Nordio: nessuna volontà di rivalsa nei confronti della magistratura

di Agenzia Nova
14 Novembre 2025 10:44 Aggiornato: 14 Novembre 2025 10:44

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in una intervista al Sole 24 Ore dice di non riconoscersi in una lettura della riforma costituzionale all’insegna del revanscismo da parte della politica nel confronti della magistratura: «Non è una volontà di rivincita e tantomeno di vendetta da parte della politica a ispirare la riforma. C’è piuttosto la necessità di un riequilibrio tra poteri, tra quello giudiziario e quello legislativo. La magistratura non ha mai aggredito la politica e non ha mai cercato di sostituirsi a essa, semmai è stata la politica che in maniera anche codarda ha fatto passi indietro, lasciando spazi che la magistratura ha poi occupato». «Non ripeterò mai abbastanza – continua il ministro – che centrale nella legge di modifica costituzionale non è tanto contrastare la possibilità per un giudice di diventare pubblico ministero e viceversa, già oggi limitata, quanto invece da evitare è che per lo stesso Csm ci siano richieste incrociate di voti tra giudici e pubblici ministeri, che ci sia una giustizia domestica troppo compiacente, stanza di compensazione, e comunque condizionata dalle correnti. Sono tutte misure che crediamo andranno a rafforzare, non a indebolire, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura».

Esiste un reale pericolo per la magistratura nel sovraccaricare politicamente l’appuntamento del referendum: «Credo di sì, soprattutto perché noi il referendum pensiamo di vincerlo e avere a che fare con una magistratura umiliata da una sconfitta politica non è certo obiettivo né mio né del Governo». Nordio non ritiene comunque pericolosa per i cittadini l’accentuazione del profilo investigativo della pubblica accusa, con un Csm proprio, del tutto autoreferenziale: «Già adesso il pubblico ministero è una sorta di superpoliziotto, soprattutto dopo che con la riforma del Codice di procedura penale oltre che monopolista dell’azione penale è stato fatto diventare capo della polizia giudiziaria. Il pericolo oggi mi sembra diverso e cioè che l’unicità del Csm e la commistione tra la figura del giudice e quella del pubblico ministero, faccia perdere al giudice quella terzietà che lo deve assolutamente caratterizzare».

La legge di riforma mette nelle mani del Governo non solo l’istituzione dell’Alta corte disciplinare ma anche una ridefinizione dell’intera tipologia degli illeciti disciplinari: «Prioritario è evitare la situazione attuale dove i potenziali giudicati eleggono il loro giudice, con quest’ultimo che magari anni prima ha telefonato ai primi per chiederne il voto, un cortocircuito totalmente irrazionale, che attendo ancora mi sia spiegato. Per il resto – conclude Nordio – , ritengo che la legge attuale sulla determinazione delle figure di illecito sia adeguata, non è lì il problema, quanto nell’indipendenza del soggetto giudicante; del resto basta vedere l’esiguo numero di sentenze disciplinari pronunciate a fronte delle tante anomalie registrate. Lo stesso scandalo Palamara si è poi risolto in un nulla di fatto, buttando la polvere sotto il tappeto, con poche dimissioni di consiglieri».


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