La politica commerciale del presidente Trump, caratterizzata da dazi e protezionismo, minaccia di alimentare un ritorno dell’inflazione, rallentare la crescita economica, mantenere elevati i tassi di interesse e deprimere i prezzi delle azioni. Tuttavia, il ministro del Tesoro, Scott Bessent, sembra avere l’intuizione giusta per raddrizzare la rotta.
L’amministrazione statunitense sta cercando di stipulare accordi con i principali partner commerciali per ridurre le barriere alle esportazioni e agli investimenti americani. Bessent, in particolare, pare intenzionato a eliminare definitivamente i pesanti dazi reciproci imposti alla Cina.
UN COMMERCIO INTERNAZIONALE CON REGOLE PRECISE
Un commercio multilaterale con nazioni occidentali ed emergenti che condividono valori simili, basato sui vantaggi comparati degli Stati Uniti in settori come tecnologia, finanza e servizi, porterebbe benefici significativi all’economia americana. Tuttavia, la specializzazione economica non dovrebbe compromettere il ruolo dell’industria manifatturiera nella ricerca, nell’innovazione e nell’autosufficienza per beni strategici come attrezzature militari, farmaci, semiconduttori e altri prodotti essenziali in caso di conflitti o emergenze nazionali.
Le recenti minacce di Trump di destabilizzare l’economia canadese, le provocazioni sull’annessione del Canada come “51esimo Stato” e i dubbi sulla solidità degli impegni di sicurezza degli Stati Uniti in Europa e nel Pacifico aumentano la probabilità di derive protezionistiche. Ciò rischia di restringere i mercati per i prodotti tecnologici americani, limitare i budget per la ricerca e compromettere, anziché rafforzare, la leadership statunitense nelle tecnologie avanzate.
L’espansione del commercio internazionale e il ruolo del dollaro — che domina il 90% delle transazioni in valuta estera — richiedono deficit annuali della bilancia commerciale statunitense, accompagnati dalla vendita di titoli del Tesoro e altri attivi americani per garantire liquidità. Ma, tali deficit, che attualmente ammontano a 1.100 miliardi di dollari, potrebbero essere ridotti.
Con il commercio mondiale in crescita di circa mille miliardi di dollari l’anno, si stima che siano necessari nuovi attivi americani per un valore compreso tra la metà e i due terzi di tale cifra. Considerando la velocità di circolazione della moneta (1,4) e la quota decrescente del dollaro nelle riserve delle banche centrali straniere, una riduzione del deficit commerciale bilaterale con la Cina, che vale 300 miliardi di dollari, appare indispensabile, soprattutto per mitigare i rischi legati alla dipendenza da Pechino per prodotti strategici.
COMMERCIO CON ALLEATI
Un commercio più equilibrato con nazioni alleate, fondato sui vantaggi comparati, richiede la negoziazione di dazi, barriere non tariffarie e sussidi all’esportazione, oltre a un riallineamento dei tassi di cambio. L’accordo limitato recentemente raggiunto con il Regno Unito dimostra quanto queste sfide siano complesse, soprattutto entro la sospensione di 90 giorni dei dazi reciproci annunciata da Trump.
Gli Stati Uniti dovrebbero rientrare nel partenariato Trans-Pacifico, che comprende 11 nazioni, tra cui Vietnam, Malesia, Giappone, Messico e Canada, e incoraggiare l’adesione di Regno Unito e Unione Europea. Il partenariato affronta molte delle questioni non tariffarie che preoccupano l’amministrazione Trump. Inoltre, il presidente americano dovrebbe riconoscere i progressi nel contrasto all’immigrazione illegale e al traffico di droga, eliminando i recenti dazi su alluminio, automobili e altri prodotti del commercio nordamericano, e lavorare a trattati di libero scambio con partner asiatici, l’Unione Europea e altri Paesi per abbattere la maggior parte delle barriere legate o meno ai dazi.
Un commercio più equo consentirebbe agli Stati Uniti di ridurre il deficit della bilancia commerciale, a patto che il Parlamento limiti la necessità di vendere titoli del Tesoro all’estero per finanziare deficit federali sempre più ampi, tagliando la spesa pubblica più di quanto non riduca le tasse.
UNA STRATEGIA PER CONTENERE LA CINA
il ministro Bessent punta a creare una rete di impegni con i partner commerciali per limitare gli scambi con la Cina. Si tratta di un obiettivo ambizioso, considerando l’ampiezza del mercato interno cinese e la sua capacità di ritorsione contro le nazioni che collaborano apertamente con Washington. Come minimo, gli Stati Uniti dovrebbero ottenere misure credibili ed efficaci per bloccare il trasbordo di merci cinesi attraverso Paesi terzi. Inoltre, i dazi americani verso la Cina potrebbero essere strutturati in modo da incentivare altre nazioni a ridurre le importazioni da Pechino.
La Cina, sotto la guida del presidente Xi Jinping, mira a dominare la scena internazionale attraverso un’economia di forza. L’obiettivo è controllare settori strategici, dai cantieri navali ai semiconduttori, riducendo la dipendenza da altri Paesi e massimizzando quella degli altri verso Pechino. Questo limita le possibilità di un dialogo costruttivo, spingendo gli Stati Uniti a imporre un commercio bilaterale equilibrato in termini di merci.
Nel 2024, le importazioni di merci dalla Cina hanno raggiunto 438 miliardi di dollari, circa tre volte le esportazioni americane. Sebbene sia impossibile eliminare questa dipendenza dall’oggi al domani, si potrebbe ridurla gradualmente durante il secondo mandato di Trump. Una proposta concreta prevede l’introduzione di licenze per importare merci dalla Cina, inizialmente fissate a un valore pari a 2,5 volte le importazioni americane a partire da luglio, per poi ridurre progressivamente il rapporto a 1 nell’arco di tre anni.
Queste licenze dovrebbero essere assegnate tramite aste, consentendo a imprese come Apple, che rivendicano la necessità di approvvigionarsi in Cina, di partecipare senza bisogno di esenzioni: il processo d’asta rivelerebbe il valore attribuito a tale privilegio. Analogamente, gli Stati Uniti dovrebbero applicare un dazio “ad valorem”, calcolato sul prezzo delle licenze all’asta, al contenuto cinese delle merci importate da Paesi terzi. Questo diritto dovrebbe essere incorporato negli accordi commerciali attualmente in negoziazione con altri partner. In sostanza, gli alleati degli Stati Uniti dovranno limitare le importazioni dalla Cina, oppure Washington li aiuterà a farlo.
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