Francia, cervelli in fuga

Nel 2013 l’Insee di Parigi [Istituto nazionale di statistica e di studi economici, l’equivalente dell’Istat, ndt] ha stimato in tre milioni i francesi residenti all’estero, la maggioranza ha un’età compresa tra i 25 e i 55 anni. Che cosa spinge queste persone a lasciare la Francia? Cambiare clima, evasione fiscale o fuga di cervelli?

Il Consiglio di Analisi economica francese ha pubblicato lo scorso 17 maggio uno studio dal titolo Preparare la Francia alla crescente mobilità internazionale delle qualifiche.

Il Consiglio di analisi economica (Cae) è l’istituto di ricerca al servizio del Primo ministro francese, i cui risultati vengono pubblicati con l’obiettivo di chiarire, tramite il confronto dei punti di vista e delle analisi, le scelte del governo in materia economica.

LAUREATI CHE ESPATRIANO

La prima osservazione è che in Francia, se il fenomeno dell’emigrazione è in piena espansione – il flusso totale di emigrazione è raddoppiato tra il 1980 e il 2010 – il suo livello resta tuttavia inferiore a quello che si osserva negli altri Paesi europei: due volte meno che in Germania e quattro volte meno che nel Regno Unito.

Quanto al saldo migratorio, il flusso dei nati in Francia in uscita e quello dei nati all’estero in entrata, sono globalmente in equilibrio.

Tuttavia, se si entra nel dettaglio, si vede che il livello di istruzione di chi parte è sensibilmente diverso da quello di chi entra.
Infatti, i laureati che tornano in Francia dopo un periodo all’estero (44 per cento), sono più di quelli nati fuori e immigrati in Francia (27 per cento). Questo nuovo saldo migratorio, tenendo conto dei ‘talenti’, diventa quindi negativo.

La seconda osservazione, avvalorata da uno studio di Bono e Wasmer nel 2014, è che il numero di lavoratori laureati che emigrano è in aumento dal 2000, anche se resta nettamente inferiore a quello degli altri Paesi europei.

L’esempio delle scuole superiori è particolarmente illuminante. Alcune indagini condotte dalla Conferenza delle ‘grandes écoles’ [gli istituti di istruzione superiore francesi, ndt] dimostrano una mobilità internazionale in forte rialzo all’uscita dalla scuola: mentre il 12 per cento dei laureati nel 2003, nel 2005 era impiegato all’estero, i laureati nel 2014 che nel 2015 lavoravano all’estero erano il 17 per cento.

E questa tendenza sembra stabilizzarsi. Il Barometro 2015 sull’Umore dei giovani laureati, realizzato dallo studio Deloitte per OpinionWay, rivelava che il 21 per cento dei giovani laureati in cerca di lavoro, considerando tutti i tipi di lauree, prevede di andare a lavorare all’estero.

Il numero è inferiore rispetto al 2014 e al 2013, quando ammontava al 27 per cento degli intervistati, ma superiore al 2012 anno in cui si è registrato il 13 per cento.

Alla domanda successiva che chiedeva di indicare due Paesi nei quali si desiderava espatriare, il 53 per cento di loro ha risposto l’America del Nord (36 per cento negli Stati Uniti e 33 per cento in Canada); il 47 per cento resterebbe in Europa – il Regno Unito e la Svizzera sono le destinazioni preferite (14 per cento ciascuna), seguite dalla Germania (8 per cento).

Si è evidenziato anche che L’Oceania e l’Asia sono destinazioni in piena espansione.

Con circa 299 mila studenti stranieri nel 2014, la Francia ospita il 6 per cento del totale degli studenti in mobilità internazionale, e questo la colloca al quarto posto a livello mondiale dei paesi accoglienti, dopo Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia. 

Programmi come l’Erasmus hanno permesso di raddoppiare questo numero tra il 1990 e il 2014. Ma il tasso di permanenza di questi stranieri alla fine degli studi sul territorio francese resta basso (4 per cento), notevolmente inferiore a quello del Regno Unito (47 per cento) e degli altri Paesi anglosassoni (100 per cento).

Lo studio del Cae propone quindi alla Francia tre soluzioni: accrescere la capacità di suscitare interesse da parte delle università, ridurre i freni alla mobilità e rafforzare il legame con i nazionali non residenti. L’obiettivo dovrebbe essere quello di invertire il flusso, e fare entrare in Francia più ‘cervelli’ di quanti ne escano.

 

Articolo in francese: France : la fuite des cerveaux se poursuit

 

 
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