Funzionari statunitensi stanno riesaminando il rischio rappresentato da dispositivi di fabbricazione cinese impiegati nelle infrastrutture di energia rinnovabile, dopo che in alcuni di essi sono stati trovati dei “dispositivi di comunicazione”.
Gli inverter, prodotti principalmente in Cina, vengono utilizzati in tutto il mondo per collegare pannelli solari e turbine eoliche alle reti elettriche. Si trovano anche in batterie, pompe di calore e caricatori per veicoli elettrici. Sebbene gli inverter siano progettati per consentire l’accesso remoto per aggiornamenti e manutenzione, le compagnie elettriche che li utilizzano installano generalmente dei firewall per impedire di stabilire “comunicazioni dirette” al regime cinese.
Ma alcuni esperti statunitensi, che smontano le apparecchiature connesse alle reti per verificarne la sicurezza, avrebbero trovato dispositivi di comunicazione non dichiarati in alcuni inverter solari cinesi. E diversi dispositivi di comunicazione sempre non documentati, inclusi moduli radio cellulari, sarebbero stati rinvenuti anche in alcune batterie di diversi fornitori cinesi. Questi componenti creano canali di comunicazione alternativi, che potrebbero consentire di aggirare i firewall da remoto.
Secondo gli esperti, utilizzare questi dispositivi di comunicazione non autorizzati per eludere i firewall e disattivare gli inverter da remoto, o modificarne le impostazioni, potrebbe destabilizzare le reti elettriche, danneggiare le infrastrutture energetiche e causare blackout.
L’esistenza di questi dispositivi non autorizzati non era stata precedentemente resa nota e il governo statunitense non ufficializzato queste scoperte. Il ministero dell’Energia americana ha dichiarato di valutare costantemente i rischi legati alle tecnologie emergenti, evidenziando le difficoltà nel garantire che i produttori dichiarino e documentino tutte le funzionalità.
Due ex funzionari governativi americani commentano dicendo che la minaccia rappresentata «dal Partito comunista cinese è reale e crescente». Una minaccia che spazia dagli «attacchi informatici alle telecomunicazioni» alla capacità di accedere da remoto «a inverter solari e batterie […]
il Pcc non si ferma davanti a nulla per colpire le nostre infrastrutture» commenta il deputato August Pfluger, membro della Commissione per la Sicurezza Interna, «è ora di intensificare i nostri sforzi per mostrare alla Cina che compromettere la nostra sicurezza non è più accettabile».
A febbraio, due senatori statunitensi hanno introdotto la proposta di legge che vieta al ministero degli Interni di acquistare batterie da alcuni soggetti cinesi a partire da ottobre 2027. La proposta è stata deferita alla Commissione del Senato per la Sicurezza Interna e gli Affari Governativi l’11 marzo e non è ancora stata approvata. La legge mira a impedire al ministero degli Interni di acquisire batterie da sei aziende cinesi che Washington considera strettamente legate al Pcc.
Dal 2019, gli Stati Uniti limitano l’accesso di Huawei alla tecnologia americana, accusando l’azienda di attività che minano la sicurezza nazionale, accuse che Huawei ha respinto. Le aziende cinesi sono obbligate per legge a collaborare con i Servizi segreti del regime cinese, dando al governo controllo di fatto sugli inverter di produzione cinese connessi alle reti straniere, spiegano gli esperti. Sebbene Huawei abbia deciso di abbandonare il mercato degli inverter negli Usa nel 2019 – anno in cui le sue apparecchiature 5G per le telecomunicazioni sono state bandite – rimane un fornitore dominante in altri settori.
In Europa, controllare anche solo tre o quattro gigawatt di energia potrebbe causare gravi interruzioni alle forniture elettriche. Il Consiglio Europeo per la Produzione Solare stima che oltre 200 GW di capacità solare europea siano collegati a inverter di fabbricazione cinese, equivalenti a più di 200 centrali nucleari. A fine anno scorso, in Europa sono stati installati 338 GW di energia solare, e «Se si controllano da remoto un numero sufficiente di inverter solari domestici e si porta un’attacco simultaneo le implicazioni potrebbero essere catastrofiche per la rete» dice Uri Sadot, direttore del programma di cybersicurezza presso il produttore di inverter israeliano SolarEdge.
Il settore energetico è in ritardo rispetto ad altri, come telecomunicazioni e semiconduttori, dove Europa e Stati Uniti hanno introdotto regolamentazioni per contrastare il dominio della Cina, perché, dicono gli analisti di sicurezza, le decisioni sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche sono spesso legate alla dimensione degli impianti, e i sistemi solari o di accumulo domestici, pur contribuendo significativamente alla produzione di energia in molte reti occidentali, rimangono al di sotto delle soglie che attivano i requisiti di sicurezza. Anche la Nato ha lanciato l’allarme rispetto all’operazione di infiltrazione che il regime cinese sta portando avanti attraverso questo tipo di infrastrutture: «dobbiamo identificare le dipendenze strategiche e adottare misure per ridurle», ha dichiarato un funzionario della Nato.