Vaccino, Conte: primo impatto significativo in primavera inoltrata

Di Marco D'Ippolito

Il «primo impatto significativo» del vaccino arriverà in «primavera inoltrata», quando si concluderà la prima fase, ovvero la vaccinazione di 10-15 milioni di cittadini. Questo è quanto dichiarato mercoledì mattina dal premier Giuseppe Conte in occasione della consueta conferenza stampa di fine anno organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

Nella mattinata il premier ha risposto alle domande dei giornalisti per oltre due ore e mezza, spaziando tra molti temi, inclusa naturalmente l’emergenza sanitaria. Tra le altre cose, Conte ha spiegato di essere stato tra i fautori del Vaccine-day europeo del 27 dicembre, durante il quale sono arrivate in Italia 9 mila 750 dosi del vaccino Pfizer-BioNtech, che ha definito come un evento «concreto ma anche molto simbolico». Ad ogni modo, il presidente del Consiglio ci ha tenuto a sottolineare che l’emergenza sanitaria non è affatto finita, che il primo impatto tangibile del vaccino non arriverà prima di aprile, e che l’Italia continuerà ad adottare il sistema di monitoraggio e divisione in fasce: gialle, arancioni e rosse.

Il piano italiano di vaccinazione

Rispondendo a una domanda sul tema, il premier ha dichiarato che l’Italia ha un piano di vaccinazione che consentirà di somministrare il vaccino della Pfizer a 470 mila persone a settimana, per cui «entro gennaio arriveremo all’incirca a 2 milioni 350 mila». «Detto questo – ha continuato il premier – si aggiungerà ragionevolmente nel mese di gennaio anche un altro vaccino, della ditta Moderna, perché l’Ema dovrebbe pronunciarsi nei primi di gennaio». L’Ema è l’Agenzia europea per i medicinali, preposta alla verifica e all’approvazione dei vaccini nell’Ue.

Nella sua risposta il premier ha anche ricordato l’ordine di precedenza stabilito dal governo, in accordo con il Parlamento, per quanto riguarda le vaccinazioni: «Innanzitutto gli operatori sanitari, sociosanitari, poi i residenti e il personale delle Rsa. In Italia queste categorie rappresentano circa 1,8 milioni di persone. A seguire gli ultra 80enni, pari a circa 4,4 milioni. Poi invece passeremo alla fascia anagrafica dai 79 anni ai 60 anni, pari a 13,4 milioni. E poi sarà accessibile a chi ha una patologia cronica, 7,4 milioni di persone. E accessibile a tutti».

Naturalmente, come sottolineato da Conte, si tratta di una «macchina logistica veramente molto complessa, perché man mano che le dosi aumenteranno chiaramente ci sarà un grandissimo sforzo». Ma a suo dire «ci sono tutte le premesse perché l’Italia, che spesso viene considerata un po’ Cenerentola sul piano organizzativo, possa dimostrare invece di essere all’altezza di questa grande sfida».

D’altra parte, non sono mancate le critiche dei giornalisti che hanno sottolineato come l’Italia non abbia ancora un cronoprogramma pubblico relativo alle vaccinazioni.

Sull’obbligatorietà del vaccino

Durante la conferenza, il presidente del Consiglio ha ribadito che il governo non intende intervenire «con il vincolo della obbligatorietà ma con la comunicazione, spiegheremo bene perché dobbiamo ragionare in termini scientifici e man mano poi che le persone si sottoporranno [alla vaccinazione] si acquisirà, immagino, anche maggior confidenza da parte del resto della popolazione».

Tuttavia, rispondendo a una domanda sull’istituzione di un possibile ‘tesserino dei vaccinati’, Conte ha risposto: «Ci sono alcune proposte in questa direzione, cioè che chi si sottopone a vaccinazione possa avere una sorta di abilitazione per una maggiore mobilità. Faremo queste valutazioni. Per adesso non abbiamo ancora deciso nulla in questa direzione».

La questione dei 30 milioni di vaccini extra acquistati dalla Germania

Negli ultimi giorni ha fatto scalpore la notizia secondo cui la Germania si sarebbe aggiudicata 30 milioni di dosi in più contrattando per conto proprio con le ditte farmaceutiche, al di fuori del grande piano vaccinale europeo. Per questo nella mattinata di mercoledì Ileana Sciarra di Adnkronos ha chiesto al premier perché l’Italia non abbia percorso la stessa strada.

Conte ha risposto che «l’Italia non l’ha fatto perché all’articolo 7 del contratto e della decisione assunta dalla Commissione Europea c’è il divieto di approvvigionarsi per via bilaterale se si accede a livello europeo». Tuttavia, ha anche specificato in seguito di non avere «elementi di conoscenza dettagliata» riguardo le presunte trattative tedesche e che la sua non era quindi un’accusa nei confronti della Germania.

«Che estate ci aspetta?»

Un giornalista di Radio Rai, sebbene possa sembrare prematuro, ha domandato al premier quale potrebbe essere la situazione sanitaria nella prossima estate. Questo perché – come spiegato nella sua premessa – il ministro Speranza, il premier e diversi esperti hanno dichiarato che per sconfiggere la pandemia potrebbero volerci ancora, nonostante i vaccini, diversi mesi, se non addirittura un anno.

Conte ha risposto ironicamente che i «presagi che si addicono più ai chiromanti che al presidente del Consiglio», ma ha ribadito che «i problemi relativi alla sicurezza e alla salute di questa pandemia» non si risolveranno con il completamento della prima fase di vaccinazione (10-15 milioni di persone).

In primavera «avremo un primo impatto, non quello definitivo – ha aggiunto il premier – non l’immunità di gregge per intenderci. Quindi ragionevolmente potremo ancora durante l’estate non aver risolto il problema della pandemia, potremo portarcelo ancora».
Tuttavia, Conte ha anche osservato che guardando all’esperienza passata «nel periodo estivo la curva del contagio, per ragioni varie, è una curva che tende ad abbassarsi».

Ad ogni modo, ha ribadito che il governo non ha intenzione di dismettere a breve il sistema di divisione in fasce di rischio, con le annesse restrizioni, del territorio italiano: «Noi abbiamo un sistema di monitoraggio che continueremo ad applicare, quello delle zone arancioni, gialle, rosse, che ci consente, ci ha consentito e ci consentirà interventi ben circoscritti, limitati allo stretto necessario, senza penalizzazioni indiscriminate e indifferenziate».

«Continueremo a lavorare in questi termini, confidiamo che man mano che il piano vaccinale vada avanti, man mano che queste misure ben dosate continuino a funzionare, potremo far correre l’economia e non comprimere anche la vita sociale dei cittadini».

La scottante questione economica

È del 28 dicembre la pubblicazione da parte dell’Ufficio Studi di Confcommercio di alcuni preoccupanti dati relativi allo stato dell’economia italiana: si stimano in 390 mila le imprese che hanno chiuso definitivamente i battenti nel 2020, di cui almeno 240 mila lo avrebbero fatto esclusivamente a causa della pandemia e delle annesse restrizioni sanitarie. Per giunta i dati si riferiscono unicamente ai settori del commercio non alimentare e dei servizi. Al contempo, sarebbero oltre 200 mila i professionisti che hanno deciso di chiudere la propria partita Iva nel 2020.

In questo contesto, Luca Mariani dell’Agenzia Agi ha sollevato durante la conferenza di mercoledì una domanda particolarmente delicata, sottolineando che «fino a marzo ci saranno la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, cosa dobbiamo aspettarci ad aprile, un terremoto sociale? Cosa pensa di fare il governo?». E Conte ha risposto che effettivamente quello descritto dal giornalista è «tra gli scenari che preoccupano di più».

«È uno scenario molto preoccupante – ha continuato il premier – perché chiaramente fin qui abbiamo costruito una cintura di protezione sociale che più o meno sta funzionando […] Però è chiaro che dobbiamo continuare a lavorare a questi tavoli che sono già costituiti per la riforma degli ammortizzatori sociali, e anche per rendere più incisive le politiche attive del lavoro».

 
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