Un fantasma creato in ‘laboratorio’

Nella sezione ‘Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times esplora ricerche e testimonianze legate a fenomeni e teorie che sfidano le nostre conoscenze attuali. Scaviamo nelle idee che stimolano l’immaginazione e aprono a nuove possibilità. Sono argomenti a volte controversi: l’ultima parola rimane al lettore.

Nei primi anni 70, un gruppo di ricerca guidato dal dottor A.R.G. Owen a Toronto (Canada) è riuscito a creare un ‘fantasma’. Owen (1919-2003) era un matematico e un genetico formatosi a Cambridge, diventato poi ricercatore di parapsicologia per la no-profit New Horizons Research Foundation di Toronto. Era ben noto per le sue ricerche sui poltergeist, e aveva teorizzato che la loro attività fosse dovuta alla psicocinesi, la presunta abilità della mente di influenzare un sistema fisico. Ancora oggi, alcune persone sostengono la teoria che i poltergeist siano il risultato di persone che sperimentano disturbi emotivi e provocano fenomeni fisici nelle loro case, mediante un’inconscia psicocinesi.

Owen si era chiesto, appunto, se i fenomeni riguardanti i fantasmi possano in generale essere dovuti alla psicocinesi, o, in altre parole, se le persone che hanno avuto esperienze con i fantasmi potessero averli creati in prima persona.

Il gruppo di ricercatori ha quindi inventato un personaggio di fantasia, di nome Philip, e ha cercato di contattarlo tramite una seduta spiritica. Prima di farlo, hanno costruito in dettaglio la storia della sua vita: era un aristocratico del 17° secolo, dopo che moglie aveva scoperto il suo tradimento, era riuscita a far mettere al rogo l’amante, accusandola di stregoneria.

Durante le sedute di gruppo raccontate dai ricercatori, sono avvenuti degli strani fenomeni: sono stati avvertiti distintamente dei colpi sul tavolo – un colpo significava ‘sì’ e due colpi ‘no’ – e il tavolo si muoveva per la stanza senza controllo.

Owen ha descritto gli eventi in modo dettagliato nell’edizione del gennaio 1974 della rivista New Horizons. Riferendosi ai colpi sul tavolo ha affermato: «Erano altrettanto forti e frequenti anche quando le persone stavano tutte in piedi attorno al tavolo, con le mani in vista, e le dita leggermente appoggiate sul tavolo».

«Dopo quattro settimane di sedute in cui venivano avvertiti i colpi, una notte, all’improvviso, il tavolo ha cominciato a muoversi per la stanza a caso: le persone sedute furono costrette ad abbandonare le loro sedie e a seguirlo».
«Si dirigeva direttamente verso gli angoli, costringendo molti partecipanti a perdere il contatto, poi schizzava ad alta velocità per la stanza, tanto che a volte era difficile seguirlo. Quando si fermava e i partecipanti, in piedi attorno al tavolo, continuavano con le loro domande, i colpi si avvertivano forti, apparentemente udibili come all’inizio della seduta, dimostrando ancora una volta che nessuno li stava producendo da sotto».

Gli incontri sono stati tenuti in diverse case con diversi tavoli – spiegava Owens – e sempre con lo stesso risultato. Inoltre la tappezzeria spessa della stanza avrebbe reso difficile lo spostamento del tavolo mediante mezzi ordinari.

Le domande poste dai partecipanti, e le relative risposte mediante i colpi, hanno confermato che il ‘fantasma’ fosse Philip. Ma quando gli sono state rivolte domande su parti della sua vita di cui non si era parlato prima tra i membri del gruppo, i colpi sono diventati esitanti.

Il gruppo aveva cominciato l’esperimento per cercare di creare una «allucinazione collettiva», ma secondo Owens quello che hanno ottenuto è stata una «psicocinesi collettiva».

«Quando il gruppo rimane diviso su quale sia la risposta ‘giusta’, allora i colpi diventano flebili. A volte i membri cambiano idea, e questo si riflette nel fatto che un colpo che significa ‘sì’ verrà seguito, dopo una pausa, da un secondo che lo trasforma in negazione».

«Proprio come una qualunque decisione collettiva, serve del tempo per pensare e ‘ votare’».

Articolo in inglese: Even If Ghosts Are Imaginary, Their ‘Presence’ Suggests Something Strange at Work

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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