Sui referendum Gaetano Manfredi ci mette la faccia, forse perché non ha tessere di partito: «Ho firmato per il referendum sulla cittadinanza, quasi otto mesi fa – racconta il sindaco di Napoli a Repubblica – Mi sembra il minimo impegnarsi e parlare ai cittadini del peso che dovrebbe avere questo voto, specie per tutta l’area dei progressisti». Il presidente dell’Anci apre oggi, in città, la campagna per il «sì» al quesito sulla cittadinanza con Riccardo Magi, segretario di Più Europa, e con Sabrina Efionayi, la scrittrice nata in Italia da madre nigeriana, ma cresciuta con una famiglia del casertano, che ha potuto ottenere la sua cittadinanza solo a 19 anni. Pochi sono in trincea, a parte Cgil e Più Europa.
A destra tifano contro. A sinistra buone intenzioni e pochi fatti: «È vero che bisogna insistere, è vero che non si vede ancora un’azione incisiva. Da questo momento in poi sarebbe di cruciale importanza comunicare ai cittadini che la mobilitazione per il voto dell’8 e 9 giugno è qualcosa che sta a cuore a sinistra, alla società civile, ai giovani, ai partiti. Perché questi temi – aggiunge – sono in linea con una visione del Paese e del mondo, e soprattutto con un’idea di politica che di fronte a questi temi vuole ragionare, guardarsi negli occhi, perché pensa al futuro e non all’interesse dei gruppi».
Però sente il dovere di una precisazione, non vuole trascinare l’Anci su questa bandiera: «Sì, mi sembra più corretto specificare la mia posizione. Ne parlo come sindaco di Napoli, e non come presidente Anci». Il timore è di divisioni tra i sindaci italiani: «Ci siamo dati un patto di neutralità e non intendo lasciare spazio a equivoci. Questo è il mio punto di vista: penso sia giusto dimezzare l’attesa per ottenere la cittadinanza italiana, da 10 a 5 anni. Lo dico come primo cittadino di una grande area metropolitana di oltre 3 milioni di persone, e come rappresentante di una terra che l’integrazione sa cos’è, e ce l’ha nel suo dna. E forse, anche come ex professore che ha provato ad ascoltare i giovani, anche per non farsi trovare troppo impreparato dal futuro». Manfredi spiega che «abbiamo davanti tempi di grandi trasformazioni. Concentrarci sulla capacità dello Stato di concedere, con più risolutezza, la cittadinanza a chi ha mostrato un percorso di responsabilità e di conoscenza della nostra cultura è un segno di giustizia. Ed è anche sintomo di intelligenza e visione». Pensa alla sostenibilità economica: «Anche. A una tenuta complessiva. C’è un’emergenza demografica non solo italiana, ma europea. È sotto gli occhi di tutti che solo attraverso energie e autentiche integrazioni si riuscirà a sostenere lo sviluppo del vecchio continente, e del nostro Paese. Questo riguarda tanti versanti: il mondo del lavoro, della creatività, della cultura, per non parlare dello sport».
Ma la costruzione dei nuovi italiani viene demonizzata a destra: «Perché l’approccio ideologico su questi temi è nefasto. Apprezzai, la scorsa estate, alcune aperture di un pezzo di maggioranza: FI aveva dialogato in maniera aperta, poi è tornata indietro. Ma il referendum, comunque la si pensi, è uno straordinario strumento da nutrire, da non lasciare deperire. Bisogna spingere: quorum o non quorum». Il sindaco non nasconde la difficoltà di raggiungere l’obiettivo: «Saremmo ipocriti, o ingenui, a pensare che sia una passeggiata raggiungere il quorum: si dovrebbe fare un lavoro paziente, incessante, sul fenomeno complesso del non voto. Ma è proprio per questo che dobbiamo mobilitare, parlare a tante categorie di persone perché si vada alle urne l’8 e il 9 giugno: quella pronuncia popolare dovrà pesare sul Parlamento, parlare alla politica, rimettere sul tavolo ciò che conta» conclude Manfredi.