Usa: vendita di armi da record nel 2020, tra ansia per la pandemia e incertezze politiche

Di Tom Ozimek

Le vendite di armi da fuoco negli Stati Uniti hanno registrato un nuovo record nel 2020: un anno segnato dalla pandemia e da tensioni sociali e politiche.

Nel 2020, le autorità federali hanno effettuato oltre 39 milioni e 500 mila controlli [background check, ndt] necessari per la vendita di armi da fuoco, un solido indicatore dell’andamento del mercato delle armi statunitense.

Il personale del National Instant Criminal Background Check System (Nics) ha elaborato quasi 4 milioni di controlli a dicembre, il mese più impegnativo secondo i registri. Da quando è stato istituito nel 1998, il sistema Nics ha elaborato più di 300 milioni di controlli, tra cui oltre un milioni e mezzo sono risultati in un rifiuto.

Sebbene l’andamento della vendita di armi abbia visto una crescita costante dal 2005, quando sono stati effettuati quasi 9 milioni di controlli, lo scorso anno è stata registrata un’attività straordinaria, con quasi il 40% di controlli in più rispetto al 2019.

Grafico che mostra il numero dei controlli sui background per la vendita di armi da fuoco negli Stati Uniti, 1999-2020. (Dati: FBI; Grafico: Tom Ozimek/Epoch Times)

È vero che le vendite di armi tendono ad aumentare negli anni delle elezioni, ma gli esperti hanno rilevato nuove tendenze nel 2020, un anno segnato dalle preoccupazioni legate alla pandemia, dai disordini sociali e dall’incertezza politica.

Mark Hanish, presidente delle vendite globali e del marketing di Ammo, azienda statunitense leader nel settore delle munizioni, ha dichiarato al Financial Times che parte dell’aumento delle vendite di armi è avvenuto tra le persone che in passato non possedevano armi da fuoco, a causa di una combinazione di fattori come la pandemia, le elezioni e la preoccupazione per «disordini civili e incertezza»: «Nelle passate corse elettorali, le persone che tradizionalmente erano già proprietarie di armi acquistavano di più. Questa invece è gente nuova».

In uno studio condotto prima delle elezioni di novembre, i ricercatori hanno scoperto che le preoccupazioni per la pandemia avevano provocato un’impennata nelle vendite di armi in California e aumentato la propensione dei proprietari a tenere le proprie armi da fuoco cariche e non sotto chiave.

Le persone che hanno comprato armi da fuoco durante l’epidemia hanno citato, tra le ragioni, la mancanza di legalità, il rilascio di prigionieri, la crescente ingerenza del governo, il crollo del governo e la chiusura dei negozi di armi, secondo lo studio.

«La violenza è un significativo problema di salute pubblica che si è intrecciato con la pandemia di coronavirus», hanno scritto i ricercatori, notando che il virus stesso e «gli sforzi per ridurre la sua diffusione hanno aggravato questo fardello». L’isolamento legato ai lockdown, la disoccupazione e il senso di disperazione – fattori che secondo i ricercatori contribuiscono alla violenza – si sono intensificati durante la pandemia.

Dal canto loro, i produttori di armi da fuoco hanno senz’altro beneficiato economicamente da questa tendenza. Infatti, «non c’è mai stata un’impennata duratura nelle vendite di armi da fuoco come quella che stiamo vivendo», ha dichiarato al Financial Times Jim Curcuruto, direttore della ricerca della National Shooting Sports Foundation.

Uno dei fattori che potrebbe aver contribuito all’impennata delle vendite di armi prima delle elezioni di novembre, è la paura di perdere il diritto alle armi da fuoco in caso di vittoria del presidente Joe Biden, che aveva caldeggiato una serie di nuove misure, tra cui il divieto di vendita di armi online e l’intenzione di chiedere agli Stati di introdurre licenze e leggi per un maggiore controllo sulle armi da fuoco (le cosiddette ‘red flag law’).

 

Articolo in inglese: Gun Sales Surged in 2020 on Pandemic Anxiety, Political Uncertainty

 
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