La Libertà avanza (Lla) – il partito del presidente dell’Argentina, Javier Milei -, ha vinto le elezioni di metà mandato di Buenos Aires assicurandosi non solo un importante successo nei confronti delle opposizioni, ma vincendo anche una prova di forza interna con l’ex presidente ed alleato di governo, Mauricio Macri. Nella tornata elettorale, limitata alla sola capitale, c’erano in palio 30 dei 60 seggi di cui si compone il parlamentino della città metropolitana oggi governata da Jorge Macri, cugino dell’ex capo dello Stato. Lla – con in testa il popolare portavoce della presidenza, Manuel Adorni – ha ottenuto il 30,1 per cento dei consensi, contro il 27,3 di «Es ahora Buenos Aires», la lista del centrosinistra guidata da Leandro Santoro. Solo terzi – con il 15,9 per cento – i candidati di Proposta repubblicana (Pro), il partito di Macri, guidati dalla deputata nazionale Silvia Lospennato. Di 17 forze presentate, in una tornata con la minor affluenza della storia (hanno votato solo il 53,3 per cento degli aventi diritto), solo cinque hanno ottenuto una rappresentanza nell’Assemblea.
Dalle urne escono diverse indicazioni importanti per la scena politica locale. Analisti e media ritengono che il successo dei «libertari» nella capitale sia un buon viatico per le elezioni di fine ottobre, quando si rinnoverà circa la metà dei deputati (127 dei 257 totali) e un terzo dei senatori (24 su 72, provenienti da 8 province). Attualmente Lla dispone di solo sei senatori e 39 deputati, e per tradurre in leggi il suo programma di governo – in un Parlamento sin qui controllato dalla sinistra – deve ricorrere al sostegno delle altre forze di centrodestra, a partire dal Pro di Macri, e di alcuni segmenti «dialoganti» delle opposizioni. Aumentando il peso dei propri gruppi parlamentari, La libertà avanza potrebbe sgranare la propria agenda di governo con più agilità, evitando anche alcune mediazioni che spesso Milei dice di aver sofferto rispetto all’urgenza delle scelte da operare.
Nel nuovo parlamentino di Buenos Aires, che entrerà in funzione a dicembre, il primo gruppo continuerà ad essere quello peronista, con 20 su 60 seggi, seguito da Lla, che tra entrate e uscite disporrà di 13 deputati, mentre Proposta repubblicana scivola al terzo posto con 10 seggi. Nella capitale Milei vede dunque premiate le scelte di una campagna affidata allo «stato maggiore» del suo partito e del candidato di punta, Adorni, la cui presenza quasi quotidiana in video – nelle conferenze stampa mattutine di cui è protagonista – lo ha reso un interprete popolare e fedele del messaggio presidenziale. Lla propone un’agenda di forte austerità statale, eliminazione dei sussidi e riduzione del corpo legislativo cittadino. Il suo principale punto di forza è il legame con l’elettorato giovane e il voto «anti-casta», avendo inoltre superato in maniera indenne la fuoriuscita di un «libertario» locale, Ramiro Marra, che si temeva potesse sottrarre voti.
Il partito di Macri, che governa la città da 18 anni, aveva sperato di mettere a profitto l’eredità lasciata fatta di sicurezza, equilibrio fiscale e un approccio graduale alle riforme. La sua narrazione punta a offrire stabilità di fronte a quella che descrive come la «radicalità» libertaria e la «corruzione» kirchnerista. Tuttavia, l’uscita di figure emblematiche come Horacio Rodriguez Larreta -ex capo di Governo di Caba, che si presenta con una lista propria dopo essersi allontanato dalla struttura macrista- e Patricia Bullrich – ora allineata con Lla – ha reso il partito più vulnerabile. Non ha peraltro premiato la decisione di non fare fronte unico con i centristi dell’Unione civica radicale (Ucr), altra forza che in teoria dovrebbe attrarre parte di quell’elettorato moderato non disposto a seguire il ritmo accelerato di Milei.
Pur avendo guadagnato due seggi rispetto alla legislatura uscente (in una circoscrizione per giunta storicamente anti-peronista), la sinistra esce comunque ridimensionata.
Santoro – sociologo e deputato nazionale, vicino all’ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner – era dato in vantaggio da tutti i sondaggi, pur se con un margine esiguo rispetto ad Adorni. La sua campagna era stata disegnata per raccogliere il malcontento nei confronti delle scelte di politica economica incentrate sull’austerità, presentandosi come un «argine» alla motosega libertaria del presidente Milei. A livello locale Santoro si era caratterizzato per il suo veto al piano urbanistico che permette la proliferazione di torri nei quartieri residenziali, generando problemi nei servizi e nelle infrastrutture. Qualche consenso da sinistra, è probabilmente finito a due liste indipendenti: quella di Alejandro Kim, avvocato ed ex vicepresidente della Camera degli Imprenditori Coreani in Argentina, e quella di Juan Manuel Abal Medina, ex capo di gabinetto durante il governo di Cristina Kirchner.