L’Alzheimer è una delle principali cause di morte nei Paesi occidentali. Colpisce un anziano su tre, causando più decessi rispetto ai tumori al seno e alla prostata messi insieme. Nonostante la ricerca non abbia ancora individuato una cura definitiva, cresce l’evidenza del legame tra la salute del cervello e il flora intestinale. Diversi studi suggeriscono che i batteri presenti nell’intestino influenzano il funzionamento cerebrale e possono persino favorire la neuro-degenerazione.
Uno studio, condotto su 60 pazienti, ha esaminato l’impatto degli integratori probiotici sulle funzioni cognitive, ottenendo risultati promettenti. Chi ha consumato latte arricchito con probiotici ha mostrato un miglioramento significativo delle capacità cognitive. Nel gruppo che ha assunto probiotici, i punteggi medi del Mini-Mental State Examination, un test neuropsicologico utilizzato per valutare le funzioni cognitive, sono aumentati, mentre nel gruppo di controllo, che ha bevuto latte normale, i punteggi sono diminuiti.
Oltre ai miglioramenti cognitivi, nel gruppo trattato con probiotici si sono osservati benefici metabolici, tra cui una riduzione dei trigliceridi, delle lipoproteine a bassissima densità e della proteina C-reattiva, un indicatore di infiammazione. Inoltre, sono diminuiti i marcatori della resistenza all’insulina.
I ricercatori ritengono che questi cambiamenti metabolici positivi possano essere collegati ai miglioramenti cognitivi. «Questi risultati sono coerenti con altri studi recenti che mostrano come la composizione del microbiota intestinale nei pazienti con Alzheimer sia significativamente alterata rispetto ai soggetti sani della stessa età — ha spiegato il dottor Walter Lukiw, professore alla Louisiana State University — Inoltre, con l’invecchiamento, sia la barriera intestinale che quella emato-encefalica diventano più permeabili, permettendo a sostanze prodotte dai microbi intestinali, come amiloidi, lipopolisaccaridi ed endotossine, di raggiungere il sistema nervoso centrale».
I PROBIOTICI POSSONO RIDURRE LA NEURODEGENERAZIONE
I probiotici influenzano il sistema nervoso centrale attraverso l’asse intestino-cervello e potrebbero avere un ruolo nella prevenzione e nel trattamento dell’Alzheimer. Agiscono modulando l’infiammazione e contrastando lo stress ossidativo, tra altri meccanismi.
Uno studio pubblicato su Impact Journal on Aging riporta: «Si è scoperto che i disturbi comportamentali e cognitivi sono legati a un’alterazione del microbiota intestinale. L’attivazione dell’infiammazione intestinale potrebbe contribuire al declino cognitivo e alla demenza. Nei pazienti con Alzheimer, si riscontra una riduzione dei batteri antinfiammatori, come Bifidobacterium breve ceppo A1, e un aumento di batteri pro-infiammatori, come Firmicutes e Bacteroidetes. Ripristinare l’equilibrio del microbiota intestinale potrebbe rallentare la progressione della malattia. Per questo motivo, il microbiota è considerato un elemento chiave nella patogenesi dell’Alzheimer e un possibile bersaglio terapeutico per la prevenzione e il trattamento».
Una meta-analisi su cinque studi, con 297 partecipanti, ha mostrato che i probiotici migliorano significativamente le funzioni cognitive e riducono marcatori di infiammazione e stress ossidativo, come la malondialdeide e la proteina C-reattiva ad alta sensibilità. I ricercatori stanno ancora identificando i batteri più efficaci, ma il ceppo Bifidobacterium breve A1 sembra particolarmente promettente. Studi su modelli animali hanno dimostrato che la somministrazione quotidiana di questo batterio riduce il declino cognitivo causato dalla beta-amiloide. Si ritiene che il beneficio derivi dalla capacità del batterio di contrastare gli effetti tossici della beta-amiloide e di ridurre le alterazioni nell’espressione genica dell’ippocampo.
Altre ricerche suggeriscono che il microbiota intestinale possa influenzare il rischio di Alzheimer attraverso diversi meccanismi, tra cui l’invecchiamento, il diabete e i disturbi del sonno. I ricercatori ipotizzano che fattori come dieta, stress e genetica, nel corso del tempo, possano alterare la barriera intestinale e quella emato-encefalica, facilitando l’ingresso di agenti infiammatori nel cervello e innescando una reazione neuroinfiammatoria. «Le prove che collegano il microbiota intestinale all’Alzheimer sono sempre più numerose — affermano gli autori — il microbiota è passato dall’essere un organo dimenticato a un possibile attore chiave nella patologia dell’Alzheimer».
COME PREVENIRE L’ALZHEIMER
Mantenere un microbiota intestinale sano può aiutare a prevenire l’Alzheimer e altre malattie croniche. Per farlo, è importante evitare cibi industriali, antibiotici, prodotti antibatterici e acqua clorata o fluorata. Consumare alimenti fermentati e, se necessario, integrare probiotici di alta qualità.
La salute intestinale è uno dei pilastri della prevenzione proposti dal dottor Dale Bredesen, professore alla Ucla School of Medicine e autore del libro The End of Alzheimer’s: The First Program to Prevent and Reverse Cognitive Decline.
Il suo protocollo ReCODE analizza 150 fattori legati alla malattia, tra cui genetica e metabolismo, per identificare il sottotipo di Alzheimer e sviluppare un trattamento personalizzato.
Anche il digiuno intermittente e la riduzione del consumo di grassi polinsaturi , presenti negli oli vegetali raffinati e nei grassi trans, sono estremamente utili. Una dieta chetogenica, ricca di grassi sani, con proteine moderate e pochi carboidrati, supporta la salute cerebrale e intestinale.
Nel complesso, proteggere il cervello richiede uno stile di vita sano. Il metodo di Bredesen ha dimostrato che adottando 36 abitudini salutari, l’Alzheimer può essere invertito in 9 pazienti su 10. Tra le strategie utilizzate ci sono esercizio fisico, dieta chetogenica, ottimizzazione della vitamina D, miglioramento del sonno, meditazione, disintossicazione e l’eliminazione di glutine e cibi industriali.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.