La rivoluzione di Mao e il crollo della moralità nella società cinese

WASHINGTON – In un libro recentemente pubblicato dalla Brookings Institution Press, il professore cinese He Huaihong propone una nuova etica sociale per una società che molti osservatori, sia all’interno che all’esterno della Cina, sostengono si trovi in uno stato di crisi morale.

Il professor He, in qualità di storico, studioso di etica, critico sociale e impenitente difensore del confucianesimo, propone un quadro intellettuale per guidare il comportamento delle persone e ripristinare l’etica sociale in Cina, affinché il Paese possa prendere posto tra le altre nazioni senza vergogna.

Il 6 novembre al Brookings Institution di Washington D.C, il professor He ha parlato del suo nuovo libro intitolato ‘L’etica sociale in una Cina mutevole: Decadimento morale o risveglio etico?’. He Huaihong è professore di filosofia all’Università di Pechino nell’omonima città. Il suo libro è in realtà una raccolta di 19 saggi, scritti (a eccezione di due) tra il 2002 e il 2013 e adattati alla pubblicazione.

«Attualmente, abbiamo un problema decisamente serio con la moralità nella società cinese. La questione fondamentale è che abbiamo una mancanza di base di fiducia e di gentilezza», ha detto tramite il suo traduttore inglese. Questa mancanza è particolarmente endemica nella fiducia che la gente ripone nei confronti dei loro leader politici. «Qualsiasi cosa dica il governo, la gente non ci crede. E anche quando il governo dice cose vere, la gente ancora non ci crede», ha affermato He, aggiungendo che sono diffidenti anche i membri del Partito Comunista e i funzionari statali.

A introdurre il professore è stato Cheng Li, direttore del John L. Thornton China Center presso il Brookings. Per il direttore, «nella Repubblica Popolare Cinese, il tema della decadenza morale e della mancanza di fiducia nella Cina dei giorni nostri non sono argomenti sensibili e non sono certamente un tabù politico». Nel corso della presentazione del libro, Li fornisce una lunga lista di pratiche diffuse che illustrano gravi problemi etici: «La frode commerciale, la frode fiscale, il raggiro finanziario, i progetti ingegneristici scadenti e pericolosi, i prodotti contraffatti, il latte contaminato, il pane avvelenato, le pillole tossiche e il declino dell’etica professionale tra gli insegnanti, i medici, gli avvocati, i monaci buddisti e soprattutto tra i funzionari del governo».

Il professor He scrive che la corruzione da parte dei funzionari del governo non è limitata a quelli di alto livello. Persino «i capi villaggio, i sindaci delle città e i manager delle banche locali sono in grado di accumulare decine o addirittura centinaia di milioni di yuan in tangenti. Il capo di un ufficio distrettuale può possedere decine di immobili».

Il professor He è poi particolarmente turbato da come la gentilezza stia scomparendo dalla società cinese. Nel suo discorso ha accennato al fatto che se una persona anziana dovesse cadere, la maggior parte delle persone attorno non oserebbe aiutarla a rialzarsi per timore di subire un’estorsione, perché potrebbero ritrovarsi a dovergli pagare le spese mediche.

Nel libro, il professore racconta una scioccante storia di una bambina di due anni che, dopo essere stata investita da due diversi veicoli, è stata ignorata da decine di passanti. «Si sono verificati ripetuti incidenti in cui sono stati coinvolti degli scuolabus; quando un camion è coinvolto in uno scontro, i passanti non si preoccupano di salvare le vittime, ma piuttosto di rubare la merce trasportata», scrive nell’ottavo saggio intitolato Moral crisis in chinese society (Crisi morale nella società cinese), aggiungendo: «C’è una diffusa indifferenza verso gli altri, una mancanza di preoccupazione per la vita umana, per il decoro pubblico e per la legge».

LA CAUSA FONDAMENTALE DEL DISASTRO MORALE È LA RIVOLUZIONE CULTURALE DI MAO

Il professor He identifica numerose fonti storiche come cause della decadenza morale, tuttavia non riconosce nessuna di queste come più influente della Rivoluzione Culturale (1966-1976), quando il Paese è caduto al punto più basso della degenerazione morale. La campagna per ‘distruggere i quattro vecchi’ – il vecchio pensiero, la vecchia cultura, le vecchie usanze e le vecchie abitudini – ha lasciato la moralità tradizionale «aggrappata solo a un filo».

«Questo martellamento ha incluso la distruzione di molti libri, manufatti e siti, sia antichi che storici. Le tombe di alcuni personaggi storici di rispetto sono state demolite e talvolta sono stati riesumati persino i loro resti […] Ai bambini era stato ordinato di denunciare i propri familiari e poteva anche capitare che prendessero parte al loro pestaggio […] La politica ha completamente soppiantato la moralità. L’unico criterio per un’etica sia giusta che sbagliata era la fedeltà a un leader politico: Mao Zedong».

L’anima della Rivoluzione Culturale erano le Guardie Rosse, che hanno raggiunto il loro massimo peso nei primi due anni dal 1966 al 1968, periodo in cui «il Paese si trovava in uno stato di anarchia virtuale». Sono poi diminuite notevolmente di numero dopo che, nel luglio del 1968, Mao ha inviato la maggior parte di loro nelle campagne. He, che è diventato un Guardia Rossa quando aveva 12 anni ed è stato testimone di alcune delle sue attività e dell’estrema violenza, spiega di essere stato soprattutto uno spettatore e di non essere stato direttamente coinvolto nelle sue operazioni.

Una caratteristica fondamentale del movimento delle Guardie Rosse era la sua «propensione alla violenza». Uno dei loro slogan preferiti era: «Lunga vita al terrore rosso!» Nel libro, He descrive un evento che lo ha portato ad avere paura della «violenza indiscriminata».

«La morale ha assunto un’importanza secondaria rispetto alla politica», ha detto il professore. Con la caduta della dinastia Qing, la guerra contro il Giappone e i valori incorporati dall’Unione Sovietica e da Stalin, «nel ventesimo secolo, la Cina ha attraversato una completa inversione dei nostri antichi valori tradizionali».

Nella sua dura critica nei confronti delle Guardie Rosse, He incolpa solamente Mao e assolve il Partito Comunista Cinese (Pcc). Tuttavia, la sua critica riguardo al Pcc, sebbene mai esplicita, si trova appena sotto la superficie. Il professore fa riferimento ai cento anni, precedenti agli ultimi trenta, di agitazione dell’economia di mercato che, a quanto sostiene, hanno lasciato un’eredità sospetta. A sua detta, gli appelli all’uguaglianza del secolo scorso dovrebbero essere integrati in un’etica ricostruita e, in riferimento alle dottrine fondamentali del Partito Comunista, «le teorie estremiste della lotta di classe e la filosofia del conflitto a somma zero non sono un’eredità che dovremmo accettare [a pagina 77 del libro, ndr]».

Senza nominare il Pcc, He scrive che la vecchia ideologia si è evoluta da una teoria di rivoluzione e non da una teoria di governo: «Ha avuto inizio come un’importazione dall’estero e nelle sue prime incarnazioni era molto interessata ad attaccare le tradizioni culturali della Cina». Il professore afferma anche che persino i recenti ideali politici, come ad esempio «la società armoniosa», sono «sempre eccessivamente ideologici e sono in contrasto con la realtà della vita cinese».

Sostiene che il popolo cinese sia appena emerso da un «convulso periodo di transizione», e sebbene al momento sia tranquillo, «bisogna essere costantemente in guardia contro il ritorno dei tumulti». Quindi c’è un urgente bisogno di costruire un nuovo tipo di società e il «primo passo in questo processo è quello di gettare delle solide fondamenta morali».

LA DEMONIZZAZIONE DI CONFUCIO

In qualità di studioso confuciano, il professor He ha descritto lo sradicamento dello «spirito» della cultura tradizionale, quando, durante l’ultima parte di quel periodo, gli scrittori che in precedenza erano devoti confuciani si sono uniti nell’attacco al filosofo cinese.

«Tra la gente comune, Confucio, la scuola confuciana, i riti confuciani e i principi morali confuciani, divennero termini osceni. Gli effetti di tale demonizzazione possono essere ancora avvertiti oggigiorno [2013, anno di stesura del saggio] e il danno che ha causato alla moralità pubblica non sarà mai sottolineato abbastanza».

A colpire la moralità tradizionale della Cina non sono stati solo il fanatismo, la violenza delle Guardie Rosse e la perdita dell’istruzione di tutta una generazione durante la Rivoluzione Culturale, ma anche il decollo del boom economico del Paese che si è verificato negli ultimi trent’anni. «La moralità è stata sepolta nuovamente dal sistema economico e dalle economie di mercato», ha detto He al Brookings. «Questa è la ragione principale per cui stiamo avendo questi problemi morali nella Cina odierna».

LA NUOVA STRUTTURA DELL’ETICA SOCIALE

Il professor He ha tentato di sintetizzare la vecchia etica utilizzata per tremila anni fino all’era moderna, e nel primo saggio ‘I nuovi principi: Verso una nuova struttura dell’etica sociale cinese’ trasporta il lettore in un breve corso sul Confucianesimo.

Il suo punto di partenza è Mencio, il più noto e influente tra i seguaci di Confucio, il quale credeva nella bontà innata della gente. «Gli esseri umani hanno tutti un sentimento di compassione», scrive He, citando Mencio. Il professore prende le «virtù costanti» dai classici antichi: la benevolenza, la rettitudine, la ritualità, la saggezza e la lealtà (chiamata anche affidabilità) e dimostra che potrebbero essere applicate anche all’era moderna. Le cinque virtù sono ancora valide e necessitano solamente di nuove interpretazioni, scrive nel libro.

Così, per esempio, la benevolenza può essere vista come la fonte di tutta la moralità. Quando la compassione è indebolita da fattori esterni, non controlla più la condotta, e questo aspetto si può notare nella freddezza che si manifesta negli esempi contemporanei forniti in precedenza. La ritualità comporta un impegno di cortesia, «l’autocontrollo è un prerequisito per un opportuna ritualità» ed è inteso a limitare i nostri desideri, soprattutto quello materiale, afferma il professore. La saggezza sta nel riconoscere ciò che è giusto e nella «volontà e nel buon senso per dare giudizi morali […] incluso il giudizio nel trovare l’equilibrio e nel cercare la via di mezzo».

Un’applicazione molto interessante del pensiero confuciano è chiamata la «rettificazione dei nomi». Il professor He ha detto che le vecchie ideologie politiche sono fuori sincronia rispetto alla realtà sociale. «La vuota retorica è ovunque», scrive. La fiducia sociale, in particolare tra le autorità e la popolazione, è forzata, e questo provoca una crisi di credibilità. He sostiene che i cinesi «si trovano costantemente ad affrontare la falsità; vi siamo abituati». Per esempio, definire «dipendenti pubblici» i «funzionari» governativi nella Cina di oggigiorno, crea una sconnessione tra la denominazione e la realtà. I funzionari usano la loro autorità in modo irresponsabile e non etico, e questo porta «a una rabbia e a un odio della popolazione verso gli stessi funzionari senza precedenti». Qual è il rimedio, espresso in poche parole? Rettificare semplicemente la loro denominazione e lasciare «che i funzionari siano semplicemente ‘i funzionari’».

La nuova etica differisce da quella vecchia in modo fondamentale. La vecchia relazione tra il governante e il cittadino, consisteva infatti nell’istituire delle linee guida per i cittadini e nello svolgere da parte di quest’ultimi il loro dovere nei confronti del sovrano.
Attualmente, è il governante di status elevato che deve fare il suo dovere verso la popolazione di status inferiore ed essere responsabile verso i «cittadini». I politici «devono accettare le persone come loro maestro fondamentale e definitivo», scrive. He vede questo aspetto come probabilmente il più grande mutamento tra la vecchia e la nuova etica, e scrive che per la Cina, considerato il suo stato attuale, diventare una democrazia sotto lo Stato di diritto sarà difficile e richiederà molto tempo ma, in ogni caso, questa è la direzione che la storia della Cina dovrà prendere.

Articolo in inglese: ‘Confucian Scholar Confronts the Lack of Trust and Kindness in China

 
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