Secondo un esperto di diplomazia, il dispiacere della Francia per il patto trilaterale Aukus, non riguarda la cancellazione del progetto sottomarino da 90 miliardi di dollari.
L’accordo Aukus rappresenta un significativo passo avanti nel contrastare Pechino, che potrebbe interrompere gli sforzi francesi ed europei per mantenere la loro «autonomia strategica» nei confronti del regime comunista cinese.
Il 20 settembre Joseph Siracusa, professore esperto di diplomazia internazionale alla Curtin University, ha spiegato a Sky News Australia: «I francesi sono molto arrabbiati, non solo per i sottomarini. Hanno cercato di evitare di scegliere tra Washington e Pechino. Vogliono la propria ‘autonomia strategica’».
«L’Europa pensava di poter fare l’onesto mediatore tra Washington e Pechino, per poi svegliarsi una mattina e scoprire che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Australia hanno stretto un accordo sul nucleare e, naturalmente, questo sta costringendo l’Europa a prendere decisioni che non vuole prendere».
Joseph Siracusa ha osservato che la perdita del programma Future Submarine da 90 miliardi di dollari da parte di un appaltatore francese, Naval Group, è stata semplicemente una «goccia nel mare» per un Paese come la Francia e non la vera fonte della sua rabbia.
L’Australia aveva ingaggiato il gruppo navale francese per modificare e riadattare il suo sottomarino nucleare di classe Barracuda su un modello diesel-elettrico. Tuttavia, il programma è stato perseguitato da costanti ritardi e picchi di costi che hanno visto l’espansione dei tempi di consegna: «Penso che fosse l’unica opzione (per l’Australia) perché i francesi non avrebbero infastidito o irritato inutilmente Pechino. Volevano relazioni commerciali, economiche e di investimento».
I leader europei, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, hanno seguito una politica di «autonomia strategica» negli ultimi anni, preferendo concentrarsi sui propri interessi di politica estera e sulle minacce regionali.
Di conseguenza, l’Unione Europea (Ue) ha inviato «segnali contrastanti» sui suoi rapporti con Pechino, con un rapporto di August Rabobank, che dichiara: «L’Ue non sta ancora affatto tagliando fuori la Cina, e non sta nemmeno dimostrando di avere unificato una strategia coerente nei confronti di Pechino».
La Cina è il principale partner commerciale dell’Ue e nel dicembre 2020 ha concluso, in linea di principio, l’accordo globale sugli investimenti, che sarebbe stato un accordo commerciale ambizioso tra i due blocchi, e che è stato fortemente contrastato dagli Stati Uniti.
Tuttavia, la ratifica dell’accordo ha riscontrato difficoltà negli ultimi mesi poiché la posizione dell’Ue nei confronti della Cina è gradualmente cambiata, con il blocco che si è unito a Stati Uniti, Regno Unito e Canada nell’imporre sanzioni a quattro funzionari cinesi legati al genocidio uiguro, oltre a condannare il genocidio e gli attacchi informatici di Pechino.
Al contrario, le nazioni della regione indo-pacifica – tra cui Australia, Taiwan e Giappone – di fronte a una tipologia di minacce da parte della Cina che sono molto diverse da quelle che affrontano Usa, Europe e altri – hanno adottato una posizione più dura e più visibile contro la crescente aggressività di Pechino.
Siracusa fa notare che l’unico vero deterrente efficace per la marina cinese era l’attacco ai sottomarini. «Ora, l’Australia avrà la capacità di affondare la marina cinese in 72 ore; ecco di cosa si tratta. I cinesi sanno di essere stati superati e sono molto arrabbiati. Quindi, in un brevissimo periodo di tempo, l’Australia è passata da uno zerbino a qualcosa di molto considerevole: è uno sviluppo straordinario».
La mossa renderebbe l’Australia uno dei pochi Paesi al mondo – al di fuori di Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Russia, Francia, India – ad operare con sottomarini a propulsione nucleare, nonostante sia una potenza non nucleare.
Un alto funzionario della Casa Bianca ha sottolineato che la condivisione della tecnologia di propulsione nucleare degli Stati Uniti e l’impegno con un’altra nazione a questo livello sono «rari»: «L’abbiamo già fatto solo una volta, come ho indicato. È stato quasi 70 anni fa con la Gran Bretagna», ha detto il funzionario ai giornalisti il 16 settembre, in riferimento alla mossa del 1958 di condividere la tecnologia con il Regno Unito. «Questa tecnologia è estremamente sensibile. Questa è, francamente, un’eccezione alla nostra politica sotto molti aspetti. Non prevedo che ciò verrà intrapreso in altre circostanze in futuro. Lo consideriamo una tantum».
Articolo in inglese: AUKUS Forcing France, Europe to Stop Fence-Sitting on Beijing: Diplomacy Expert