Xi Jinping difende la ‘globalizzazione’ a vantaggio della Cina

Per la prima volta, un leader del regime cinese ha partecipato al World Economic Forum, l’incontro solitamente riservato ai capitalisti duri e puri, non certo ai leader di un Paese formalmente comunista.

In passato, d’altronde, per la Cina non sarebbe stato certo necessario partecipare, visto che tutto andava secondo i piani quinquennali. Ma dalla sua ammissione all’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, la Cina ha simulato in tutti i modi possibili un sistema liberista, per beneficiare del libero scambio e della globalizzazione, una gallina dalle uova d’oro che non poteva lasciarsi scappare.

Il gigante asiatico ha evitato norme ambientali e sicurezza dei lavoratori per attrarre investimenti e produzione; fino al 2014, ha manipolato la sua moneta tenendo artificiosamente bassi i tassi di cambio col dollaro per diventare competitiva; ha inondato le industrie statali dell’acciaio e del fotovoltaico con sussidi e capitali in prestito a tassi forzatamente bassi per riuscire a vendere prodotti in perdita in Europa e Stati Uniti, mandando in bancarotta la concorrenza. Senza contare gli episodi di palese furto di proprietà intellettuale in patria e all’estero.

Quindi, il libero scambio e la globalizzazione hanno funzionato bene per la Cina, soprattutto perché questa non ha mai giocato secondo le regole, col risultato che milioni di posti di lavoro, miliardi in capitali e prezioso know-how sono confluiti in Cina da tutto l’Occidente.

Non stupisce quindi che Xi Jinping voglia continuare a sfruttare questa gallina dalle uova d’oro: «Dobbiamo rimanere impegnati a sviluppare il libero scambio e l’investimento globale, promuovere il commercio e la liberalizzazione degli investimenti e la facilitazione attraverso l’ampliamento e dire no al protezionismo», ha dichiarato il 17 gennaio al World Economic Forum, che si tiene ogni anno nella cittadina svizzera di Davos.
Mentre, in realtà, la Cina continua a non consentire la libera circolazione dei capitali, manipola lo yuan e impedisce arbitrariamente alle imprese straniere di operare regolarmente in Cina col pretesto della «condotta monopolistica».

GIOCARE SECONDO LE REGOLE

Il capo del Pcc presenta una Cina che gioca secondo le regole, ma storicamente non è così. E vuole assicurarsi che gli Stati Uniti sotto Donald Trump e i leader populisti europei capiscano che la Cina vuole mantenere l’attuale assetto per continuare a fare i propri interessi: «Nessuno uscirebbe vincitore da una guerra commerciale – ha detto Xi – Ci auguriamo che anche altri Paesi mantengano la porta aperta agli investitori cinesi e ci mettano nelle stesse condizioni».
Xi ha reiterato la solita argomentazione, vecchia ed errata, secondo cui la Cina importa molto e di conseguenza contribuisce non poco alla crescita globale, mentre la verità è che esporta più di quanto importa e perciò blocca la crescita al resto del mondo.

A causa di questa discrepanza tra teoria e realtà, Donald Trump sta ora mettendo pressione sulla Cina per cominciare una partita equa. E anche se Xi Jinping può sembrare giusto nelle sue argomentazioni, sul fatto che tutti avrebbero da perdere in una guerra commerciale, le analisi storiche mostrano che il Paese con un surplus commerciale solitamente perde più degli altri.

Tuttavia, se si prende il discorso di Xi alla lettera, non avrà nulla di cui preoccuparsi da parte di Trump. Ma dovrebbe fare le riforme economiche promesse e creare una Cina aperta come gli Stati Uniti o l’Europa: nessun controllo sui capitali, valuta non manipolata dallo Stato, protezione dei diritti di proprietà intellettuale e gli stessi standard ambientali e di sicurezza.

Xi promette di «ampliare l’accesso al mercato per gli investitori stranieri, costruire zone commerciali di libero scambio, rafforzare la tutela dei diritti di proprietà e mettere tutti nelle stesse condizioni per rendere il mercato della Cina più trasparente e meglio regolamentato». Se lo farà, avrà veramente contribuito al commercio libero e alla globalizzazione.

Approfondimento

Articolo in inglese: ‘Xi Jinping Defends China’s Golden Goose in Davos

Traduzione di Massimiliano Russano

 
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