Tv cinese ordina ai lavoratori negli Usa di mantenere la «purezza politica»

Di Eva Fu

Prendere le distanze dal Falun Gong: lo ha ordinato a dei suoi dipendenti americani un’emittente statale cinese, secondo un documento interno fornito a Epoch Times.

In base al suo regolamento sulla condotta dei lavoratori, l’ufficio di Washington della Cgtn, una rete televisiva statale cinese in lingua inglese, ha intimato a diversi lavoratori di impegnarsi a mantenere la loro «purezza politica». Ciò vale a dire che «non devono essere coinvolti in organizzazioni illegali e reazionarie e religioni eretiche come il ‘Falun Gong’», si legge nel documento.

La pratica spirituale del Falun Gong – che si basa sui tre principi fondamentali di ‘Verità, Compassione e Tolleranza’ insieme a una serie di esercizi meditativi – è vittima di una brutale campagna di repressione da parte del regime cinese da più di due decenni. Secondo il Falun Dafa Information Center, milioni di aderenti sono stati incarcerati o sottoposti a lavori forzati e centinaia di migliaia sono stati torturati.

Da quando la persecuzione è iniziata, i praticanti del Falun Gong si sono costantemente impegnati in attività di sensibilizzazione sulla persecuzione e di denuncia dei crimini storici e attuali del Partito Comunista Cinese.

Praticanti del Falun Gong eseguono gli esercizi durante un evento che celebra la Giornata Mondiale della Falun Dafa a Taipei, Taiwan, il 1° maggio 2021. (Sun Hsiang-yi/The Epoch Times)

Ctgn è un agente straniero registrato ai sensi della legge statunitense e uno delle 15 emittenti cinesi che il Dipartimento di Stato ha designato come ‘missioni estere’ lo scorso anno in riconoscimento del loro ruolo di enti di propaganda estera del regime comunista cinese.

«Un contratto»

Il documento, intitolato «dichiarazione di promessa» e scritto in cinese, è stato rivelato da ex appaltatori statunitensi che hanno lasciato la Cgtn alla fine di ottobre perché avevano trovato insopportabile il livello di pressione e controllo nell’azienda.

Secondo un lavoratore, l’accordo sembra essere una replica di quello emesso dalla sede centrale di Pechino della Cctv, la società madre della Cgtn.

Anche se i lavoratori della tv vivono a Washington, il tono del regolamento è chiaramente Pechino-centrico. Per esempio, un requisito legato al controllo della pandemia chiede ai lavoratori di aderire alle regole Covid-19 del governo della città di Pechino e dei distretti locali.

Altre disposizioni dell’accordo includono restrizioni sul gioco d’azzardo, sull’uso dei social media, sulla corruzione, sulla «creazione di ‘voci’», sulla guida in stato di ebbrezza, sul passare con il semaforo rosso e sulla divulgazione di segreti aziendali. «Sembra che abbiamo firmato un contratto», ha detto a Epoch Times James (alias), un tecnico informatico che ha firmato il documento. James, come altri lavoratori a contratto attuali ed ex Cgtn citati in questo pezzo, ha parlato con Epoch Times a condizione di anonimato per paura di rappresaglie da parte dell’azienda.

Questi tecnici informatici sono stati assunti per lavorare presso Cgtn da Sobey Digital Technology Co., Ltd., un fornitore di soluzioni informatiche per il settore dei media. L’azienda ha sede nella città di Chengdu, nel sud-ovest della Cina. Sobey ha rifiutato di commentare e la Cgtn non ha risposto alle ripetute richieste di commenti inviate per e-mail, oltre alle telefonate da parte di Epoch Times.

Il documento pone anche un’enfasi speciale sull’ideologia del Partito, intimando ai lavoratori di «unificare il loro pensiero» e richiedendo ai «manager di tutti i livelli» di «assicurare diligentemente l’educazione ideologica del personale sotto la loro supervisione».

Questo aspetto della supervisione ideologica dovrebbe far sollevare molte sopracciglia, ha affermato Sarah Cook, analista senior cinese presso Freedom House, un’organizzazione no profit con sede a Washington: «A me sembra lungo le linee delle dinamiche che vediamo spesso nel sistema del Pcc, ovvero il concetto di ‘esternalizzare’ l’imposizione dell’ideologia ai normali cittadini, in modo che si denuncino l’un l’altro e si controllino a vicenda».
«I manager sono responsabili non solo di controllare i propri pensieri, ma anche quelli dei loro subordinati».

James e i colleghi del suo team hanno firmato l’accordo nell’ufficio di Washington della Cgtn ad agosto, più di un anno dopo che James ha iniziato a lavorare lì. Per il suo compagno di squadra Alvin, è avvenuto circa sette mesi dopo l’inizio del lavoro.

Non è chiaro se lo stesso documento sia stato imposto ad altri reparti esterni a quello informatico. Né c’è stata alcuna spiegazione da parte dell’azienda sul motivo per cui gli appaltatori sono stati invitati a firmare il documento in quel particolare momento.

Nessuna delle persone intervistate da Epoch Times pratica effettivamente il Falun Gong, ma in ogni caso l’idea stessa che l’azienda decida cosa i dipendenti dovrebbero e non dovrebbero fare a titolo personale è sembrata loro ripugnante: «Nessuno voleva» firmarlo, ha affermato Alvin, che ha spiegato che i dipendenti l’hanno comunque firmato per poter mantenere il loro lavoro: «Il caposquadra ce l’ha portato da firmare e ci ha detto che la stazione lo richiedeva», ha spiegato Alvin. «Abbiamo firmato dopo una breve occhiata».

Durante un viaggio a Seoul più di dieci anni fa, Michael, un altro ex lavoratore della Cgtn, è passato davanti a una mostra fotografica sulle uccisioni di praticanti del Falun Gong imprigionati volte al prelievo degli organi. Ha affermato di essere rimasto sbalordito da questa atrocità: «Che siano perseguitati è un fatto innegabile», ha detto Michael a Epoch Times. «In un Paese con libertà di parola e libertà di religione, tutti dovrebbero essere liberi di credere».

«Esplicitamente discriminatorio»

Per alcuni osservatori della Cina, questi requisiti imposti dai media statali non sono stati una sorpresa.

Altri documenti interni trapelati e precedentemente ottenuti da Epoch Times mostrano che alcuni governi locali cinesi impartiscono formazione al proprio personale in merito al Falun Gong prima che si rechino all’estero, per assicurarsi che stiano lontani dagli eventi relativi al Falun Gong. Per esempio, prima di un viaggio di lavoro di cinque giorni a Singapore nel 2017, un dipartimento del governo della città di Haikou, nel sud della Cina, ha emesso una conferma all’ufficio degli affari esteri della città, certificando che un membro dello staff durante la visita non fosse un praticante del Falun Gong.

Gli Istituti Confucio, dei controversi programmi di insegnamento della lingua cinese finanziati da Pechino e presenti nelle università di tutto il mondo, hanno suscitato proteste più di dieci anni fa per pratiche simili di assunzione e impiego che discriminano i praticanti del Falun Gong.

La signora Sonia Zhao, per esempio, insegnava cinese all’Istituto Confucio della McMaster University in Canada. Prima di arrivare in Canada nel 2010, ha dovuto firmare un contratto emesso da Hanban, l’agenzia statale che sovrintende agli Istituti Confucio, in cui si impegnava a non praticare il Falun Gong.

La Zhao era una praticante del Falun Gong e sua madre è stata imprigionata in Cina più di una volta per la sua fede. Per un anno, mentre lavorava all’istituto, ha nascosto la sua convinzione, per paura che «se l’avessero scoperto, mi sarebbe successo qualcosa», ha raccontato a Epoch Times all’epoca.

Nel 2012, la Zhao ha presentato una denuncia per i diritti umani contro l’università accusandola di pratiche discriminatorie di assunzione. L’università canadese ha chiuso il suo Istituto Confucio un anno dopo, affermando di aver preso la decisione perché «le decisioni di assunzione in Cina non sono state prese nel modo in cui vorremmo».

Ricordando l’incidente dell’Istituto Confucio in Canada, Sarah Cook si è detta «non sorpresa che ci sia una disposizione in questo senso. Ma è ancora sorprendente in termini di quanto sia esplicitamente discriminatorio» l’accordo Cgtn, «non solo per quanto riguarda la pratica del Falun Gong da parte di qualcuno, ma anche per le sue convinzioni e attività religiose e politiche in modo più ampio. Dimostra quanto profondamente radicati nel sistema del Pcc […] siano questi tipi di restrizioni e violazioni della libertà religiosa e politica, e come questi non si fermino ai confini della Cina».

Trattamento diverso

Almeno otto appaltatori del settore informatico si sono dimessi dall’ufficio di Washington della Cgtn negli ultimi mesi, affermando di averne abbastanza dei maltrattamenti e dell’ambiente di lavoro orientato allo sfruttamento dei lavoratori.

James ha affermato che la società trattava i cronisti cinesi in modo diverso. Quando sono comparsi i «cosiddetti superiori», i cinesi hanno dovuto alzarsi dai loro posti per mostrare rispetto, anche se i dipendenti che parlano altre lingue erano esenti da questa regola.

Per James, cresciuto in Malesia, il mandarino non è la lingua madre. E il suo manager dalla Cina continentale una volta aveva deriso le sue abilità in mandarino: «Mi disse che il mio cinese non era buono, che ero così stupido e che non sapevo così e così. Ha criticato puntigliosamente il nostro lavoro e ha minacciato di trattenere la nostra paga».

Lo stress mentale era stato così grande che Michael e alcuni colleghi avevano pensato di cercare una terapia psicologica.

Evan, un altro ex lavoratore informatico per Cgtn, crede che per l’azienda fosse tutta una questione di controllo. «Dato che sappiamo parlare cinese […] ci ricordano costantemente che loro sono i capi e hanno più voce in capitolo. Possono dettare ogni nostra mossa», ha spiegato a Epoch Times.

 

Articolo in inglese: Chinese State Media Orders US Workers to Maintain ‘Political Purity,’ Not Practice Falun Gong: Internal Document

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