Polizia segreta cinese minaccia avvocati. Avevano difeso i cittadini nella denuncia contro Jiang Zemin

Qinglongshan, che in cinese significa drago azzurro di montagna, è un progetto agricolo che potrebbe sembrare irrilevante e si trova sulla parte nord-orientale della Cina, vicino alla Siberia. 

Ma Qinglongshan è anche sede di un cosiddetto ‘Centro legale di Educazione’, una struttura statale che viene utilizzata per il rimodellamento ideologico forzato dei praticanti del Falun Gong, una pratica tradizionale di meditazione che viene perseguitata dal Partito Comunista cinese dal 1999. Sotto la copertura del nome ufficiale, questa struttura perpetra il lavaggio di cervello ai danni dei praticanti del Falun Gong, nel tentativo di costringerli a rinunciare alla loro fede. 

Da diversi anni gli avvocati difendono queste persone, ma loro stessi sono vittime di vessazioni e pressioni da parte della polizia, che vuole spingerli a rinunciare alla difesa dei loro assistiti. Il primo dicembre scorso, tre avvocati che lavorano al caso più noto legato a Qinglongshan, sono stati convocati per un interrogatorio; l’azione era parte di un tentativo della polizia segreta del Partito Comunista di accertare il loro coinvolgimento in una denuncia contro Jiang Zemin, ex leader del Partito comunista che ha ideato, avviato e guidato la campagna di persecuzione contro il Falun Gong. 

Gli avvocati erano finiti nel mirino della polizia dopo il 28 ottobre 2015, quando avevano presentato, per conto dei loro clienti, una denuncia penale contro le autorità locali ai pubblici ministeri della provincia dell’Heilongjiang. Ma invece che avviare le indagini, i pubblici ministeri hanno semplicemente passato i documenti alla polizia segreta – lo stesso reparto  accusato di gestire il centro di lavaggio di cervello. La polizia segreta, in particolare, non aveva tollerato il fatto che tra i documenti fosse presente una petizione firmata da 1.300 residenti della zona di Jiansanjiang (in cui si trova Qinglongshan) a sostegno delle vittime della tortura che hanno ora sporto denuncia contro Jiang Zemin. 

«Sembra che abbia avuto un grande impatto», ha dichiarato Chang Boyang, avvocato dei diritti umani, in riferimento alla reazione del regime. Gli avvocati Chang Boyang, Ren Quanniu e Wang Lei, tutti della provincia dell’Henan, sono stati contattati dalla magistratura inquirente per ordine dell’Ufficio 610 della provincia settentrionale dell’Heilongjiang. ‘Ufficio 610’ è il nome non ufficiale dato a un particolare reparto del Partito Comunista che opera al di fuori della legge e che è stato specificamente istituito da Jiang Zemin per perseguitare i praticanti del Falun Gong. Si tratta di un reparto autorizzato dal Partito a mettere sotto sorveglianza i più alti esponenti della polizia e della magistratura giudicante. «I familiari degli imputati hanno denunciato Jiang Zemin, e abbiamo denunciato il giudice per la sua incapacità di attenersi alla legge», ha detto Chang. «Chiediamo che i reati del giudice siano sottoposti a indagine, così come l’esistenza illegale del centro di lavaggio del cervello di Qinglongshan». 

‘TASK FORCE SPECIALE’ 

L’avvocato Ren Quanniu, che ha ottenuto informazioni da fonti interne, ha riferito che le autorità del regime di Jiansanjiang hanno risposto alla lettera e alle petizioni locali che si sono associate creando la ‘Task force speciale 1028’. Quest’unità è stata istituita per colpire gli avvocati dei diritti umani coinvolti nel caso, poiché sono ritenuti responsabili per l’aumentato interesse della popolazione nei confronti del caso stesso. 

Gli allarmi all’interno degli organi di sicurezza del regime erano iniziati il 28 ottobre, quando Han Sujuan, una praticante del Falun Gong in precedenza detenuta nel centro di lavaggio di cervello di Qinglongshan, aveva presentato la documentazione in originale. Con l’aiuto degli avvocati difensori, Han e altre persone coinvolte nel caso di Jiansanjiang avevano infatti consegnato alla Procura dell’Heilongjiang una lettera congiunta di denuncia firmata da oltre 50 vittime e un disco contenente 14 discorsi incisi da altre persone. 

CAUSA CONTRO L’EX LEADER 

Il sostegno dato ai praticanti del Falun Gong accusati ingiustamente, è parte di una numero crescente di petizioni che condannano la persecuzione del regime cinese. Per esempio a Tangshan, una metropoli vicina a Pechino, 27 mila persone hanno sostenuto l’azione legale contro Jiang Zemin, con tanto di nomi e impronte digitali con l’inchiostro cinabro, come vuole lo stile tradizionale cinese. Da maggio 2015 il numero totale di persone che hanno sostenuto la denuncia contro Jiang Zemin ammonta a 200 mila persone. 

Questo è successo dopo che una nuova norma ha reso possibile ai cittadini comuni di poter presentare cause civili ai tribunali e alle autorità giudiziarie superiori. Gli eventi che hanno portato a questa riforma non sono chiari, ma negli ultimi anni il regime comunista ha sempre fatto appello a slogan come ‘Stato di diritto’ per rafforzare la sua legittimità, in una società in cui l’ideologia marxista ha visto la diminuzione dei consensi. 

A ogni modo le reazioni delle autorità non sono sempre state positive. In certi casi, alcuni membri delle forze dell’ordine hanno elaborato la richiesta dei praticanti del Falun Gong e li hanno supportati. In altri casi, hanno maltrattato o arrestato i denuncianti. 

Oltre alla denuncia contro Jiang Zemin, un’altra azione collettiva ha ottenuto un ampio consenso in Cina: da inizio del 2015, oltre 50 mila persone in Cina hanno firmato una petizione che condanna la pratica del prelievo forzato di organi, in cui i praticanti del Falun Gong e altri prigionieri vengono uccisi negli ospedali statali per alimentare il traffico illegale d’organi. 

ATTRITO GIURIDICO A JIANSANJIANG 

Il centro di lavaggio di cervello di Qinglongshan ha iniziato la sua attività nel 2010, quando la polizia cinese aveva istituito il ‘Centro di Educazione legale del Dipartimento agricolo dell’Heilongjiang’, nei dintorni del villaggio.
Secondo Minghui, un sito che riporta informazioni di prima mano sul Falun Gong, questo posto viene utilizzato come ‘prigione nera’. Con questa espressione i cinesi identificano luoghi di detenzione illegale predisposti dai funzionari locali del regime, in cui di solito vengono rinchiusi i petizionisti, gli attivisti e altre persone scomode, senza il rispetto di alcuna procedura legale. Da quando la Cina ha abolito il sistema di campi di lavoro nel 2013, le cosiddette ‘prigioni nere’ come Qinglongshan sono diventate le strutture preferite dalle agenzie del regime coinvolte nella repressione del Falun Gong negli ultimi anni. 

I praticanti imprigionati a Qinglongshan vengono picchiati dalla polizia e da delinquenti pagati apposta, sono rinchiusi in condizioni artroci e costretti a vedere materiale propagandistico contro il Falun Gong, con l’obiettivo di far rinnegare loro la fede e giurare fedeltà al Partito Comunista cinese. 

A maggio 2015 quattro praticanti ancora imprigionati a Qinglongshan – Li Guifang, Shi Mengwen, Wang Yanxin e Meng Fanli – sono stati condannati illegalmente a pene detentive che vanno da due a tre anni ognuno. Per impedire agli avvocati di raggiungere l’aula, è stato persino dispiegato un reparto di polizia armata in uniforme da combattimento. 

 

      Per saperne di più:

 

Articolo in inglese: ‘ Chinese Secret Police Menace Lawyers Aiding Lawsuit Against Former Party Chief

 
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