Trump: meglio le fake news che la censura sui social media

Di Marco Tistarelli

WASHINGTON— Il presidente Donald Trump si è scagliato contro i social media, accusandoli di aver censurato e messo a tacere gli utenti che hanno opinioni conservatrici.

«I giganti dei social media stanno mettendo a tacere milioni di persone – ha scritto su Twitter il presidente Usa – Non si può fare, nemmeno al prezzo di continuare a sentire le notizie fasulle della Cnn, che ha perso un sacco di ascolti. La gente deve capire cosa è vero e cosa non lo è, senza alcuna censura!».

Le accuse di Trump si basano su alcuni dati di fatto. Per esempio, un video filmato di nascosto l’11 gennaio dal Project Veritas, mostra una discussione tra programmatori di Twitter sulla possibilità di applicare lo «shadow banning» ai sostenitori di Trump e ad altri conservatori.
Jack Dorsey, amministratore delegato e co-fondatore di Twitter, ha affermato che sia lui che molti impiegati della sua azienda tendono ad avere un pregiudizio basato su una visione politica di sinistra.

Si parla di shadow banning quando i messaggi di un utente non vengono fatti apparire nelle bacheche degli altri, e questo senza che l’utente ne sia a conoscenza. A volte, inoltre, i tweet di certi account vengono nascosti dai risultati di ricerca, a meno che non si rimuova ogni volta un filtro che è impostato di default.

Twitter ha anche bannato alcuni account di persone di orientamento conservatore per dei contenuti considerati razzisti, ma non ha fatto lo stesso nel caso di simili contenuti da parte di utenti di sinistra, come nel caso di Sarah Jeong, impiegata del New York Times che ha pubblicato centinaia di commenti offensivi nei confronti delle persone di pelle bianca.

Il 26 luglio, Trump, che usa molto Twitter, ha scritto: «Twitter che shadowbanna importanti repubblicani. Non va bene. Approfondiremo questa pratica discriminatoria e illegale! Molte lamentele».

Il 27 luglio, il membro del Partito Repubblicano Matt Gaetz, il cui account Twitter ha subito conseguenze del genere, ha affermato di aver presentato un reclamo contro l’azienda presso la Commissione Elettiva Federale. Gaetz è convinto che Twitter lo abbia preso di mira intenzionalmente, fornendo di fatto un vantaggio ai propri avversari politici.

«Sono certo che vi fossero solo quattro membri del Congresso tra i censurati su Twitter – ha raccontato a Fox News il 27 luglio – E sono Matt Gaetz, Jim Jordan, Mark Meadows e Devin Nunes [tutti membri del Partito Repubblicano, ndr]. Sarebbe una coincidenza molto strana». Gaetz ha affermato che, se ritenuto colpevole, Twitter potrebbe essere costretto a pagare una multa per aver sostenuto illegalmente il Partito Democratico.

Nello stesso giorno, Dorsey, il Ceo di Twitter, ha twittato: «Desideriamo dibattiti pubblici che siano vibranti e sani, che includano tutte le prospettive e che siano importanti e di valore. Ascoltiamo costantemente i dibattiti su questo argomento e ci impegniamo a parteciparvi maggiormente. Per noi è importante gestire la questione nel modo giusto».
Il 5 settembre Dorsey comparirà presso il Comitato dell’Energia e del Commercio della Camera per parlare degli algoritmi e del controllo dei contenuti dell’azienda.

Twitter, in ogni caso, non è l’unico gigante dei social media accusato di censura.
Il 6 agosto, Google, Facebook, Apple e Spotify hanno tutti rimosso gran parte dei contenuti di InfoWars, un programma di Alex Jones, conduttore radiofonico spesso criticato per le sue affermazioni controverse o non verificate, o per i suoi toni duri.
Google ha bloccato ‘The Alex Jones Channel’ e molti altri canali di InfoWars il 6 agosto, dopo che Facebook ha rimosso quattro pagine del programma. Apple ha rimosso cinque podcast di InfoWars da iTunes, e Spotify ha rimosso un podcast a sua volta. Tutte e quattro le aziende hanno citato l’«incitamento all’odio» come motivazione per la cancellazione dei contenuti. Pinterest e LinkedIn, inoltre, hanno rimosso i profili di Jones.

Il 16 agosto, Facebook ha anche bloccato alcuni video di PragerU, un’organizzazione no profit che produce video educativi di orientamento conservatore. Tuttavia, l’azienda di Mark Zuckerberg ha poi fatto marcia indietro, scusandosi, il giorno dopo. Il provvedimento sarebbe stato uno sbaglio.

Trump: stop alla censura

Durante un intervento del 21 agosto a Charleston, in West Virginia, Trump ha affermato che il suo governo si sarebbe opposto alla «censura dei social media».

«Preferirei avere le fake news – ha dichiarato il miliardario, che è spesso critico nei confronti della stampa – piuttosto che la censura di qualcuno, che sia liberale, socialista o altro. Non si può avere la censura. Non si può scegliere una persona e dire: “Non ci piace quello che sta dicendo, cacciamolo”».

«Quindi convivremo con le fake news. Voglio dire, odio dire una cosa del genere, ma non abbiamo scelta. Perché è di gran lunga la migliore alternativa […] Noi crediamo nel diritto degli americani di esprimere la propria opinione».

 

 

 
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