A 18 anni dal ’25 aprile cinese’ la persecuzione del Falun Gong è in calo

Il 25 aprile 1999, in Cina un grande gruppo di persone chiedeva pacificamente una ‘Liberazione’. Fermi e ordinati sui lati della strada, senza urlare slogan e senza ostacolare il traffico (anzi aiutando a dirigerlo), circa 10 mila persone chiedevano silenziosamente al governo cinese di poter essere liberi di praticare i loro esercizi dai movimenti lenti e la loro meditazione.

Dopo un iniziale sostegno da parte del governo, i praticanti del Falun Gong (una disciplina in parte simile allo Yoga o al Tai Chi, ma con un vasto contenuto di insegnamenti morali e spirituali) avevano infatti iniziato a incontrare resistenze, come propaganda negativa su alcuni giornali, o la messa al bando dei libri principali della pratica. Le autorità locali, dinanzi alla richiesta di spiegazioni e al tentativo di chiarimento dei fatti da parte dei praticanti, li avevano indirizzati a rivolgersi al governo centrale: la notizia di questa indicazione si è diffusa tramite il passaparola e 10 mila persone (in totale i praticanti erano 70-100 milioni) si sono quindi ritrovate dinanzi alla residenza governativa di Zhongnanhai a Pechino.

Ma il pacifico appello dei meditatori del ‘Falun Gong’ è tuttavia stato sfruttato dall’allora leader del Partito Comunista Cinese (PCC) Jiang Zemin, per giustificare l’inizio dell’ultima e forse piu abberrante campagna di persecuzione del Partito.

La direttiva ufficiale non è ancora cambiata da quando Jiang ha emesso l’ordine di «distruggere» il Falun Gong, ma oggi in molti ritengono che gli sforzi del Partito per sradicare questa disciplina attraverso la violenza siano stati inutili.

GLI ORRORI DELLA PERSECUZIONE

Il Falun Gong, anche noto come Falun Dafa, si auto-definisce un «sistema di coltivazione del corpo e della mente» diffuso pubblicamente nel 1992 dal suo fondatore, il signor Li Hongzhi.

Nei primi anni, come risulta da alcuni documenti ufficiali, il Ministero della Pubblica Sicurezza e altre organizzazioni statali hanno ringraziato il signor Li per aver diffuso una pratica efficace nell’aiutare le persone a migliorare la propria salute ed elevare il proprio livello morale.

La disciplina comporta l’esecuzione di cinque esercizi meditativi e lo studio di insegnamenti basati sui principi cardine di ‘verità, compassione e tolleranza’. La sua popolarità è cresciuta in maniera esponenziale in Cina al punto che, secondo le stime del Ministero dello Sport, nel 1998 vi erano oltre 70 milioni di praticanti.

Quando il numero delle persone che praticava il Falun Gong ha superato il numero degli iscritti al Partito, il sostegno delle autorità si è però trasformato in sospetto. A quel punto i problemi – che non esistevano – sono stati creati dal nulla: il 23 Aprile 1999 la polizia ha arrestato inaspettatamente 45 praticanti del Falun Gong nella citta costiera di Tianjin, innescando la successiva manifestazione del 25 aprile a Zhongnanhai, in cui i praticanti, giunti presso la sede principale degli uffici governativi centrali, sono stati portati, dalla polizia, a disporsi a cerchio attorno alla sede stessa.

Cogliendo l’opportunità al volo, Jiang Zemin ha descritto l’evento del 25 aprile come un «assedio» e come «il più importante incidente politico dopo il 4 giugno» (riferendosi alla protesta democratica degli studenti avvenuta nel 1989 e risolta dal regime con il sanguinoso massacro di Tiananmen). In una lettera inviata ai membri del Politburo lo stesso 25 aprile, Jiang ha espresso il timore che gli insegnamenti del Falun Gong potessero vincere il «Marxismo, il materialismo e l’ateismo» promossi dal Pcc e ha etichettato il Falun Gong come la più grave minaccia per la sopravvivenza del Pcc stesso.

Tre mesi dopo, Jiang ha dato il via una campagna fortemente oppressiva per eliminare il Falun Gong.

Nei primi anni della persecuzione, l’intero Paese è stato bombardato con propaganda che incitava l’odio nei confronti del gruppo. Gli studenti rischiavano l’espulsione se erano contrari alla demonizzazione della pratica, mentre per i funzionari cinesi pronti a sporcarsi di sangue le mani erano garantite ricompense e promozioni.

I praticanti, da allora, vengono arrestati se si rifiutano di rinnegare la propria fede o se raccontano ai loro concittadini che cosa sia il Falun Gong e come venga perseguitato. Una volta arrestati, vengono rinchiusi nei campi di lavoro extralegali o in altri centri di detenzione.

Spesso vengono incarcerati senza un regolare processo. Quella minoranza di praticanti che vengono portati in tribunale, vengono perseguiti per aver distribuito materiali sul Falun Gong o semplicemente perché ne erano in possesso, sulla base di una legge che gli avvocati cinesi considerano ambigua e incostituzionale.

Secondo le organizzazioni per i diritti umani, i praticanti sono solitamente i detenuti a cui vengono riservati i trattamenti peggiori, nelle prigioni o nei campi di lavoro. Minghui.org, centro di raccolta di informazioni di prima mano sulla persecuzione, è colmo di resoconti di praticanti che hanno sofferto torture in stile medievale, pestaggi brutali e privazione del sonno. Le praticanti donne hanno subito violenze sessuali di ogni tipo, inclusi stupri di gruppo perpretrati dalle guardie o da altri detenuti.

Inoltre i praticanti del Falun Gong in detenzione costituiscono la maggior parte dei prigionieri di coscienza, che secondo indagini indipendenti vengono uccisi in maniera sistematica per alimentare il redditizio traffico di organi umani del regime cinese.
Secondo uno studio del 2016 redatto dal giornalista Ethan Gutmann, dall’ex Segretario di Stato canadese David Kilgour e dall’avvocato internazionale dei diritti umani David Matas, tra il 2000 e il 2015 sono stati rimossi forzatamente, ciascun anno, gli organi di 60-100 mila detenuti cinesi.

Avendo preso atto delle convincenti prove sull’esistenza di questo crimine contro l’umanità, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti e il Parlamento Europeo hanno approvato risoluzioni che condannano il regime cinese per il prelievo forzato di organi dai prigionieri di coscienza.

ATTENUAMENTO DELLA PERSECUZIONE

In una recente relazione sullo stato delle religioni in Cina, l’organizzazione dei diritti umani Freedom House ha scritto che la persecuzione del Falun Gong da parte del regime cinese è ancora oggi «molto grave».

Tuttavia il regime non è riuscito a «sradicare» la pratica. Sulla base dei documenti ufficiali cinesi e dei dati pubblicati da Minghui, la Freedom House stima che in Cina ci siano ancora tra i 7 e i 10 milioni di praticanti del Falun Gong, mentre le fonti del Falun Gong suggeriscono che la cifra sia compresa tra 20 milioni e 40 milioni.

«Il semplice fatto che il Falun Gong sia sopravvissuto all’attacco del PCC è impressionante e rappresenta una grande sconfitta per l’apparato repressivo del Partito», afferma il rapporto della Freedom House, secondo cui, da quando il leader cinese Xi Jinping è entrato in carica nel 2012, diversi fattori hanno portato ad un «attenuamento della repressione» del Falun Gong.

La campagna anti-corruzione di Xi è risultata nella purga di molti importanti funzionari che sovraintendevano la persecuzione, come Zhou Yongkang, ex capo della sicurezza e Li Dongsheng, capo dell’Ufficio 610 (un istituzione extra-legale, simile alla Gestapo, creata appositamente da Jiang per dirigere la persecuzione del Falun Gong).

Le istituzioni che conducono la persecuzione sono state indebolite: l’Ufficio 610 ad esempio ha subito diversi passaggi di leadership dopo la caduta di Li Dongsheng e nel 2016 è stato inquisito per la prima volta dall’agenzia anticorruzione. Inoltre non c’è stata nessuna nuova campagna mediatica contro il Falun Gong dopo quella condotta tra il 2013 e il 2015.

La confluenza dei suddetti fattori ha influenzato anche l’apparato giuridico del regime: recentemente, infatti, sono stati archiviati alcuni procedimenti penali contro i praticanti del Falun Gong. Questo è un fenomeno senza precedenti che ha avuto inizio alla fine del 2016 e a oggi sono oltre 17 i casi in cui le richieste del pubblico ministero non sono state accolte dai procuratori locali e dai tribunali.

UN PO’ DI SPAZIO IN PIÙ

La situazione della provincia di Liaoning, una delle regioni dove la persecuzione è più severa, è emblematica.

Wang Min, il più importante funzionario comunista del Liaoning, e Su Hongzhang, capo del Comitato per gli Affari politici e legali, sono stati purgati rispettivamente nel 2015 e nel 2016.
Wang e Su erano stati entrambi denunciati dall’Organizzazione Mondiale per Indagare sulla persecuzione del Falun Gong (una Ong con sede in America) in quanto coinvolti in alcuni casi di persecuzione.

In un caso recente, sembra che la sensibilizzazione diretta dei funzionari pubblici abbia influenzato la decisione del procuratore di respingere le accuse contro Li Shijin e Lin Youyan, due donne della contea di Tieling nel Liaoning, che sono state arrestate mentre distribuivano calendari con informazioni sul Falun Gong.

Gli avvocati che rappresentano Li e Lin – racconta Minghui – hanno spiegato ai funzionari pubblici come in Cina non esista alcuna legge che proibisca di praticare il Falun Gong. I membri delle famiglie dei praticanti hanno portato le loro testimonianze sui benefici della pratica ai funzionari cinesi. A quel punto i funzionari hanno suggerito ai membri della famiglia di presentare un ricorso legale, il che ha condotto all’archiviazione del processo.

Durante la detenzione, le praticanti hanno parlato del Falun Gong agli altri detenuti e alle guardie. Secondo il resoconto di Minghui, quando sono state rilasciate a febbraio 2017, «tutti i detenuti e le guardie le hanno salutate calorosamente augurando loro ogni bene».

Sino ad oggi, secondo Minghui, almeno altri tre praticanti nel Liaoning hanno visto decadere le accuse nei loro confronti e sono stati rilasciati.

Ma questo genere di situazioni sono ancora poco comuni rispetto ai casi di persecuzione. Il Liaoning è infatti in testa alla lista delle regioni in cui i praticanti sono stati perseguiti a marzo del 2017, con 31 casi sui 110 riportati in tutta la Cina.

Heng He, commentatrice intervistata da NTD Television, ha affermato che la situazione contradditoria emersa nel Liaoning e in altre aree della Cina ha radici politiche: «La persecuzione del Falun Gong ha dato vita a un ampio gruppo di interessi composto dai persecutori. Gli interessi politici, finanziari e di altra natura del gruppo dipendono interamente dal fatto che la persecuzione continui o meno».

D’altra parte i funzionari inseriti nell’ingranaggio anti-Falun Gong hanno ora «un po’ di spazio in più per decidere cosa fare» in assenza di direttive pressanti provenienti dai quadri di alto livello del Partito. E alcuni, avendo percepito che il vento sta cambiando, sotto la guida della leadership di Xi, hanno scelto di tirare fuori il proprio lato umano.

Articolo in inglese: Persecution of Falun Gong Weakens 18 Years After Decisive Appeal

Traduzione di Marco d’Ippolito

 

 
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