«Se l’Italia seguisse la strada green della Spagna, altro che blackout: sarebbe una tragedia nazionale. Ci troveremmo di fronte a scelte drammatiche: diamo la corrente alle industrie o agli ospedali?». Lo dichiara la viceministro dell’Ambiente Vannia Gava su La Verità. «La nostra stabilità energetica, la nostra sicurezza, al momento, dipende dal gas – aggiunge –. La transizione non si fa dall’oggi al domani, altrimenti ci esponiamo a rischi altissimi. Le centrali a carbone vanno tenute come sistema d’emergenza. E sul nucleare, se la politica fa i compiti a casa e non ostacola le imprese italiane, vedrete che i tempi si dimezzeranno. E probabilmente, nel tempo, scenderanno anche i prezzi».
Il blackout che ha lasciato al buio Spagna, Portogallo e parte della Francia, ha spiazzato un po’ tutti. Un’intera rete collassata in cinque secondi: «È chiaro che dobbiamo essere prudenti, probabilmente ci sarà una commissione d’inchiesta per capire cosa è davvero accaduto. Per il resto, l’ho sempre detto e lo ribadisco: non possiamo essere dipendenti da una sola fonte energetica. Perché non conta solo la sicurezza, ma anche la stabilità della rete». Quasi l’80 per cento dell’energia prodotta in Spagna è carbon free. Gli esperti in Spagna avevano avvisato per tempo: l’overdose di rinnovabili genera instabilità. Se fosse accaduto in Italia «sarebbe stata una tragedia immane. Gettarsi a capofitto sulle rinnovabili nel nostro Paese, fino a farne la fonte di energia prevalente, sarebbe un salto nel buio. L’Italia, per la sua struttura economica, diventerebbe vulnerabile. Perché siamo un Paese manifatturiero, di grandi trasformatori: acciaieri, ceramisti, cartiere. È impossibile, per noi, basarsi solo sulle rinnovabili. Ci troveremmo a scegliere se far andare gli ospedali o le industrie».
Al di là della domanda energetica, c’è anche carenza di infrastrutture: «Assolutamente sì, mancano le reti che possano gestire i picchi di produzione delle rinnovabili, cioè l’overproduzione che manda in tilt il sistema. Sono tutte cose che devono essere pensate prima, non ci si può lanciare nel baratro. Dobbiamo essere razionali e fare un passo per volta. Le ideologie green ci portano contro un muro a tutta velocità». Dunque, escludiamo pale eoliche e pannelli solari alla spagnola: «Sarebbe impensabile, anche perché non esiste ancora un’accettazione sociale rispetto a queste fonti di energia. Davanti a ogni termovalorizzatore, sotto ogni pala eolica, intorno alle ruspe che scavano per le casse di espansione, spunta un comitato che si mette di traverso. In questa situazione, non c’è alcuna garanzia che gli obiettivi messi nero su bianco nel Pniec (Piano Nazionale Energia e Clima) possano essere davvero raggiunti». Il viceministro osserva che «si chiama “transizione” ecologica, dunque ci vuole tempo. Vuol dire che, prima ancora di pannellare il territorio, bisogna creare una cultura. Il sistema non può cambiare dalla sera alla mattina, altrimenti si rompe. Tutti vogliamo il green: ma vogliamo anche sopravvivere, senza ammazzare il sistema economico. Ora, abbiamo scoperto che fino al 2050 il gas si può usare. Ed è il gas che ci assicurerà la stabilità energetica. Per il resto – conclude Gava –, la soluzione è trovare un mix: raggiungere un’adeguata diversificazione tra fonti fossili – stabili – e rinnovabili – non stabili».