberare il potenziale di innovazione dell’Università e creare altre compagnie come la G1 Therapeutics.

«Gli investitori istituzionali negli Stati Uniti hanno smesso di finanziare i primi stadi o la ‘fase della scoperta’ delle startup che sono sostenute dai venture fund, a causa dell’assenza di tolleranza al rischio», dice Sallie Shuping-Russell, presidente del Carolina Research Venture Fund, che tuttavia sostiene che l’investimento in quelle aree fosse molto comune negli anni ’80 e ’90. La Shuping-Russell ha infatti gestito gli investimenti privati della Duke University in quegli anni, attualmente è consigliere presso la Black Rock Private Equity Partners, ed è stata anche membro del Consiglio di amministrazione dell’università.
Per evitare conflitti di interesse nelle decisioni sugli investimenti, l’Università ha assunto Hatteras Venture Partners per la gestione delle operazioni dei fondi e del portafoglio di investimenti.
Il team degli investimenti ha esaminato centinaia di affari nell’Università e intende investire in tre o quattro startup ogni anno: «Sono orgogliosa che la Carolina faccia questo e sono molto felice di esserne una parte. Penso che sia grandioso che anche altre università lo stiano facendo, perché alla fine si tratta di creare delle comunità del capitale».

Articolo in inglese: Colleges Funnel Millions Into On-Campus Startups

Traduzione di Vincenzo Cassano

 

SalvaSalvaSalvaSalva

SalvaSalva

SalvaSalva

 
Articoli correlati