Usa, inserite nella lista nera aziende cinesi che favoriscono le violazioni nello Xinjiang

Di Eva Fu

Il 9 luglio l’amministrazione Biden ha aggiunto un totale di 19 aziende cinesi alla sua lista nera economica, per il loro ruolo nel promuovere le violazioni dei diritti umani di Pechino e nel sostenere l’aggressione militare.

Nella lista nera sono inclusi anche 15 enti legati a Russia e Iran, per un totale di 34.

«Il Dipartimento del Commercio rimane fermamente impegnato a intraprendere un’azione forte e decisa per colpire le aziende che si rendono complici delle  violazioni dei diritti umani nello Xinjiang o che utilizzano la tecnologia degli Stati Uniti per alimentare gli sforzi destabilizzanti di modernizzazione militare della Cina», ha affermato il segretario al Commercio Gina Raimondo in una nota, aggiungendo che il Dipartimento continuerà a utilizzare i controlli sulle esportazioni per punire i tentativi di «accesso ad articoli di origine statunitense per attività sovversive».

La lista nera del commercio limita le aziende prese di mira nell’esportazione o il trasferimento di prodotti o tecnologia, a meno che non richiedano ulteriori licenze dal Dipartimento del Commercio.

Tra i sanzionati c’è Xinjiang Lianhai Chuangzhi Information Technology Co., una sussidiaria di un appaltatore militare di proprietà statale che ha ottenuto dei riconoscimenti, ad aprile, per i suoi risultati nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

Un’altra azienda sanzionata, Xinjiang Sailing Information Technology, invece, è stata descritta da un’importante holding di investimento cinese (in un rapporto del 2017) come una dei «pionieri» della «lotta al terrorismo» nello Xinjiang, un termine che il regime ha spesso citato come giustificazione per la soppressione di milioni di musulmani della regione. «L’azienda è impegnata a fornire soluzioni per agenzie governative come la polizia, per proteggere la sicurezza della città».

La sanzione di venerdì riflette un’escalation negli sforzi degli Stati Uniti per affrontare l’attività di sorveglianza ad alta tecnologia delle aziende cinesi nello Xinjiang.

A giugno, dopo che sette delle democrazie più ricche del mondo hanno rimproverato collettivamente le violazioni dei diritti umani in Cina, il Dipartimento del Commercio ha preso di mira cinque aziende cinesi che hanno accettato o utilizzato il lavoro forzato che coinvolgeva gli uiguri e altri gruppi di minoranze musulmane.

Lo stesso mese, l’amministrazione Biden ha anche ampliato una lista nera dell’era Trump per impedire gli investimenti in 59 aziende cinesi nel settore della difesa e della tecnologia coinvolte nello «sviluppo o nell’uso della tecnologia di sorveglianza cinese volta a facilitare la repressione o delle gravi violazioni dei diritti umani».

Venerdì un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha insistito sul fatto che la questione dello Xinjiang fosse un affare interno e ha accusato gli Stati Uniti di cercare di «destabilizzare lo Xinjiang».

Il trattamento riservato dal regime agli uiguri dello Xinjiang ha suscitato condanne in tutto il mondo. L’8 luglio, la commissione per gli affari esteri del Regno Unito, ha pubblicato un rapporto che chiedeva al suo governo di adottare risposte più rigide, incluso il boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 e i divieti di importazione.

Alcuni giorni prima, sono invece stati i pubblici ministeri francesi ad aprire indagini su quattro rivenditori di moda sospettati di nascondere «crimini contro l’umanità».

 

Articolo in inglese: US Blacklists Over a Dozen Chinese Entities for Aiding Xinjiang Abuses and Military Modernization

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