Sugli straordinari successi del presidente Donald Trump

Di Brad Bird

L’autore dell’articolo, Brad Bird, è un premiato reporter ed editorialista canadese. Ha pubblicato cinque libri e ha lavorato come corrispondente in varie zone di conflitto, tra cui il Sahara occidentale nel 1987 (il primo canadese a farlo), il Kosovo nel 1999 e l’Ucraina orientale nel 2014-15.

 

I risultati del presidente Donald Trump sono così fortemente intrecciati con i pericoli e problemi reali fronteggiati dagli Stati Uniti – e così diversi dalle sciocchezze per cui Washington si batte dai tempi di Bill Clinton, George Bush Jr. e Barack Obama – che molte persone confondono i suoi successi con dei fallimenti.

Porre un freno all’immigrazione clandestina non è stata una negazione dei diritti delle persone, ma un’azione per far rispettare le leggi vigenti. Abbandonare l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici non è stata una rinuncia alla leadership americana nel mondo: piuttosto una coraggiosa affermazione di essa, oltre che un’affermazione della realtà sull’illusione. I rimproveri di Trump agli alleati americani per non aver sostenuto adeguatamente le spese militari non hanno diviso e danneggiato la Nato, ma hanno contribuito a ripristinarne l’integrità e a correggerne le anomalie di lunga data. E lungi dall’essere xenofoba e razzista, la chiusura dei confini al traffico aereo cinese nelle prime fasi della pandemia è stata un atto corretto e responsabile, che ha contribuito a salvare le vite degli americani.

Il fatto che tutto ciò non venga riconosciuto da molti è sconcertante e preoccupante, in quanto denota una mancanza di razionalità e di capacità di valutare e soppesare le argomentazioni. Infatti, i suoi critici usano attacchi personali ingannevoli ed emotivi per stigmatizzare il presidente e le sue politiche.

In quattro brevi anni, i successi del presidente Trump hanno reso così minuti quelli dei suoi predecessori – le cui azioni o inazioni hanno creato o alimentato molti dei problemi da lui affrontati – che è difficile comprendere come mai nelle elezioni di novembre non abbia ricevuto ancora più di 74 milioni di voti, che rappresentano comunque il record storico, se non si considera l’incredibile risultato ottenuto quest’anno da Joe Biden.

Naturalmente il fatto che la stampa americana abbia abbandonato l’obiettività nel tentativo di sbarazzarsi dell’odiato presidente – che ha ferito i loro sentimenti collettivi con il suo disprezzo – ha giocato un grande ruolo in questa vicenda.

Una stampa onesta avrebbe informato la gente della compromettente relazione tra Joe Biden e la Cina (a causa delle attività sue e di suo figlio) e avrebbe indagato sulle sue presunte deboli facoltà mentali. Avrebbe documentato in maniera imparziale le bugie dei Democratici sull’inazione di Trump nella pandemia, poiché mentre il presidente faceva sforzi determinati per mantenere aperte le attività commerciali e salvare posti di lavoro, le sue capacità manageriali hanno reso possibile la produzione dei vaccini in tempi record.

Una stampa onesta avrebbe raccontato del suo impegno per porre fine a decenni di ostilità tra Israele e i Paesi arabi tramite accordi di cooperazione; un impegno per cui Trump avrebbe meritato il premio Nobel per la pace. Tutto questo avrebbe incrementato notevolmente i risultati elettorali di Trump, fornendogli un vantaggio sufficiente a contrastare la corruzione favorita dalla stupidità (cospirazione?) di coloro che hanno insistito a cambiare i regolamenti del voto per corrispondenza.

È vero, Trump può mancare di tatto, raffinatezza e modestia, ma qui stiamo parlando di un presidente degli Stati Uniti, un uomo che ha sulle sue spalle tutte le pesanti responsabilità dello Stato, non del preside di una scuola elementare. John F. Kennedy e Lyndon Johnson erano uomini caparbi le cui male parole hanno sicuramente strappato via la vernice dalle pareti della Casa Bianca, eppure sono stati accettati, nonostante le loro stranezze e la loro crudezza, a differenza di Trump. Perché? Perché erano degli insider che si sono fatti strada per molti anni a Washington prima di raggiungere la posizione più alta della nazione. Erano personaggi noti che seguivano le ‘regole del gioco’ con colleghi e giornalisti, come Trump non ha mai fatto, perché lui è un outsider. Come dice Rhett Butler a Scarlett O’Hara nel romanzo Via col vento, e parafrasando: ‘Alla gente non piacciono quelli che sono diversi, Scarlett. Danno del filo da torcere. Tu sei molto diversa, mia cara, quindi resisti!’

Trump sta resistendo. Ha tutto il diritto e il dovere di farlo, a fronte delle anomalie nelle elezioni del 3 novembre e nello scrutinio dei voti, testimoniate peraltro in centinaia di dichiarazione giurate. È in gioco l’integrità elettorale.

Ad ogni modo, Trump andrebbe quantomeno apprezzato per aver parlato e agito onestamente su diversi fronti: le ambizioni nucleari iraniane, la responsabilità della Cina nell’attuale pandemia, le pratiche commerciali scorrette del regime cinese e altre minacce per gli Stati Uniti e il mondo libero. Come anche per aver favorito il ritorno delle industrie negli Stati Uniti e per aver colmato le mancanze dei Democratici nell’affrontare le reali minacce alla democrazia.

Negli anni Trenta, Winston Churchill fu molto criticato e denigrato per aver dato voce alle sue impopolari convinzioni, proprio come Trump. Dove sono oggi nel mondo leader altrettanto determinati e coraggiosi? Sembrano essercene ben pochi, perché la maggior parte delle persone sono troppo educate, deboli e inquinate dalla vigliaccheria e dal politicamente corretto per riuscire a vedere la verità e lottare per essa.

Mettendo da parte futili o illusorie politiche come quelle relative al gender, al cambiamento climatico e alla costruzione di un’economia ‘verde’, Trump ha fatto risparmiare al suo Paese miliardi di dollari in sciocchi sforzi di risanamento che avrebbero solo prosciugato la linfa vitale dell’industria, danneggiato milioni di vite umane e indebolito ulteriormente il Paese di fronte alla crescente minaccia comunista. Il Pil della Cina è quasi l’80 per cento di quello dell’America e sta continuando a crescere; ai tempi della guerra fredda, l’Unione Sovietica aveva raggiunto solo il 30 per cento del Pil americano, per dare un’idea. E la Cina ha circa 1,4 miliardi di persone rispetto ai 330 milioni degli Stati Uniti.

Il periodo attuale è uno dei più pericolosi per il mondo dal crollo dell’Urss. Ciò è dovuto in parte alle percezioni e in parte alla realtà: una percezione chiave è che gli Stati Uniti sono così indeboliti e distratti dalla pandemia e dalle contestate elezioni che potrebbero non rispondere militarmente alle provocazioni cinesi, come l’aggressione a Taiwan. Ma questo non sarà vero fintanto che Trump resta in carica. La realtà è che Joe Biden non ha mai dimostrato di avere la spina dorsale o la volontà di opporsi agli autocrati cinesi, e potrebbe non farlo se la situazione dovesse precipitare.

Sembra una grande coincidenza che il virus proveniente dalla Cina abbia paralizzato l’economia americana e dirottato le elezioni proprio nel momento più sfavorevole per la ricandidatura del signor Trump. Ora i comunisti cinesi vedono il loro uomo – Biden – dirigersi alla presidenza, mentre Trump – il loro grande nemico – pugnalato alle spalle. E la gente pensava che i russi fossero bravi nelle interferenze elettorali!

 

Le posizioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente le vedute di Epoch Times.

Articolo in inglese: Opinion: On Donald Trump’s Extraordinary Achievements

 
Articoli correlati