Usa Ue e Giappone accusano la Cina di violazione in sede Wto

Stati Uniti, Giappone e Unione Europea stanno valutando la possibilità di presentare reclamo congiunto contro il regime cinese presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto). La notizia arriva dal quotidiano giapponese Yomiuri Shimbun: oggetto del contendere è la legge cinese che obbliga le aziende straniere che operano in Cina, a trasmettere le proprie conoscenze tecnologiche alle imprese locali.

Usa, Ue e Giappone avrebbero iniziato a discutere dei metodi per contrastare le politiche cinesi a gennaio, e si starebbero preparando per presentare il reclamo già a marzo.
Le imprese straniere hanno avuto spesso la ‘sensazione’ di essere costrette a siglare una joint-venture con aziende locali per poter accedere all’immenso mercato interno cinese. Ed effettivamente nel 2006 il regime cinese ha emanato una normativa, nota come ‘politica dell’innovazione indigena’, che obbliga le aziende straniere a trasferire la propria tecnologia alle controparti cinesi.

Dopo aver presentato il reclamo, le rappresentanze dei Paesi coinvolti dovranno incontrarsi per tentare un accordo. Se non riusciranno a comporre bonariamente la controversia, il caso sarà valutato da un’apposita corte di arbitrato del Wto che stabilirà se ci sia stata una effettiva violazione dei trattati commerciali.

GLI STATI UNITI

I trasferimenti di tecnologia coatti e i furti di proprietà intellettuale del regime cinese hanno messo in allarme l’amministrazione Usa al punto che, ad agosto 2017, Donald Trump ha autorizzato il Rappresentante per il commercio degli Stati Uniti ad aprire un’inchiesta sulle pratiche commerciali cinesi.

La Ip Commission, un pool indipendente di esperti che indaga sul furto della proprietà intellettuale americana, ha stimato che le merci contraffatte, i software pirata, e il furto di segreti commerciali costi all’economia Usa tra i 225 e i 600 miliardi di dollari all’anno. Inoltre la Cina è identificata come il primo trasgressore al mondo dei diritti sulla proprietà intellettuale, causando ogni anno tra il 50 e l’80 per cento delle perdite totali legate a questo genere di violazioni.


Il presidente Donald Trump firma un memorandum per indagare sulle pratiche commerciali della Cina, presso la Casa Bianca di Washington il 14 agosto 2017. (Cris Kleponis-Pool/Getty Images)

Le imprese americane in Cina conoscono bene questi problemi. Durante un’inchiesta del 2018 sul clima imprenditoriale, condotta dalla Camera di commercio americana in Cina, è stato domandato ai responsabili delle imprese quali siano gli ostacoli che bloccano l’innovazione.
Il 27 percento delle aziende intervistate ha indicato la mancanza di un’adeguata tutela della proprietà intellettuale, mentre il 15 per cento ha parlato dei «requisiti di localizzazione della proprietà intellettuale e/o del trasferimento coatto della propria tecnologia»; un altro 15 per cento ha risposto «le politiche locali per l’innovazione, che discriminano le imprese straniere».

UE E GIAPPONE

La Camera di commercio europea in Cina, ha pubblicato un’ inchiesta sulla fiducia degli investitori secondo la quale il 17 percento delle imprese straniere è stata costretta a trasferire la propria conoscenza tecnologica per avere accesso al mercato cinese.
In alcuni settori oltre il 20 per cento delle aziende si sono piegate al trasferimento coatto: nell’aerospaziale il 31 per cento, nell’industria meccanica il 23 per cento, nelle imprese legate all’ambiente e in quelle automobilistiche il 21 per cento.

Secondo l’inchiesta le società automobilistiche basate nelle città di Tianjin e Shenyang, entrambe dotate di un proprio centro manifatturiero, hanno subito pressioni particolarmente forti.

A gennaio del 2017 il regime comunista cinese ha ordinato che le rispettive joint venture devono dimostrare di avere piena padronanza delle tecnologie dei ‘veicoli a carburanti alternativi’ prima che le imprese straniere possano iniziare la produzione delle automobili.
Secondo il Financial Times la Camera di commercio europea ha manifestato la propria preoccupazione per il fatto che la legge cinese richieda alle imprese straniere di trasferire i codici dei software e altre importanti informazioni alle joint venture cinesi.

Anche il Giappone ha subito una grossa perdita quando nel 2004, la Kawasaki Heavy Industries, costruttrice del ‘treno proiettile’ giapponese, ha siglato un accordo con la cinese Csr Sifang.
Poiché in seguito i cinesi hanno brevettato una tecnologia per la costruzione di treni ad alta velocità molto simile a quella giapponese, che ora commercializzano anche all’estero. Perciò adesso il Giappone deve affrontare la concorrenza delle imprese ferroviarie cinesi che offrono la sua tecnologia a prezzi più bassi.


Un ‘treno proiettile’ (Shinkansen) viaggia sopra le strade di Tokyo, il 18 maggio 2016. (Toru Yamanaka/AFP/AFP/Getty Images)

TENSIONI COMMERCIALI

Recentemente c’è stata un escalation di tensioni nelle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. A gennaio Trump aveva promesso che avrebbe sanzionato la Cina per le pratiche di furto della proprietà intellettuale.
In seguito, l’amministrazione Usa ha definito «un errore» aver sostenuto l’ingresso della Cina nel Wto, e infine ha imposto dazi sull’importazione di pannelli solari e lavatrici (la Cina è leader nella produzione dei pannelli solari).


L’ ambasciatore Usa Terry Edward Branstad (sn) stringe la mano al leader cinese Xi Jinping presso la Grande Sala del Popolo di Pechino il 30 settembre 2017. (Lintao Zhang/AFP/Getty Images)

Ma sembra che il regime cinese voglia riconciliarsi con gli Stati Uniti: il Consigliere di Stato Yang Jiechi si è recentemente recato a Washington per una serie di incontri ufficiali finalizzati ad appianare le tensioni commerciali.

Il Financial Times ha anche riportato che il 13 febbraio Terry Branstad, ambasciatore Usa in Cina, ha avuto un colloquio privato con il leader cinese Xi Jinping e il suo fidato consigliere Wang Qishan, volto a risollevare le relazioni tra i due Paesi.

 

Articolo in inglese: US, EU, Japan Will Take China to Task for Violating WTO Rules

Traduzione di Marco D’ippolito

 
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