Wang Qishan nominato vicepresidente della Cina

Non c’è stato nessun colpo di scena quando il 17 marzo 2018 al Congresso nazionale del Pcc, l’ex segretario della Commissione centrale per l’ispezione disciplinare e fedelissimo di Xi Jinping Wang Qishan è diventato ufficialmente vicepresidente della Cina, con 2.969 voti a favore e uno contro.

Il 24 ottobre 2017 Wang si era dimesso dalla Commissione ed era rimasto senza incarico per quasi cinque mesi, ma ci si aspettava il suo ritorno in qualche veste; ora con l’aiuto di Xi Jinping, Wang avrà ancora più influenza e potrà dare miglior sopporto al leader supremo del Pcc.

Secondo la Costituzione modificata nel 1982 dal Pcc, le responsabilità del vicepresidente di «assistere nel lavoro del presidente; assumersi alcune responsabilità del presidente quando gli sono affidate; in assenza o decesso improvviso del presidente, ricoprire il suo ruolo».

Stretta di mano di gioia tra Xi Jinping (destra) e Wang Qishan (sinistra) dopo l’elezione a Vicepresidente della Cina di quest’ultimo (NICOLAS ASFOURI/AFP/Getty Images).

In Cina, finora è sempre stato il segretario generale del Partito Comunista Cinese a detenere il vero potere: quello del presidente è un ruolo simbolico, e anche il vicepresidente non ha mai avuto in realtà alcun potere. Durante i 15 anni che vanno dal 1938 al 1988, i vicepresidenti cinesi sono stati Wu Lanfu, Wang Zhen, Rong Yiren, personaggi ignoti e senza alcuna responsabilità concreta. E anche i successivi vicepresidenti Hu Jintao, Zeng Qinghong e Xi Jinping, hanno tratto il loro potere non dalla carica di vice e successivamente di presidente, ma dall’essere membri del Politburo, un organo non dello Stato ma del Partito.

Ora Xi Jinping è sia presidente che segretario generale del Pcc e ha scelto come vice presidente Wang: un suo amico, sostenitore e collaboratore di lunga data, che da cinque mesi era sparito dalla scena. E probabilmente questo sarà l’inizio di nuovo modo di intendere il ruolo di vice presidente con un mandato senza tempo. Alcuni pensano che questo cambiamento delle consuetudini sia voluto proprio da Xi per aumentare il potere del presidente e sviluppare un sistema a forte caratterizzazione presidenziale, uscendo lentamente fuori dal dominio del Pcc.

Per il neo nominato Wang, gli affari di Hong Kong e Macao saranno la priorità. Ma per Xi adesso le massime urgenze sono lo sviluppo dell’economia, la questione della possibile guerra commerciale con l’America e il problema della Corea del Nord. Wang Qishan ha grande esperienza nel gestire l’economia, e perciò molto probabilmente sarà responsabile dei negoziati con gli Stati Uniti. Per evitare la guerra commerciale contro la Superpotenza, il Pcc aveva già mandato  i membri del Politburo Yang Jiechi e Liu He a Washington a negoziare, ma senza nessun risultato.

Ma a prescindere da quanto potere e capacità abbia Wang Qishan, molti osservatori ritengono che dovrà sempre affrontare difficoltà e conflitti finché continuerà ad agire secondo le regole del Pcc. I metodi violenti o subdoli tipici del Pcc per ottenere tutto subito e calpestando le regole internazionali dei Paesi occidentali, porteranno sempre a forti opposizioni e situazioni di stallo.
Uno degli slogan più diffusi dalla Rivoluzione Culturale di Mao è «lottare contro Cielo e Terra». Ma i fatti suggeriscono che se l’alleanza Xi-Wang vorrà avere successo e dare davvero al popolo cinese «un futuro luminoso e pieno di purezza e speranza», non c’è alternativa se non abbandonare la gestione del potere tipica del Pcc. E traghettare la Cina fuori dall’incubo del dominio totalitario del comunismo.

 

 
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