Tutto il mondo ‘mantiene’ il Pcc

Fin da quando la Cina ha aperto le sue porte all’Occidente negli anni ‘80, il Partito Comunista Cinese (Pcc) ha lavorato duro per stabilire le proprie cellule e ramificazioni in tutte le imprese, che fossero statali, private o joint-venture.
E di recente, mentre il Partito è nel bel mezzo del suo 19esimo Congresso e cerca di mantenere la ‘stabilità’, la sua brama di controllo sul settore economico diventa ancora più forte. I dirigenti del gigante petrolchimico statale Sinopec, infatti, hanno di recente intimato a tutti i loro partner commerciali stranieri di modificare i loro statuti in modo da permettere «di stabilire e sviluppare un’organizzazione in rappresentanza del Pcc» all’interno della forza lavoro delle aziende.

I dirigenti stranieri finora avevano sperato che questo tipo di richieste da parte del Partito fossero più che altro formali e simboliche e che con il tempo sarebbero cadute nel vuoto. Ma a quanto pare si sbagliavano: il Partito sembra voler sempre di più mettere le mani nelle aziende. E ci sta riuscendo: secondo i media di regime, ci sono 1 milione e 860 mila società private in Cina, e il 70 per cento  presenta al proprio interno cellule o diramazioni del Pcc. Ma va anche fatto notare che ci sono almeno mezzo milione di altre aziende che hanno resistito a questo tipo di pressione, e non è difficile immaginare che la maggior parte di esse siano di proprietà straniera o joint venture.

La soluzione proposta da Claude Barfield, esperto di commercio internazionale dell’American Enterprise Institute, è piuttosto sensata: l’Organizzazione mondiale del commercio e il governo americano dovrebbero intervenire, dato che le richieste dei comunisti cinesi di stabilire cellule del Pcc nelle compagnie straniere sono ridicole e vanno contro le norme globali del commercio; sarebbe come se i ministri del governo Trump chiedessero di entrare nel consiglio di amministrazione di Gm, Ibm, Toyota o Siemens.

E quello citato da Barfield è un paradosso interessante. Tutto comincia con un produttore europeo che opera in Cina: il direttore generale aveva affermato che l’anno precedente gli era capitato di permettere occasionalmente a una cellula del Pcc di usare l’edificio della compagnia per tenere degli incontri dopo il lavoro. In seguito, gli emissari del Partito sono andati oltre, e hanno chiesto che la compagnia pagasse gli straordinari a questi quadri comunisti. Ovviamente, la compagnia ha rifiutato. Chiedere a delle compagnie occidentali di pagare gli straordinari per quello che stanno facendo i comunisti… cosa potrebbe esserci di più folle di questo?

Barfield dice che i funzionari del Pcc non capiscono nulla di come gestire un’azienda e che l’Omc ha la responsabilità di fermare quest’invasione di un governo nelle imprese private. È vero che un partito politico non dovrebbe immischiarsi negli affari di un’azienda, ma questo non è il punto cruciale: non è affatto importante se i funzionari del Pcc sappiano come gestire le aziende, e in effetti alcuni di loro sanno davvero come si fa.
Il punto è che il motivo per cui il Pcc vuole venire coinvolto nelle operazioni commerciali e vuole inserire le proprie cellule nelle imprese, non ha a che fare con il gestire bene le aziende, ma ha l’obiettivo di scoprire se ci sono umori o attività contrarie al comunismo all’interno delle stesse, e di tenere d’occhio queste imprese per evitare che diventino basi operative di forze anti-comuniste o che collaborino al loro finanziamento.

Questo è il motivo per cui il Pcc ha così tanta voglia di infiltrarsi nelle imprese. In definitiva, il Pcc mira a controllare il personale, le risorse, la struttura organizzativa, le operazioni, il budget, la parte finanziaria, i segreti commerciali, le proprietà intellettuali e alla fine prendere il controllo completo dell’azienda.
Chi conosce bene la società cinese sa che non solo l’intero popolo cinese sta lavorando duro per pagare gli straordinari ai comunisti, ma il mondo intero – che ne sia consapevole o meno – sta letteralmente pagando per le politiche economiche del regime comunista cinese.

Il motivo è semplice: nel panorama politico cinese, non c’è spazio per alcun altro partito eccetto il Pcc. Si sa che il Pcc ha ufficialmente 80 milioni di membri, un Comitato Centrale, un Comitato Centrale Permanente, il Politburo, il Dipartimento della Propaganda e il Dipartimento del Personale. Eppure tutte le strutture organizzative del Pcc a ogni livello, sono prive di uffici finanziari o contabili, e non esiste nemmeno un conto correte bancario del Partito. Nessuno sa chi sia il direttore finanziario o il tesoriere del Partito Comunista Cinese (che infatti nemmeno esiste).

Qualsiasi organizzazione al mondo oggi, azienda o Stato (e persino le Nazioni Unite), ha un budget, entrate e uscite, dei libri contabili e dei conti correnti. Ma il Pcc non ha nulla di tutto questo. Eppure, senza ombra di dubbio, il Pcc porta avanti immani operazioni, con costi del personale, di propaganda, di utilizzo del complesso logistico dove ha quartier generale la massima dirigenza (Zong Nan Hai), i costi di sicurezza del resort marittimo di Bei Dai He e altri costi, tra cui quelli della gestione di varie scuole di addestramento del Partito in tutta la nazione.
Da dove vengono i soldi? Tutti sanno, in Cina, che i funzionari del Partito vengono pagati o rimborsati direttamente dal ministero del Tesoro. Il Pcc non ha bisogno di alcuna ‘entrata’, né di alcun ‘budget’: semplicemente tutte le sue spese vengono pagate dal governo centrale. Questo significa quindi che tutti i cittadini cinesi stanno pagando i suoi costi relativi a operazioni, mantenimento e straordinari.

Le forze armate cinesi sono la forza del Pcc, sono gli scagnozzi del regime, considerato che rispondono solo agli ordini del Partito. Inoltre, il comandante in capo dell’esercito è il capo del Comitato Militare Centrale del Pcc, e non il ‘presidente’ della Cina. Il Pcc, che in teoria è un’organizzazione civile, può comandare e utilizzare un esercito con bombe nucleari; eppure, nel resto della Cina, i cinesi e varie organizzazioni civili non possono avere pistole e devono persino registrarsi per comprare coltelli da cucina. Le spese dell’esercito cinese sono prima di tutto per la difesa del Pcc, eppure la fonte di finanziamento è il governo centrale. Anche in questo caso, quindi, tutta la Cina e tutti i cittadini cinesi pagano le spese del Pcc.

Il governo della Cina ha un ‘sistema duplice’ che comprende il Partito e il governo. Il popolo cinese è abituato a sentire l’espressione ‘leader del Partito e della nazione’, con il Partito messo prima della nazione. I media cinesi affermano di essere i ‘portavoce’ del Partito, ma sono i cinesi che pagano per il mantenimento della propaganda del Partito. In effetti, l’intero sistema della nazione cinese gira attorno al Partito, ma il Partito non paga per questo servizio. E non solo: le persone del resto del mondo, o meglio le aziende estere che fanno affari con la Cina, vedono parte dei propri profitti e fondi risucchiati dal Partito.
Quindi, in breve, tutti i cinesi e non pochi cittadini nel resto del mondo pagano e di fatto mantengono il Partito Comunista Cinese.

Grazie al signor Barfield allora, che inavvertitamente ha rivelato un fatto top secret, ovvero normali cittadini, dentro e fuori dalla Cina, stanno di fatto mantenendo un regime sanguinario, in un modo o nell’altro, contro la propria volontà. Per quanto tempo si può permettere che questo continui?

 

Il professor Frank Tian Xie detiene la cattedra John M. Olin Palmetto in Economia e quella di professore associato di Marketing presso l’Università del South Carolina Aiken.

Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore, e non corrispondono necessariamente a quelle di Epoch Times.

 
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