Mentre Xi Jinping e Trump negoziano un nuovo accordo commerciale, Pechino continua a eludere i dazi statunitensi attraverso una rete mondiale di scappatoie, schemi di rerouting e tattiche opache che garantiscono l’ingresso dei suoi prodotti negli Stati Uniti, nonostante le restrizioni. Anche di fronte agli aumenti dei dazi decisi dall’amministrazione Trump — e indipendentemente dalle trattative — la Cina mantiene il flusso di merci nel mercato Usa sfruttando lacune legali, come punti ciechi postali e doganali, instradamenti attraverso Paesi terzi, documenti falsi, assemblaggio all’estero e hub di distribuzione internazionali che riesportano prodotti cinesi con etichette neutre.
Un canale cruciale era la regola del “de minimis”, che consentiva a pacchi di valore inferiore a 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza dazi. Ideata per semplificare le procedure doganali, ha invece favorito l’ascesa di piattaforme di spedizione rapida a basso costo come Temu e Shein. Nel 2024, oltre 1,36 miliardi di spedizioni “de minimis” hanno raggiunto gli Stati Uniti, rispetto ai 637 milioni del 2020, con un valore medio di 54 dollari, secondo il Servizio doganale Usa.
Questi pacchi, esenti da controlli e dazi, hanno permesso a venditori cinesi come Temu di offrire prezzi inferiori del 20-30% rispetto ad Amazon, e hanno inondato il mercato di prodotti economici. Il settore tessile, che copre oltre la metà del valore di queste importazioni, ha subito gravi danni. Funzionari statunitensi sottolineano che la regola non solo penalizza le industrie nazionali, ma agevola l’ingresso di prodotti pericolosi o illeciti, come precursori del fentanyl. Il 2 maggio, Trump ha chiuso questa scappatoia per le merci cinesi, definendola una «truffa» che colpisce le piccole imprese e mette a rischio la sicurezza nazionale.
Temu e Shein, fortemente dipendenti da questa norma, si sono adattate rapidamente. Temu ha interrotto le spedizioni dirette dalla Cina, rifornendo magazzini Usa prima del cambio normativo e reclutando venditori locali. Ora etichetta i prodotti importati con “spese di importazione” e promuove merci “locali” per i clienti americani. Shein ha invece incorporato i dazi nei prezzi per preservare la propria quota di mercato.
Le spedizioni postali offrono invece un altro metodo di elusione. A differenza di corrieri privati come FedEx o Ups — tenuti a verificare l’origine e riscuotere i dazi — il Servizio postale statunitense e i sistemi postali esteri non devono certificare la provenienza, facilitando il passaggio attraverso Paesi come Canada o Unione Europea con false dichiarazioni di eleggibilità per la regola “de minimis”.
La Cina ha ampliato le tattiche di “mercato grigio”, ricorrendo a transhipment, frodi documentali, sottovalutazione delle fatture e assemblaggio all’estero. Le merci vengono instradate attraverso Vietnam, Malesia, Indonesia, Thailandia o Unione Europea, dove sono ri-etichettate per nascondere l’origine. Ad aprile, le esportazioni cinesi sono cresciute dell’8% su base annua, mentre quelle dirette agli Stati Uniti sono scese del 21%, segno di una triangolazione efficace.
La città cinese di Yiwu, sede del più grande mercato all’ingrosso mondiale, è al centro di questa economia di elusione. Le aziende logistiche locali promuovono apertamente servizi di triangolazione, come l’invio di acciaio via India o materassi tramite Singapore, con imballaggi neutri per occultare l’origine. Annunci sui social cinesi vantano slogan come «Addio ai dazi Usa», mentre alcune imprese trasferiscono segmenti della filiera all’estero per ottenere certificati di origine di Paesi terzi.
Gli esportatori di Yiwu si sono internazionalizzati. La statale Yiwu China Commodities City ha aperto hub commerciali in zone come Jebel Ali a Dubai, da cui le merci cinesi vengono riesportate con etichette locali. Dubai registra un crescente interesse da parte di aziende cinesi dopo i recenti dazi, con imprese in cerca di certificati di origine locali per aggirare legalmente le restrizioni Usa. Una pratica in forte espansione è “l’origin washing”, pubblicizzata su piattaforme come Douyin e Xiaohongshu. Questi servizi offrono soluzioni di spedizione complete, includendo riesportazione tramite il Sudest asiatico, sdoganamento, certificati di origine falsi e consegna agli acquirenti Usa. Alcuni spedizionieri, pur dichiarando conformità alle norme Usa di tracciabilità, mascherano l’origine delle merci con tecniche come lo scambio di container o l’etichettatura neutra.
Oltre alle frodi sulle etichette, la Cina amplia la propria presenza produttiva mondiale, costruendo fabbriche all’estero per veicoli elettrici, elettronica e pannelli solari, allo scopo di accedere ai mercati e bypassare i dazi. Tuttavia, quando le nuove fabbriche sono in ritardo o prive di capacità sufficiente, molte aziende ricorrono a frodi documentali. Il ministero del Commercio statunitense ha recentemente accusato aziende cinesi di pannelli solari di instradare merci attraverso il Sudest asiatico con lavorazioni minime per evitare i dazi. Per contrastare queste pratiche, l’amministrazione Trump ha applicato dazi a tutti i partner commerciali, intensificato i controlli doganali e concesso a Vietnam e Thailandia una deroga di 90 giorni. Entrambi i Paesi hanno centralizzato l’approvazione dei certificati di esportazione, ampliato le liste di controllo e adottato l’intelligenza artificiale per monitorare in tempo reale i percorsi di riesportazione.
L’applicazione delle norme, tuttavia, non tiene il passo con il commercio online di servizi di elusione. Avvisi legali dei venditori avvertono che le frodi sui dazi possono comportare fino a 20 anni di carcere e sanzioni del 300%, ma i sistemi doganali sono sopraffatti. Intanto, si registrano interventi regionali. L’agenzia doganale sudcoreana ha sequestrato oltre 20 milioni di dollari in merci cinesi etichettate falsamente nel primo trimestre del 2025, in gran parte dirette agli Stati Uniti, e ha creato un’unità investigativa speciale per collaborare con il Servizio doganale Usa nella condivisione di informazioni.
Gli analisti sottolineano che, senza un tracciamento uniforme dell’origine e la chiusura delle lacune postali e offshore, la Cina continuerà a esportare su larga scala e continuerà a mascherare le proprie merci sotto bandiere diverse.
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