Il 30 aprile 1975, con la caduta di Saigon, si ricorda la fine della guerra del Vietnam, che chiude una delle pagine più drammatiche del Novecento. Prima dello scoppio del conflitto, il Vietnam, ex colonia francese dall’Ottocento, aveva visto crescere il nazionalismo anticoloniale, culminato nella lotta dei Viet Minh contro la Francia, sconfitta a Dien Bien Phu nel 1954. Questo passato coloniale aveva alimentato il desiderio di indipendenza e il sostegno al comunismo di Ho Chi Minh, opposto al Sud filo-occidentale.
La Guerra del Vietnam nasceva quindi in un Paese diviso in due: Vietnam del Nord, dominato dal comunismo e sostenuto da Cina e Unione Sovietica, e il Vietnam del Sud, appoggiato dall’Occidente.

Per vent’anni, il Vietnam è stato il teatro di sofferenza e distruzione, tra villaggi distrutti, foreste devastate e intere famiglie spezzate da armi chimiche come l’Agente Arancio. Si stima che il conflitto abbia portato via la vita di circa 2 milioni di civili, oltre un milione di combattenti vietnamiti e 58 mila soldati americani, con numerosi veterani che portavano a casa gravissimi traumi.
L’intervento diretto di Washington è cominciato nel 1965, con le cosiddette operazioni “search and destroy” per stanare i Viet Cong, affidandosi a elicotteri, artiglieria pesante e bombardamenti con i B-52.
Tra il ’65 e il ’68 avvenivano una serie di bombardamenti nel Vietnam del Nord per distruggere diverse infrastrutture, e la “pista” di Ho Chi Minh (il Presidente del Vietnam del Nord), una rete di rifornimenti attraverso Laos e Cambogia. I risultati tuttavia, erano limitati, grazie alle difese antiaeree sovietiche e alla resilienza nordvietnamita.
La Guerra del Vietnam si distingueva per le tattiche dei Viet Cong, che usavano imboscate, trappole esplosive e tunnel, mescolandosi ai civili. Di conseguenza i soldati americani, vivevano costantemente nell’ansia e nella paranoia di essere attaccati e uccisi dai soldati irregolari mischiati ai civili. A differenza della Seconda Guerra Mondiale, con fronti chiari e “ben delineati”, i combattimenti nella giungla vietnamita erano imprevedibili, caratterizzati da attacchi notturni, trappole di ogni genere e mine anti-uomo che intensificavano lo stress dei soldati.

Negli Stati Uniti intanto, si respirava sempre più il clima di una nazione divisa e stanca del conflitto, dando vita a un movimento pacifista e di protesta. Il modo in cui il mondo vede la guerra era cambiato per sempre: la televisione portava il dolore del Vietnam nelle case di tutti, rendendo impossibile per le persone non associare la brutalità della guerra direttamente ai veterani. I veterani al loro ritorno, venivano spesso insultati o ignorati. Chi tornava (salvo, ma non necessariamente “sano”) dal Vietnam si sentiva tradito dal governo e dalla società, a differenza degli eroi della Seconda Guerra Mondiale.
La Guerra del Vietnam è stata uno dei primi conflitti in cui veniva riconosciuto il disturbo da stress post-traumatico come un problema diffuso, anche se inizialmente poco compreso. I veterani riportavano incubi, flashback, ansia e difficoltà di reinserimento a causa dell’esposizione prolungata a combattimenti intensi e traumatici.
Il conflitto si è chiuso il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, quando le forze dell’Esercito Popolare del Vietnam e dei Viet Cong hanno conquistato la capitale del Vietnam del Sud. Dopo il ritiro delle truppe americane, completato nel 1973 in seguito agli Accordi di Parigi, il Vietnam del Sud, privo di supporto militare e con un esercito debole e corrotto, non riusciva a resistere all’attacco del Nord, meglio noto come “Offensiva di Primavera”.

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Con la caduta di Saigon, il Vietnam si è riunificato sotto un unico governo comunista come Repubblica Socialista del Vietnam. Ma il prezzo di questa vittoria, come è in ogni guerra di questa portata, è stato immenso: un Paese da ricostruire, ferite da risanare e un mondo che ha dovuto imparare (di nuovo) le lezioni di un conflitto orribile.
La Guerra del Vietnam rappresenta sicuramente il valore della pace, il pericolo delle divisioni ideologiche e l’importanza di ascoltare le voci di chi vive la guerra sulla propria pelle.