Troll, gli agenti occulti del Ministero della Verità

Di Gigi Morello

L’autore dell’articolo, Gigi Morello, è nato a a Torino e ha vissuto diversi anni negli Usa. Musicista, didatta e regista televisivo musicale, ha scritto per diverse testate specializzate nel settore musicale. Ha fondato e diretto progetti umanitari no profit e riceve dalla Croce Rossa Italiana encomi per tre diverse iniziative. Ha pubblicato nel 2020 due libri dal titolo ‘Alleanza Anti Casta’ e ‘Illuminismo Illuminato per Tempi Oscuri’, editi da Amazon. Il 4 luglio 2020 ha Fondato ‘Sogno Americano’ il primo Movimento Americanista Italiano.

 

Milioni di persone stanno vistosamente emigrando da social network ‘popolari’ verso altri più libertari, che per ora concedono il diritto di parola e di pensiero, senza operare censura; questo perché le piattaforme sociali legate a doppio filo ai poteri forti hanno gettato la propria maschera di imparzialità per svelarsi nella loro ovvia identità partigiana.

Non è più un mistero che dietro alla censura operata da vari network di fact checking ci sia un colore politico preciso. E ormai anche le massaie che prima si nutrivano di pane e mainstream televisivo se ne sono accorte.

Con le proprie azioni di parte, organizzate come un vero e proprio tribunale della verità, le big tech si sono rese responsabili delle più grandi opere di censura mai viste prima nella società libera occidentale degli ultimi decenni. Non importa se il popolo vuole che tu porti avanti certi ideali, le big tech possono chiudere la bocca persino al presidente degli Stati Uniti d’America. E con lui a molti alti cittadini impegnati in politica senza essere ‘professionisti’: semplici cittadini che cercano di esercitare il loro sacrosanto diritto di parola e di opinione.

Ma i nuovi network verso i quali milioni di cittadini stanno migrando rappresentano un problema per il potere tecnologico costituito: questi network per ora liberi non hanno stilato alcun accordo con il loro Ministero della Verità privato. Questo ha accentuato il bisogno di rafforzare un altro metodo di censura, già esistente, ma ora indispensabile.

È necessario infatti un metodo più consono ad un dittatore subdolo, una metodologia più vicina a chi si nasconde nell’ombra. E da queste ombre oscure sbucano e si moltiplicano ora mai come prima i troll, figure leggendarie nel panorama di Internet.

Un troll è una figura tratta dalla mitologia scandinava. Ma nell’era di internet un troll è definito così: «Utente di una comunità virtuale, solitamente anonimo, che intralcia il normale svolgimento di una discussione inviando messaggi provocatori, irritanti o fuori tema».

Ma, indagando sull’identità generale di alcuni troll, quello che si scopre è molto diverso da quello che comunemente si pensa.

Si potrebbe pensare, infatti, che un troll che agisce in modo anonimo sia solo un singolo individuo. Probabilmente un individuo che possiede sufficienti ragioni personali per inserirsi usando una falsa identità all’interno di un gruppo di opinione, per scatenare polemiche e distrarre i membri del gruppo dai loro obiettivi, attaccando ferocemente le loro affermazioni contro il mainstream.

Il troll sarebbe per alcuni un cittadino che per potere protestare contro un pensiero necessità di una protezione della propria identità.

La sua potrebbe sembrare persino una battaglia semi-nobile, una battaglia portata avanti da questo Orco dell’informazione per fare valere le proprie idee.

Ma questo non sembra essere il caso più comune. Una fonte, attivista ed ingegnere informatico che ha preferito rimanere anonimo, spiega: «Indagando un troll che stava seminando zizzania in un gruppo Telegram composto da migliaia di persone ho trovato un indirizzo IP corrispondente ad almeno 6 diversi utenti collegati allo stesso router. Controllando poi caratteristiche comuni a questi ho trovato una corrispondenza ad almeno altri 7-8 utenti di Facebook, tutti naturalmente connessi alla stessa persona».

E a questo il professionista allega una lista di nickname con relative corrispondenze e relativo indirizzo IP. Indirizzi IP che si collegano tutti insieme alla stessa linea domestica, con la differenza dell’ultimo numero che varia a seconda del dispositivo utilizzato.

Quindi non c’è alcun dubbio che dietro alcuni troll che si alternano per demolire l’una o l’altra teoria contraria al mainstream si nasconda la stessa persona o persone organizzate sotto un tetto comune.

Ma chi è che spende ore ed ore della propria giornata per infiltrarsi in gruppi che desidera attaccare, e lo fa in modo sistematico portando avanti una battaglia che ha dell’epico?

Sicuramente è qualcuno che ha molto tempo libero, oppure che è pagato.

La tesi dei troll pagati è stata portata alla luce da un articolo di ProPublica e del New York Times, e riporta prove tratte da documenti trapelati che dimostrerebbero che il Partito Comunista Cinese avrebbe pagato troll per contrastare una visione differente riguardo il coronavirus. Il link è il seguente.

Altre fonti di opinione pubblica, naturalmente di sinistra, negano la tesi di ‘troll pagati’ adducendo alla ragione della loro esistenza un semplice desiderio di libertà di parola in un contesto ostile, protetto da un’identità fittizia, per evitare ripercussioni.

Ma è proprio per dimostrare questa finta ‘sete di libertà’ che individuiamo qui il profilo di un troll, elencandone le caratteristiche che lo contraddistinguono nella maggioranza dei casi, e che ci permettono di individuarlo anche se non possediamo conoscenze informatiche particolari.

  1. Il troll si inserisce usando una falsa identità che può variare da un nome di fantasia con una foto simbolica ad avere un nome, cognome e faccia naturalmente fittizi oppure rubati da utenti reali.
  2. Esistono tre tipi di troll con funzioni diverse ma coordinate: Il troll analista, il troll operativo e il troll doppio agente (le funzioni cambiano a seconda del profilo utilizzato e possono essere coperte dalla stessa persona).
  3. Il troll analista osserva, esegue screenshot di errori e cose compromettenti e invia quello che possa essere usato contro il gruppo ad altre fonti o ad altri nick sotto il suo controllo o nella sua rete organizzativa.
  4. Il troll operativo è invece l’agente virtuale che si sacrifica esponendosi. Generalmente in un gruppo con degli amministratori attenti, ha una breve vita prima di venire bannato, ma riesce a creare un certo scompiglio prima di scomparire e ripetere azioni simili con una nuova identità.
  5. Il troll operativo si manifesta generalmente propugnando il suo diritto di ‘manifestare le proprie idee critiche’ dipingendo la propria ostilità verso il pensiero globale del gruppo come una ‘legittima obiezione democratica’.
  6. il Troll manifesta uno scarso senso della proprietà privata, cosa che caratterizza i troll politicamente nell’area di pensiero marxista. Per il Troll non esiste il concetto che un gruppo di cittadini si possa unire per manifestare un pensiero comune in qualcosa che virtualmente rappresenti una loro ‘proprietà’. Una piccola casa virtuale. Per il troll è ‘legittimo’ entrare a casa degli altri senza chiedere permesso, con le scarpe infangate, insultando il padrone di casa ed i suoi ospiti, invocando regole diverse da quelle stabilite da chi ha costruito e tiene in piedi la baracca.
  7. Esiste poi anche il troll doppio agente, il membro cortese ed accondiscendente che pian piano scala la sua posizione sociale fino talvolta ad arrivare a posizioni quali quella di amministratore.

 

Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista dell’autore e non riflettono necessariamente quello di Epoch Times.

 
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