Stagionali aeroportuali e indennità Covid: ancora in troppi lasciati indietro

Di Alessandro Starnoni

L’odissea dei lavoratori stagionali degli aeroporti non è ancora finita. Almeno non per tutti. Era iniziata con una grossa svista del governo, che aveva inizialmente escluso la categoria dalla lista dei beneficiari del primo decreto ‘Cura Italia’ a seguito della pandemia di Covid-19. Poi sempre il governo ci ha messo una toppa, includendo anche questa tipologia di lavoratori nei sussidi per la pandemia. Tuttavia, a oggi alcuni di loro non hanno ancora percepito alcun bonus.

«Siamo disperati. Abbiamo scritto mail a testate giornalistiche, a parlamentari, programmi televisivi, chiesto l’aiuto dei sindacati ma a oggi ci sentiamo abbandonati da tutti», racconta a Epoch Times Lara (Alias), una dipendente aeroportuale stagionale di lunga data all’aeroporto di Fiumicino, che ha voluto restare anonima.

Gli stagionali ‘rimasti indietro’ sono soprattutto quelli che, come Lara, hanno firmato gli ultimi contratti prima dello scoppio della pandemia, quindi a fine 2019, e che li hanno terminati in concomitanza con il primo lockdown: «Il mio ultimo contratto di lavoro è terminato a marzo 2020, durante la pandemia, e sono riuscita a superare i mesi successivi grazie alla Naspi, che però è terminata a luglio. Da allora non ho percepito altre entrate economiche», ha aggiunto.

I primi decreti Covid infatti, dal ‘Cura Italia’ e il ‘Rilancio’, fino al ‘Decreto Agosto’, (in totale 2.800 euro) limitano i beneficiari delle indennità ai lavoratori stagionali (diversi dal turismo) che hanno perso il lavoro involontariamente fra il primo gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020, come nel caso del primo decreto, o al massimo fino a metà marzo 2020, come nel caso del decreto Agosto.
Questo significa in poche parole che i lavoratori che hanno terminato il loro contratto di poco più tardi, sono stati tagliati fuori dall’accesso ai bonus.

Gli ultimi decreti invece, il ‘Decreto Ristori’ e il ‘Ristori quater’ (altri 2 mila euro in totale), prevedono che possano accedere ai bonus anche i dipendenti che hanno perso il lavoro tra il 1 gennaio 2019 e l’entrata in vigore del rispettivo decreto (quindi rispettivamente ottobre e novembre). Tuttavia, se da una parte questa estensione del periodo di inclusione permetterebbe a più stagionali di godere dei bonus, dall’altra molti dipendenti stagionali rimangono lo stesso non inclusi tra i destinatari per via di questioni legate alla tipologia del loro ultimo contratto, che in alcuni casi non risulta ‘stagionale’ ma ‘determinato’, sebbene nella pratica siano poi la stessa cosa. Quindi per mere ragioni ‘burocratiche’.

Come spiega ancora Lara a Epoch Times infatti, «noi lavoratori aeroportuali siamo lavoratori ‘stagionali’ in senso lato, ossia copriamo con il nostro lavoro determinati periodi in cui c’è un incremento delle necessità operative. Questo incremento copre sostanzialmente tutto l’anno, per cui spesso i datori di lavoro alternano i contratti di lavoro con causale stagionale (che possono essere fatti solo in alcuni periodi dell’anno) a contratti di lavoro con causale a tempo determinato. Non c’è alcuna differenza se non quella che il contratto a tempo determinato cumula anzianità per la futura assunzione, il contratto stagionale invece non cumula anzianità. Naturalmente i datori di lavoro tendono ad assumere più che possono con contratti stagionali, per evitare di essere poi obbligati ad assumere a tempo indeterminato, ma questi ultimi sono limitati, per cui a volte sono costretti a ricorrere ai contratti a tempo determinato».

Per tali ragioni in questi giorni, fa sapere Lara, si sta organizzando una manifestazione per porre il problema all’attenzione delle istituzioni, dato che finora è stato fatto poco e niente:
«I sindacati hanno solo richiesto un incontro con l’Inps che se ne è lavata le mani, ed uno al Ministero del Lavoro, in particolare alla ministra Catalfo, ma non c’è stato alcun riscontro. Ci sentiamo abbandonati dai sindacati, che dovrebbero tutelarci, ma soprattutto ci sentiamo abbandonati dal governo. Come possiamo fare noi a pagare i mutui, a far crescere i nostri figli, a pagare le bollette, a mangiare o a fare tutto quello che fa un essere umano normale se non abbiamo la speranza di essere richiamati a lavorare prima di un anno o due?».

Il settore aeroportuale è tra i più colpiti dalla crisi dovuta al Covid, e alcune organizzazioni come l’Aci Europe prevedono che si ritornerà ai livelli di traffico dell’era pre-Covid solo nel 2024-25.

 
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