La Corte Suprema ha accolto la richiesta del presidente Donald Trump di revocare lo “status di protezione” per i cittadini venezuelani, esponendoli al rischio di espulsione. La decisione, emessa con un ordine il 19 maggio, precisa che non pregiudica una possibile contestazione della politica adottata dal ministro degli Interni americano Kristi Noem. Il giudice Ketanji Brown Jackson si sarebbe opposto alla richiesta dell’amministrazione, come indicato nell’ordine. Il blocco deciso dalla Corte Suprema è temporaneo e permette alla Corte d’Appello del Nono Circuito di pronunciarsi in merito. Qualora i giudici decidessero di approfondire il caso, il blocco cesserà con la loro sentenza definitiva.
L’amministrazione Trump aveva chiesto alla Corte Suprema di rimuovere il blocco di un tribunale sulla sua decisione di revocare lo status di protezione per oltre 300 mila cittadini venezuelani. L’ordine è giunto dopo un’altra sentenza della Corte Suprema del 16 maggio, che aveva impedito al Presidente di espellere presunti membri di gang venezuelane ai sensi dell’Alien Enemies Act (delle leggi secondo cui il Presidente può espellere dei cittadini stranieri durante alcune circostanze particolari come conflitti o guerre).
Il procuratore generale degli Stati Uniti, D. John Sauer, intervenendo sul caso dello status di protezione temporanea, ha dichiarato alla Corte Suprema che un giudice federale in California aveva oltrepassato la propria autorità. «Il tribunale ha ignorato un chiaro divieto di revisione giudiziaria, ha eluso una norma che consente alle agenzie di revocare azioni non ancora in vigore e ha accolto una teoria di “pari protezione” priva di fondamento, emettendo un’ingiunzione universale che interferisce con le operazioni fondamentali dell’Esecutivo», ha sostenuto Sauer. Il procuratore ha aggiunto inoltre che tale ordine «mina le scelte delle istituzioni politiche, impedendo al ramo esecutivo di attuare una politica migratoria urgente e prolungando a tempo indeterminato uno status migratorio che il Parlamento, in realtà, voleva fosse temporaneo».
La questione nasce da una causa intentata dalla National Temporary Protected Status Alliance contro il ministro Noem. Il programma Temporary Protected Status, istituito da un atto del Parlamento nel 1990, consente al ministro degli Interni di impedire l’espulsione e offrire un percorso verso la cittadinanza per immigrati irregolari qualificati che non possono rientrare in sicurezza nel proprio Paese d’origine.
A partire da marzo 2021, l’allora ministro degli Interni Alejandro Mayorkas aveva concesso al Venezuela la designazione di Temporary Protected Status a causa di una «grave emergenza umanitaria», segnata da conflitti politici, carenze di cibo, medicinali e «forte povertà». Lo status per ciascuna sezione del programma è stato rinnovato più volte, l’ultima proroga è stata concessa il 17 gennaio, poco prima che Trump entrasse in carica, con una scadenza prevista per il 2026.
Noem ha cancellato la proroga della designazione del 2023 poco dopo il suo insediamento, quindi quella sezione del programma sarebbe terminata il 7 aprile. La versione del programma del 2021 dovrebbe invece proseguire fino a settembre.
Il giudice distrettuale della California Edward Chen ha bloccato la cancellazione il 31 marzo, dichiarando che le leggi citate da Noem nei documenti giudiziari «non le conferiscono l’autorità» di cancellare la proroga del Temporary Protected Status per il Venezuela, sottolineando inoltre che una tale proroga non era mai stata cancellata nei 35 anni di storia del programma.
Chen ha anche rilevato che la decisione di Noem di terminare il programma «per motivi di sicurezza nazionale» era priva di fondamento, dato che «non ci sono evidenze che i beneficiari venezuelani dello status siano membri della gang Tren de Aragua o abbiano collegamenti con la gang», ha poi aggiunto che «generalizzare la criminalità per l’intera popolazione venezuelana sa di razzismo basato su stereotipi falsi e generalizzati».
L’amministrazione ha sostenuto che il giudice avesse erroneamente etichettato Trump e Noem come razzisti. Inoltre, ha affermato che gli individui soggetti a rimozione avrebbero potuto contestare, a livello individuale, la legittimità della loro espulsione.
La causa è una delle molte che mettono in discussione le politiche migratorie di Trump. La settimana scorsa, l’amministrazione ha affrontato in aula i ricorsi contro l’ordine del Presidente sulla cittadinanza per nascita, bloccato da tre ingiunzioni nazionali. Questi e altri casi hanno alimentato il dibattito sull’equilibrio di potere tra il ramo giudiziario e quello esecutivo.
Sempre la settimana scorsa, Trump ha attaccato la Corte Suprema per la sua decisione in uno dei procedimenti che contestano l’uso dell’Alien Enemies Act per espellere membri della gang venezuelana Tren de Aragua. «La Corte Suprema degli Stati Uniti mi impedisce di fare ciò per cui sono stato eletto», ha scritto su Truth. «Questa decisione farà entrare più criminali nel nostro Paese, causando gravi danni».
In quel caso, la Corte Suprema ha stabilito che l’amministrazione non aveva dato ai detenuti tempo sufficiente per opporsi alla loro espulsione. Il blocco potrebbe infatti essere revocato ed è «in attesa di ulteriori sviluppi». Sebbene i giudici non abbiano ancora emesso una sentenza definitiva sulla legittimità dell’uso dell’Alien Enemies Act da parte di Trump contro la gang Tren de Aragua, ad aprile avevano chiarito che i detenuti hanno diritto a contestare la loro detenzione.